I bisnonni di Dylan Dog, cent’anni d’indagine nell’occulto (terza parte)
Più ci si avventura tra i rami dell’albero genealogico di Dylan Dog, più è evidente quanto siano abitati come le fronde di un pino gremito di stormi. A ogni biforcazione appaiono predecessori con gradi diversi di similitudine, tutti attivi in un comune ambito d’indagine, a volte trasmigrando persino dalla pagina scritta al fumetto.
Abbiamo già visto in che misura il rinnovato interesse per l’esoterismo di fine ‘800 abbia influenzato l’opera di Stoker, Machen e Blackwood. Tra narrativa gotica e scienze occulte é intercorso un rapporto stretto di affinità, stimoli e simboli ben rappresentato da personaggi alla John Silence, col suo alone di misticismo e il ricorso a una sapienza dalle radici antiche. Molto diverso è il “moderno” approccio al sovrannaturale mostrato da Thomas Carnacki, il ghost finder immaginario creato da William Hope Hodgson.
Ormai il ‘900 ha iniziato da un decennio il suo percorso di mutamenti sociali e anche la percezione del mistero sta cedendo il passo a uno spirito nuovo, spesso scettico e deterministico, ma ancora interessato a scandagliare l’ignoto utilizzando gli strumenti della ragione e (perché no?) della tecnologia.Questo atteggiamento pragmatico, intravisto anche nelle avventure del precedente Flaxman Low, potrebbe riflettere in qualche modo le avventurose esperienze marinare di Hogdson, imbarcatosi a 14 anni come mozzo diventando sottufficiale 8 anni dopo, in una breve, intensa parabola, interrotta nel Lancashire per seguire una carriera atletica. Il fascino del mare visto come territorio sconosciuto, scenario ricco di insidie e presenze nascoste, oltre a lasciare un segno nello splendido romanzo Naufragio sull’abisso e in numerosi racconti, si trasla nelle manifestazioni di un mondo “altro” che irrompe nella realtà di Carnacki col proprio carico di interrogativi.
Sulle riviste The Idler e su The New Magazine vengono pubblicate le prime sei storie dell’investigatore tra il 1910 e il 1913, prima di venire riproposte nel ’48 con l’aggiunta di altri tre racconti in un un’antologia curata da August Derleth per la Arkham House. La formula narrativa è quella, abbastanza peculiare, dell’aneddoto, raccontato dal protagonista a un gruppo di amici riuniti nella sua casa di Chelsea. L’alter-ego dello stesso autore, Dogdson, insieme a Jessop, Arkwright and Taylor, funge da spettatore privilegiato, riportando con un punto di vista esterno la cronaca che di volta in volta il loro ospite farà delle sue avventure, cronaca spesso arricchita – ed è un’altra novità – di sfumature ironiche.
Nella completezza del resoconto il lettore viene messo a parte del minuzioso processo d’indagine, volto non solo a risolvere gli effetti del caso paranormale con cui il detective si confronta, ma anche a sincerare la genuinità dell’evento stesso, non di rado contraffatto da abili macchinazioni o da messe in scena a fini criminosi. I metodi di Carnacki sono basati sull’osservazione e sull’uso di apparati provenienti in pari misura dal mondo tecnico e quello esoterico. Troviamo quindi a convivere formule magiche e rituali di potere insieme a più terrene macchine fotografiche e raggi X, inoltre i due ambiti si contaminano in bizzarre combinazioni come il “pentacolo elettrico” o la “barriera cromatica”. Sistemi inefficaci se rivolti a minacce di natura fasulla come ne La casa tra i larici o in La cosa invisibile, ma più calzanti in racconti di orrore puro come ne La stanza che fischiava e la sua infestazione, oppure nel terribile simbolo di male assoluto raccontato ne Il maiale, uno dei picchi maggiori raggiunto da queste storie.
L’investigatore di Chelsea vive un arco breve di soli nove racconti, ma la sua esistenza è destinata a permanere su questa terra, non diversamente dai tanti fantasmi combattuti. Gli scrittori A. F. Kidd e Rick Kennett ripropongono una nuova serie di avventure di Carnacki nella raccolta del ’92 No.472 Cheyne Walk: Carnacki, the Untold Stories. Non mancano altri ritorni, come l’apparizione in una novelization del Doctor Who, ad opera di Andrew Cartmel oppure nelle storie dedicate al Diogenes Club di Kim Newman.
Sorvolando su ulteriori adattamenti televisivi e pieces teatrali, vale la pena ricordare infine la sua partecipazione alla Lega dei Gentiluomini straordinari, il fumetto di Alan Moore e Kevin ‘O Neill, in cui il nostro detective fronteggia la minaccia (anch’essa di origine letteraria) dell’esoterista Oliver Haddo, direttamente catapultato dal libro Il Mago di Somerset Maugham. Prima di morire nel 1959 in seguito a un’epidemia di influenza asiatica, l’inglese Sax Rohmer aveva fondato paradossalmente la propria fortuna con il mondo orientale. Proveniente dalle fila della Golden Dawn e forse anche dalla Società Rosicruciana, Rohmer è una figura di spicco nella letteratura popolare, abile utilizzatore delle paure più profonde dell’occidente colonialista che mescola al gusto dell’esotico in trame gialle (e non potrebbe essere altrimenti), venate di un evidente fondo razzista. La sua creatura più famosa, infatti, è l’incarnazione del “pericolo giallo” per eccellenza, il supercriminale Fu Manchu reso celebre anche dal cinema e dal fumetto.
Alla riuscita del suo villain asiatico apparso la prima volta su The storyteller nel 1912, contrapporrà sulle pagine del New Magazine un’altra creazione letteraria, che a buon diritto rientra tra le ascendenze del nostro Dylan Dog. Stiamo parlando dell’eccentrico investigatore rappresentato da Moris Klaw, noto anche come Dream detective. Già la base logistica delle avventure di Klaw è anomala, un negozio di curiosità nell’East End di Londra, così come lo è la sua figura dall’etnia incerta, ma sicuramente asiatica, caratterizzata da una barbetta lunga e luciferina, una testa pressoché pelata che sormonta un corpo alto e robusto. Tocco finale di questo signore dalla pelle giallastra, accompagnato dalla bella figlia Isis, è un abbigliamento che comprende soprabiti neri, pince-nez e un cappello a doppio fondo in cui conserva uno spray alla verbena con cui rinfrescarsi la fronte.
Tutto ciò sembra indicare che la singolarità del personaggio sia la principale portata delle storie di Rohmer, raccolte in volume nel 1920 in Inghilterra e nel 1925 in America. In effetti, la presenza di elementi sovrannaturali nelle sue avventure ha una valenza accessoria, limitandosi a ingegnosi trucchi o a elementi depistanti legati a casi spesso collegati a reperti di origine egizia o greca. Non per nulla, il ruolo di collaboratore e biografo di Klaw è dato dal compito Mr. Searles, responsabile del Menzies Museum, incontrato nel corso dell’indagine raccontata ne The case of the tragedies of the greek room.
Suggestione e meccanismi polizieschi, dunque sono gli elementi fondanti delle avventure di Moris Klaw, accompagnato da un alone di mistero più scenografico che reale, si pensi ad esempio al pappagallo del suo negozio che esclama ad ogni passaggio di visitatore “Moris Klaw! Il Diavolo è venuto per te!”. Quel che però sterza le sue storie in una dimensione più squisitamente fantastica, è il suo metodo operativo: laddove un detective si sforza di tenere gli occhi bene aperti, Klaw, al contrario li chiude. L’investigatore del sogno ricorre a una tecnica onirica che gli permette di ricevere immagini mentali dell’avvenuto misfatto dormendo nella scena del crimine su di un cuscino impregnato di “energia odica”, la misteriosa forza postulata dalle tesi del chimico Ludwig Von Reichenbach.
Queste “fotografie psichiche” lo trasportano in una dimensione altra, in cui l’ignoto e le dinamiche razionali del giallo si incontrano. Si può concludere allora con una considerazione strappata a Calderon de la Barca. Se la vita è sogno, l’investigazione e i suoi delitti sono incubo. Meglio dormirci sopra.