Cannes 2016: incantati da “Paterson” di Jim Jarmusch

Mentre scriviamo sono passati dieci dei ventuno titoli che si contendono la Palma d’oro e, almeno sinora, dobbiamo purtroppo parlare di un Concorso che stenta a decollare. Come già detto nelle cronache precedenti, delusioni sono arrivate da autori importanti e molto attesi come Bruno Dumont, Park Chan-Wook, Andrea Arnold e Jeff Nichols (proprio oggi, per quanto riguarda quest’ultimo, è stato proiettato il pessimo Loving, storia di amore interrazziale negli Stati Uniti degli anni ’50-’60 che ha mostrato subito di avere il fiato corto trasformandosi ben presto in una sorta di fotoromanzo). Tuttavia, a risollevare magicamente le sorti del Festival oggi è sbarcato sulla Croisette anche il secondo dei tre film statunitensi in Concorso (nei prossimi giorni è attesa l’ultima fatica di Sean Penn), il magnifico Paterson di Jim Jarmusch, interpretato da Adam Driver, uno degli attori del momento (è stato il nuovo Darth Vader della saga di Star Wars), e dalla bellissima attrice iraniana Golshifteh Farahani, accolto freddamente alle proiezioni stampa, come in fondo è lecito aspettarsi di fronte ad opere così orgogliosamente anticonvenzionali.

Risultati immagini per foto paterson jarmuschSarebbe difficile e probabilmente superfluo raccontare di cosa parli il nuovo film del regista di opere capitali del cinema indie statunitense come Stranger Than Paradise, Dead Man, Ghost Dog e l’ultimo Only Lovers Left Alive, anch’esso in Concorso a Cannes nel 2013. È la storia di un autista di autobus, che si chiama Paterson, e porta così il nome della città in cui vive, Paterson appunto (il film è, tra le altre cose, anche un gioco esilarante sul tema del doppio), località del New Jersey, luogo che nel passato è stato territorio di un’intensa emigrazione per via di un grande sviluppo industriale, e che ha visto anche la presenza degli anarchici italiani Errico Malatesta e Gaetano Bresci, al quale è dedicato uno dei dialoghi del film. Il giovane Paterson è anche un poeta e la sua vita consiste nello svolgere sempre le stesse azioni con radicale spirito metodico: sveglia alle sei, orario di lavoro, scrittura di poesie durante la pausa pranzo, portare a spasso il cane, bere una birra nel bar vicino casa, ascoltare le idee della compagna Laura che, a differenza di lui, è sempre pronta a sperimentare e intraprendere cose nuove. Tutto qui l’intreccio di Paterson, ma il regista lo mette in scena alla sua maniera attraverso duetti di straordinaria ilarità, degni del teatro dell’assurdo, gli incontri di Paterson con personaggi più o meno stravaganti, le serate al bar, il confronto tra la sua placidità e il vulcanico entusiasmo della compagna Laura che lo invita più volte a fare qualcosa dei suoi bellissimi componimenti (che nella realtà appartengono al poeta contemporaneo Ron Padgett).

Immagine correlataAl di là della trama, che davvero poco importa, Paterson è un’opera preziosa e straordinaria, figlia di un romanticismo intellettuale ormai quasi irriproducibile, che trasuda di cinefilia, amore per la poesia e di una strana voglia di fermare il tempo, imbevuta di un anti-modernismo talmente estremo e radicale da suscitare più di un brivido di malinconia. Nel film, infatti, non si vedono computer, Ipad o smartphone (Paterson non ha il cellulare e trascrive le sue poesie su un quadernetto) e neppure televisori. È un film a colori ma nasconde al suo interno il viscerale amore dell’autore per il bianco e nero: bianchi e neri sono infatti quasi tutti gli oggetti di arredamento di Paterson e Laura, in bianco e nero è il film, L’isola delle anime perdute di Erle C. Kenton, che i due decidono di andare a vedere al cinema, così come le foto appese dietro il bancone del bar.

Alla conferenza stampa, a chi gli chiedeva cosa ne pensasse dei nuovi supporti con i quali si girano i film facendo a meno della pellicola, il regista ha risposto dicendo che “la cosa più importante non sta nel modo in cui si realizza un film, ma nel come lo si vede e nelle emozioni che esso riesce a regalare, le quali restano identiche al di là del supporto utilizzato”. Infine, rispondendo ad una nostra domanda sul motivo delle molte citazioni italiane contenute nel film (oltre a Gaetano Bresci, si vede una foto di Dante e si parla dell’utilizzo del sonetto da parte di Francesco Petrarca), Jim Jarmusch ha semplicemente risposto dicendo che “questi due uomini sono stati per me tra i massimi geni letterari che abbiano mai vissuto sulla Terra”. Parola di poeta.

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