“Seduzioni e adescamenti” all’Expo
Pare che all’Expo abbiano rielaborato i significati della seduzione. Niente più beatitudini dell’abbandono, niente più compromessi e scaramucce con le manie dei sensi. Neutralizzata pure l’ambiguità, sono stati fatti fuori anche i sette tipi descritti da William Empson. Via le allusioni, non si sa mai, potrebbero ricondurre ai fatti, e non di certo quelli chiesti a gran voce dai Tempi difficili di Dickens. In fondo, qui di fatti si tratta, ma fanno tutti finta di non saperlo.
Giuseppe Sala, commissario unico di Expo, a proposito degli scandali intorno ai lavori di preparazione, ha dichiarato che “Una cupola di pensionati della Prima Repubblica ha preso l’anello debole della catena e lo ha circuito”. Poi, ha precisato che mai nessuno ha tentato di corromperlo, che ci sono le cupole ma c’è pure tanta gente perbene, senza nemmeno resistere al “rimorso” di aver venduto, in vista del grande evento atteso da anni, 3 milioni di biglietti e che ormai non si può tornare indietro. Se Flaubert fosse ancora in vita, si catapulterebbe a riscrivere Madame Bovary in versione finanziaria. Qui sembra che si siano verificati i gradi ennesimi dell’adescamento. La geriatria finirà sotto i nuovi colpi delle psicoanalisi d’avanguardia. Grandi seduzioni, sotto il segno delle nuove “innocenti” generazioni protagoniste di resistenze ad alto grado di intimità.
Quelli della “Prima Repubblica”. Un’espressione – farà ancora sorridere molti esperti di diritto costituzionale – che torna sempre comoda quando la seconda, la terza, la quarta o non so in quale ci troviamo, non sanno più come correre ai ripari. Si riscoprono tutti giovani e appena svezzati questi dinosauri in fasce appena usciti dai cortili dell’azione cattolica e dai centri sociali tenuti d’occhio dalle case del popolo. Quando Bettino Craxi spiegò in parlamento come funzionava la politica (come ancora funziona), quando rivelò i calibri degli ingranaggi intorno alla macchina dei partiti, l’Italia, l’Europa, il mondo, sgranarono gli occhi come di fronte a una confessione che nemmeno ai tempi della Roma repubblicana avrebbe reso merito ai clamori del più impavido dei senatori. Le parole di Craxi furono il manifesto orale di una rivoluzione politica. Quel discorso sigillò con la ceralacca una lettera spedita a milioni di persone. Qualcosa era finito, o qualcosa era appena cominciato.
Oggi, invece, le ammissioni più imbarazzate e imbarazzanti sembrano non sortire nessun tipo di reazione impressionata. Forse se queste vicende si fossero verificate in un altro momento, forse se altri impianti politici avessero dovuto affrontare lo scandalo Expo, quello del Mose, et cetera et cetera, l’opinione pubblica sarebbe stata indotta ad altre reazioni, e con essa, prima di essa, gli esecutori di un’altra rivoluzione. Intanto, il ministro del lavoro ha dichiarato che chi delude le attese di onestà dei cittadini – in pratica chi ruba – non deve essere più candidabile. I codici penali e quelli di procedura stanno ancora tremando. Una commissione internazionale ad hoc è stata istituita per discutere di un’emergenza di diritto senza precedenti. Le parole del ministro hanno messo a “dura prova” i trattati per la salvaguardia dei diritti umani. Lungi da giustizialisti fraintendimenti da parte di ogni sentimento votato (forse sono pochi, purtroppo) a sforzi quotidiani di onestà, ma almeno sperare, suggerire – Pasolini chiese a chiare lettere un processo penale per una classe politica a mo’ di fonte civile di un cambiamento reale – un modello di salvaguardia giuridica che vada ben oltre i soliti proclami artificiosi e buonisti, retorici e irritanti, dediti a un dirottamento dei provvedimenti più legittimi. Suggerirlo, almeno.
“Non bisogna più candidarli”, tutto qui. Quali avvisaglie di “violente ritorsioni”. Nemmeno un coniglio avrebbe paura. Intanto, tornando al principio, questa “Prima Repubblica” fa comodo spesso, come la più sfacciata delle scuse pronte. C’è sempre di mezzo la Prima Repubblica quando qualcosa non va, perché poi, gli addetti alle successive sono stati allevati da una classe politica parallela, non da quella. Come se gli attuali capitalisti radical chic (anche quelli non radical chic), gli artisti dell’intrallazzo, i predicatori dalla citazione facile, gli amici delle mafie, gli appassionati del fascismo, i nostalgici del fascismo, i “poltronizzati”, i discepoli di politici di destra, di centro e di sinistra (guarda un po’ della Prima Repubblica) santificati con modalità ancora più rapide di quelle riservate a certi papi, fossero cresciuti su un pianeta di riserva.
A proposito di santi, potere e seduzioni, Tolstoj ha scritto che “I vantaggi del potere e di tutto ciò ch’esso procura, i vantaggi del lusso, degli onori, sono il fine dell’attività umana finché non si raggiungono; ma appena vi è pervenuto, l’uomo si accorge della loro vanità. Questi vantaggi perdono poco a poco la loro seduzione, come le nuvole che non hanno forma e splendore se non vengono viste da lontano”. Quasi tutti se ne accorgono solo quando piove.