Festival di Cannes 2016: annunciato il programma
Si è conclusa la conferenza stampa convocata da Pierre Lescure, Presidente del Festival di Cannes, e da Thierry Frémaux, Delegato Generale, ma tutti i 49 titoli della succosa Selezione Ufficiale del 69° Festival di Cannes, sono stati annunciati: venti di essi si contenderanno la Palma d’oro, diciassette il premio Un Certain Regard, gli altri dodici sono divisi tra Sèances Spéciales (proiezioni speciali, dove spicca il trio d’eccezione formato da Rithy Panh, Albert Serra e Paul Vecchiali), Séances de Minuit (proiezioni di mezzanotte) e Hors Compétition, che raccoglie i titoli Fuori Concorso e che ha visto la conferma delle indiscrezioni che volevano la presenza de Il Grande Gigante Gentile di Steven Spielberg e di Jodie Foster con Money Monster. Ad essi va aggiunto Café Society di Woody Allen, che sarà il film d’apertura.
A differenza dello scorso anno, dove l’Italia calò i tre “assi” Matteo Garrone, Nanni Moretti e Paolo Sorrentino, quest’anno nessun titolo italiano è stato selezionato per il Concorso principale. In attesa dell’annuncio dei titoli della Quinzaine des réalisateurs, prevista per il 19 aprile e che dovrebbe contare la presenza de La Pazza Gioia di Paolo Virzì, per la sezione Un Certain Regard ci sarà Stefano Mordini con Pericle il Nero, tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Ferrandino ed interpretato da Riccardo Scamarcio.
Per quanto riguarda il Concorso, la selezione è, almeno sulla carta, variegata e raffinatissima. Se da un lato c’è ovviamente di che rallegrarsi, dall’altro lato spiace che non vi sia stato posto per qualche opera prima e la ricerca di una maggiore sperimentazione. È come se, più che negli altri anni, in questa edizione si fosse voluto affermare, utilizzando una metafora sanremese, che il Concorso è riservato ai “big” mentre Un Certain Regard alle Nuove Proposte. In questa sezione, infatti, ci sono ben sette opere prime (su diciassette titoli) e le altre sono quasi tutte opere seconde o terze, con poche eccezioni tra cui il grande Hirokazu Kore-eda (After the Storm), l’altro giapponese Kôji Fukada (Harmonium) e l’ucraino Kirill Serebrennikov (The Student). Interessante la doppia presenza di Jim Jarmusch, regista peraltro amatissimo da chi scrive, che porta sulla Croisette ben due titoli: Paterson (in Concorso) e Gimme Danger (Séances de Minuit), documentario su Iggy Pop, che sarà introdotto dallo stesso cantante-attore, grande amico del regista.
Per quanto concerne le altre opere in Concorso abbiamo Julieta, il nuovo film di Pedro Almodovar, regista in fase calante, tratto da un libro di Alice Munro, e poi tutta una serie di registi che, sebbene forse non sempre conosciuti dal pubblico italiano perché poco o nulla distribuiti, sono molto amati dalla critica, dagli addetti ai lavori e dal pubblico che frequenta i Festival. Si va dall’inglese Andrea Arnold, già vincitrice a Cannes del Premio della Giuria nel 2011 e ora in gara con American Honey, ai francesi (quattro quest’anno) Olivier Assayas (Personal Shopper), Bruno Dumont (Ma Loute), Nicole Garcia (Mal de pierres), e Alain Guiraudie (Rester Vertical), alla “coppia d’attacco” rumena formata dagli ottimi Cristian Mungiu, già Palma d’oro nel 2007 con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (Bacalaureat) e Cristi Puiu (Sieranevada), al trio americano che comprende, oltre a Jarmusch, il valoroso Sean Penn (The Last Face) e Jeff Nichols (Loving), reduce dall’opaca partecipazione al Festival di Berlino due mesi fa.
La lista è completata da altri veterani e presenze fisse come i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne (La Fille Inconnue), che a Cannes fanno ormai praticamente parte della tappezzeria e che si sono già aggiudicati ben due Palme d’oro, l’enfant prodige canadese Xavier Dolan (27 anni e già sei film all’attivo, in gara con Juste la fin du monde), l’inossidabile Ken Loach (I, Daniel Blake), il talentuoso coreano Park Chan-Wook (Agassi: l’ex-asso del tennis non c’entra, si parla di omosessualità femminile nell’era vittoriana), il filippino Brillante Mendoza (Ma’Rosa), l’olandese Paul Verhoeven (Elle), il danese Nicolas Winding Refn (The Neon Demon), vincitore della regia nel 2012 con Drive, i meno noti Maren Ade (Toni Erdmann), cineasta tedesca, e il brasiliano Kleber Mendonça Filho (Aquarius), entrambi al terzo lungometraggio.
Insomma, siamo di fronte ad una sorta di “usato sicuro”, come in fondo ha riconosciuto lo stesso Delegato Generale quando, prima di annunciare i titoli, ha esclamato: “Però non dite che sono sempre gli stessi nomi!”. Questioni di evidenza, Monsieur Frémaux.
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