Venezia 73, Denis Villeneuve e Wim Wenders: incontri diversamente ravvicinati
Continua a tamburo battente il 73° Concorso della Mostra del Cinema di Venezia. Dopo l’apertura con l’apprezzatissimo La La Land, del quale abbiamo già scritto, ieri è stata la volta del deludente The Lights Between Oceans, il quarto lungometraggio di finzione di Derek Cianfrance, cineasta che aveva fatto molto ben sperare con Blue Valentine, la sua opera seconda ma che, dopo aver realizzato il modesto Come un tuono, ha presentato al Lido un melodramma insulso e indigesto ambientato al termine della prima guerra mondiale e interpretato da Michael Fassbender e Alicia Vikander, attrice svedese ormai sulla cresta dell’onda, vincitrice quest’anno dell’Oscar come migliore attrice non protagonista per The Danish Girl (opera che era qui in Concorso lo scorso anno). Il film di Cianfrance racconta la storia di una coppia che vive isolata dal mondo (a causa del lavoro di lui, guardiano di un importante faro nei mari d’Inghilterra) ed è alla ricerca disperata, quanto vana, di una gravidanza. L’arrivo sulla spiaggia di una barca con dentro un neonato in lacrime ed un uomo morto costringe la coppia ad affrontare un grave dilemma morale. Con il contrappunto di una colonna sonora onnipresente e invasiva firmata da Alexandre Desplat che non concede né ai personaggi né allo spettatore alcun momento di introspezione, il film spara male tutte le sue cartucce per presentarsi come un vero e proprio polpettone in cui lo spettatore, anziché empatizzare con i personaggi, finisce per provare verso di loro una viva antipatia. Un film disastroso, come attesta anche il gelo caduto in sala al termine della proiezione riservata alla stampa.
Oggi è stata poi la volta di due registi molto attesi: Denis Villeneuve, per la prima volta alla Mostra, e Wim Wenders, che torna in Concorso dodici anni dopo la sua partecipazione con La Terra dell’Abbondanza. Per quanto diversissimi, i due film hanno in comune il fatto di mettere in scena degli “incontri ravvicinati” ma mentre nel caso di Villeneuve e del suo fantascientifico Arrival il riferimento al film di Steven Spielberg, come diremo più avanti, appare automatico e ineludibile, nel film di Wenders l’incontro ravvicinato è quello tra un uomo e una donna che dialogano nel giardino di una casa nei dintorni di Parigi dissertando di sesso e di altri svariati argomenti (comprese curiose digressioni botaniche), l’una raccontando i suoi primi incontri sessuali, l’altro rievocando un soggiorno ad Aranjuez, nei pressi di Madrid. Prodotto da Paulo Branco, tratto da una pièce dell’ex-sodale Peter Handke, Les Beaux Jours d’Aranjuez, girato ancora una volta in 3D, è un film assai ostico e inevitabilmente verboso che ha messo a dura prova la resistenza degli addetti ai lavori (molti dei quali hanno abbandonato la sala ben prima dei titoli di coda). Tuttavia, sebbene possa risultare nulla di più che un esercizio di stile, Les Beaux Jours d’Aranjuez è un film che non merita di essere liquidato sbrigativamente ed è tra l’altro riscattato da un bellissimo finale.
Arrival di Denis Villeneuve, opera affascinante e di ottimo livello, è invece la nuova sfida dell’eclettico e polivalente autore canadese, che dirige con la consueta bravura una sceneggiatura scritta da Eric Heisserer, autore dei rifacimenti di Nightmare e de La Cosa, che ha qui adattato un romanzo di Ted Chiang. Il film ruota attorno ad un’invasione aliena che coinvolge dodici luoghi del pianeta e che il Governo americano decide di fronteggiare affidandosi ad una squadra di esperti capitanata dalla celebre linguista Louise Banks (una bravissima Amy Adams) e da uno scienziato, interpretato da Jeremy Renner. Entrando dentro una delle navicelle spaziali, con scene che non possono non rinviare al finale di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, i due protagonisti riescono ad entrare in contatto con gli alieni (dei mostri eptapodi), a decifrarne il linguaggio e a comprendere che essi sono latori di un importante messaggio per l’umanità.
Infine, è doveroso ricordare che il programma odierno vede anche l’inizio della “Settimana Internazionale della Critica”, la sezione indipendente della Mostra curata dal SNCCI (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani) che si è aperta con la Proiezione Fuori Concorso del discreto horror Prevenge, diretto dalla britannica Alice Lowe. Il film è stato preceduto dalla proiezione del bel cortometraggio Pagliacci di Marco Bellocchio, realizzato dal regista durante i corsi di formazione di “Fare Cinema”, la Scuola di Formazione da lui fondata nel borgo natìo di Bobbio, in Val Trebbia.
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