Da una conversazione con Marianna Battipaglia sulla sua “Sensibilia”
Sensibilia è il titolo della personale di Marianna Battipaglia in mostra dal 18 al 20 marzo presso la sede dell’associazione Polis SA, a Nocera Superiore. I dipinti “verticali”, secondo la tecnica dell’olio su tela, rappresentano vergogna, disperazione, rabbia e passione espresse in una via crucis scandita da quattro stazioni principali, per altrettante realizzazioni. La mostra è allestita all’interno di un impianto audiovisivo, a cura di Giuseppe Volpicelli, e introdotta da due presentazioni di Tebaldo Fortunato e Filippo Astarita.
Marianna Battipaglia conserva un’idea solida del rigoroso artistico, senza fare mistero del fatto che la sua opera risponde a un processo di formazione e di elaborazione ispirato ai grandi riferimenti pittorici e figurativi, come Caravaggio e Degas.
“Per me Caravaggio è il pittore del movimento, di quella sacralità che fino al suo avvento era intesa come una raffigurazione statica, e che, invece, lui ha provveduto a rivoluzionare. Ma non mi mancano altri punti di riferimento, come Degas, per esempio. Quello che cerco sempre di far capire è che dietro le mie intenzioni c’è sempre il percorso. Non basta riprodurre un’immagine. Per me conta ancora di più il percorso che ti permette di riprodurla.”
Non sono soltanto i grandi pittori a fornire ispirazione a Marianna. Le nevrosi della sua stessa pittura si ripetono spesso secondo elementi ricorrenti, come quello della carne, per esempio.
“Mio padre, per il mestiere che fa, macella carne da una vita. In qualche modo è come se l’immagine della carne avesse invaso il mio osservatorio, condizionandolo. Quasi una forma di fascinazione.”
Marianna risolve con altrettanto rigore anche il conflitto tra la sua concezione artistica e quella che lei stessa definisce “di mercato”, con particolare rifermento a quella contemporanea.
“L’arte è ellittica, non circolare. Su un’orbita ellittica la durata, le soste, le accelerazioni, non si muovono su una traiettoria monotona. Ecco che prima o poi qualcosa del passato è destinato a tornare vivo nel presente. Oggi la produzione artistica è fortemente influenzata dalla smania di diffusione estrema, come fosse l’aspetto più indispensabile. Diffondere conta più della creazione. In questo, forse, influisce il mercato. L’artista tende a vendersi secondo i canoni di questo mercato, i dettami e le regole di una critica di mercato, non soltanto artistica. Allora, in questo caso, fare arte è come non farla.”
Forse le “stazioni” di Marianna Battipaglia traggono vantaggio da una regola che l’artista cerca di darsi come primaria nella sua creazione. Il rigore e lo studio del precedente come fari per il monitoraggio della propria ispirazione e l’allontanamento da ogni tentazione di vacuità. Come ha dipinto (e scritto) George Braque, “Amo la regola che corregge l’emozione”.