Radiohead, “Idioteque”

Studia. Leggi. Chiudi gli occhi e ascolta. Dormi. Fai. Sotto o intorno dev’esserci il buio, a dimostrarsi continuamente come un ambiente ostile. E’ l’inzio della paura, il buio, che per natura e convenzione presenta l’ignoto a tutti i bambini del mondo. Crescendo accade che tale fenomeno prenda altre sembianze. Per molti si crea un accordo, un dialogo silenzioso. C’è gente che parla e ama in rapporto al buio. Che lo tratta come un animale, come un amico o un partner. Eserciti di adolescenti scelgono di perdersi con indulgenza, giocando con le fattezze del nero, lasciandosi dietro ogni altro colore. Solitamente questa fase diventa un buco da cui si riemerge con gli anni, quando la luce torna sopportabile e gli occhi sono più abituati al sole. Ma resta la consistenza, la personalità del buio, il solo tono capace di mantenersi intatto nel tempo, onnipresente, dietro la porta e intorno ai sentimenti più profondi. Scendere nel cuore delle persone o nei fondali di un mare, sporcarsi in mezzo ai sogni, accettare per tutte le cose l’esistenza dei punti di non ritorno, e dare senso alle ferite. Circoscrivere le luminosità. Dove nascono i battiti rivelatori di ogni vita c’è una macchia densa di inchiostro. Dove l’universo regna, agisce il manto.

«Tu da dove vieni?» «Vengo» «Ho fame» «Ascoltami mentre dormo, non ricordo quello che dico» «Mi sono innamorata» «Le donne anziane portano il lutto per cinque anni» «Persi la vista quando ero appena nato» «Papà» «Ti ricordi di me?»

 

Alfonso Tramontano Guerritore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!