La naturalezza dei delitti umani
Alla natura non abbiamo saputo dare altro significato che quello di un meccanismo perfetto di cinismo e di spietatezza. Agli occhi dell’uomo non compare che l’agguato della belva, la fuga della preda, la regola spartana dell’uccellino caduto dal nido, o l’abbandono in segreto del piccolo nato storpio. Non abbiamo saputo fare altro che adeguare questo sistema di vite allo scarto necessario della morte. La fine dell’uomo si realizza col suo proposito di modellarsi in un luogo di perfezione dove la conoscenza dei canoni resta allo studio e alla custodia di pochi.
Dopo qualche millennio di storia, le balene continuano a spostarsi coi balenotteri in formazione, le orche a risparmiare e a ricondurre a largo le foche sopravvissute al massacro per la nutrizione, che mai avviene per oltrepassare la sazietà. I predatori iniziano la caccia solo quando la fame si fa sentire, così come ogni forma di vita risponde con prodigiosa innocenza, pure in quelle che appaiono come circostanze delittuose, a quelle che il sistema intellettivo dell’uomo definisce le regole per la sopravvivenza.
Nella sua infinita presunzione l’uomo ha preteso di imporre ad altri uomini l’ipotetica esistenza di un dio, di un’entità superiore regolatrice ed eterna, ignorando completamente l’habitat naturale in cui è nato e ha generato altri uomini. Dà del dio a chi crede sia come il suo dio e gerarchizza con grande crudeltà ogni specie di vita che non sia la sua. Dopo aver ultimato la colonizzazione della natura, l’uomo passa al dominio di altri uomini. In ogni altro luogo della natura dove vi sia la sua assenza assoluta questo non si verifica, se non per ossequio ignaro e incondizionato a un ordine definito gerarchia solo dall’uomo stesso, a causa del suo senso morale profondamente corrotto.
In natura non esiste forma di violazione che non sia la necessità. L’unica tragedia della natura è l’involontario. Nessuno può spiegare il mistero dell’involontario. Se Emil Cioran e William James hanno intravisto dell’eccesso nella natura, Francis Bacon ha detto che l’unico comando alla natura è la necessità di obbedirle. Gli animali nascono con questo senso della comprensione inconsapevole. Senza saperlo sono dei geniali obbedienti. C’è più genio nel mondo animale che in tutta la storia dell’uomo. Eppure, gli animali non hanno la storia. Di tutto quello che di meraviglioso l’uomo può ammirare in natura, egli non ha alcun merito. L’unico merito del genere umano è stato quello di aver trovato il modo per vivere da specie imperante laddove a niente è consentito di ergersi al di sopra di qualcosa. Invece l’uomo vive senza preoccupazione alcuna rispetto alla considerazione che la natura potrebbe avere della sua presenza. E forse non s’inganna, e se di inganno si tratta, è un inganno che gli serve a vivere serenamente.
Nel Dialogo della Natura e di un islandese di Leopardi, la Natura dice: “Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, sempre ebbi ed ho l’intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o all’infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me ne avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei”. Del resto anche in Umano, troppo umano, Nietzsche scrive che “Ci troviamo così bene nella libera natura, perché essa non ha alcuna opinione su di noi”.
Adesso, sui numerosi casi di delitti che si apprendono dalle televisioni e dai giornali, sui grandi crimini, persino sulle stragi e sulle violazioni più atroci, quale ragione si vorrebbe trovare? L’essere umano non è un’occasione di sorprese, se non per la sua continua e miserevole ricerca di provarsi l’esistenza del suo dio. L’unico dio è la presenza dell’uomo, un alieno che non ha avuto neanche l’incomodo di dover sopravvivere alle selezioni naturali. Pare che nell’universo si parli molto male di lui.