Palestina e Israele, il Medio Oriente del “Non veduto”

Perché credere in dio se c’è il diavolo a portata di mano? Del Medio Oriente parlano quasi tutti, e quasi tutti senza esserci mai stati. Qui si eviterà di parlarne. Perché? Perché a conti fatti resta tutto nelle mani del “Non veduto”, che per Isaac Singer, scrittore ebreo, guarda caso, era il mittente della corrispondenza col demone di turno, forse Il Demone, “Il non veduto”, per Claudio Magris “la prima persona dello scrittore” che presta la sua voce al demone dell’occasione, o al demone, “Il non veduto”. Il demone, che nella scrittura di Singer soffia la narrazione per bocca del suo Jiddish, la lingua affiancatasi all’ebraico ufficiale, e destinata a fare da contraltare, talvolta scomodo, ambiguo, “demoniaco”, alla verità assoluta delle Legge.

Nella Legge ebraica pure Kafka vi è annegato fino all’ultimo schizzo d’inchiostro caduto sopra il foglio, anche Gesù di Nazareth perì per mano dei sacerdoti, laddove la Legge restò interdetta persino a dio in persona. Ma “laggiù”, presso le origini della civiltà, nessuna esplorazione potrebbe consegnare il ben che minimo genere di rivelazione. La vita e la morte convivono nella stessa ombra. La storia da quelle parti sembra essersi consegnata. S’era promesso di non parlarne. Le notizie che giungono da “laggiù” agiscono sull’induzione e confermano che quando la storia viene fatta a pezzi è perché deve essere raccontata a pezzi, a dispetto di due realtà che forse nascondono l’anima delle loro frontiere, i loro desideri di progresso e le loro seti di potere. Si può dare una nazione a chi è in ogni nazione? Chi è in ogni nazione vuole una nazione? Quante etnie vivono allo stesso modo? Le guerre più pericolose e durature hanno sempre coinciso con le versioni finanziarie di diaspore indotte, talvolta di comodo, contro gli integralismi visionari che se siano di una fede o di un’altra agli approfittatori di turno non ha mai importato. In mezzo, il coinvolgimento diretti degli innocenti.

Eppure, come sarebbe possibile parlarne? Davanti agli occhi la volgarità degli interventi militari e politici del dopoguerra, il fondo bancario dell’ebraismo inviso a molte economie, il potere, il vero potere. Israele è la civiltà del “Non veduto”, che ha in sé la dannazione del doppio, l’attesa di un messia cacciato dentro l’oblio di una miscredenza avvolta dentro il panno levitico, nell’eterna pena che ha destinato un popolo “eletto” a cucirsi addosso gli abiti sacerdotali di una misantropia universale, imperitura, al di sopra persino dei cicli divini, eppure, irrimediabilmente, in ogni cosa.

Hanno fallito le retoriche della memoria, tutte, una per una, per la sola presunzione storica di aver “eletto” a principato dei dolori epocali la Shoah, mentre la storia stessa si affrettava a mettere zizzania tra le quinte di un teatro di orrori dove le parti sarebbero state riassegnate. I capricci strategici delle prime donne in mezzo ai lamenti delle miserie. Tutto o quasi ci sfugge, nel sacro privilegio di non essere capitati da quelle parti, ma con l’ingenua dimenticanza che dove passiamo con la serenità in tasca la terra ha comunque subito le stesse sollecitazioni. La terra è saggia, è una madre sorridente che assorbe in fretta le ferite e nasconde i suoi dolori, facendosi passare addosso tutto, fortune e infelicità.

Non possiamo parlarne, non è possibile. Non siamo i poeti reduci dal fronte, condannati a bearci delle illusioni dei nostri dei, senza poterne parlare, di un popolo che muore sotto un altro popolo salvo per miracolo dall’estinzione. Nemmeno una frazione di umanità ha imparato a rendere grazie alla salvezza da un tentativo di estinzione. Invidia, ammirazione, per chi resta in silenzio a fare i conti col “non è possibile”. Non se ne può parlare, è “Il non veduto” il demone che in silenzio vive la condanna di aggirarsi tra noi fino alla fine, semmai verrà.

Nell’Idiota di Dostoevskij i visitatori del principe Myskin s’interrogano se l’istinto della conservazione sia la legge normale dell’umanità. A un certo punto uno di loro osserva: “Chi ve lo ha detto? È una legge, questo è vero, ma altrettanto normale quanto quella della distruzione e forse pure dell’autodistruzione. Sì, autoconservazione e autodistruzione sono egualmente forti. Il diavolo avrà il dominio dell’umanità fino alla fine dei tempi. Ridete? Non credete al diavolo? La negazione del diavolo è un’idea frivola. Lo conoscete? Sapete chi è? Di lui deridete l’aspetto esteriore, il piede forcuto, la coda e le corna che voi stessi avete inventato, giacchè lo spirito impuro è grande e terribile, anche senza il piede forcuto, la coda e le corna che gli avete attribuito.” Non si può parlare del “Non veduto” se nessuno lo ha visto. “Laggiù” “Il non veduto” resta in silenzio, sapendo che gli ospiti del principe Myskin gli hanno dato ragione riconoscendolo senza averlo mai visto.

A quali miserevoli brutalità ci siamo accodati! Ormai nemmeno più la mitologia religiosa riesce a surrogare le più vane forme di recupero. Abbiamo gli dèi in bocca senza accorgerci che altre fauci ci hanno divorato. Se la natività venuta al mondo da una madre rimasta vergine è stata paragonata alle favole di Auge e di Antiope, fa lo stesso effetto anche l’idea di una specie scagliata contro se stessa. “L’autodistruzione”, è vero, resta l’assurdo da sempre più praticato.

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