Acquarelli per Dino Buzzati – “Buzzati e la città” e “La finestra”
Buzzati e la città
La città addormentata, a chi ne racconta i giorni dalle stanze di un grande giornale, deve apparire certo ben strana. La vita che intreccia le sue storie animando le vie lascia il posto a un geroglifico silenzioso, senza voci, dove gli agitati segnali del giorno si riposano immobili. Le auto ferme, le insegne spente, gli uffici deserti alle tre di notte. Tutto un arcano quotidiano che il susseguirsi dei secoli non ha cambiato e in esso echi di suoni lontani e odori spadroneggiano nell’oscurità, liberi dallo strapotere diurno delle immagini, del movimento, della parola. La città sogna. Le sue case sono bussolotti di vimini che mescolano i numeri delle possibilità. Nel chiuso delle quattro mura preparano le estrazioni della grande tombola che il giorno farà giocare riempiendo le strade come tante cartelle. Allora, ecco incastrarsi insieme le combinazioni più illogiche: fatti di sangue turbano il paese, un amore aristocratico ridipinge la cronaca rosa, nuove automobili accendono di desiderio gli italiani, oppure niente succede, ma invece tutto è cambiato e ce ne si accorgerà per scarti, delusioni, rimpianti.
Il cronista che assiste ogni giorno alle cose del mondo le registra e mette nero su bianco i loro contrasti. Fa danzare normalità e tragedia in una quadriglia di dita e metallo, per consegnare l’unicità dei singoli eventi alla ripetizione infinita delle rotative. Battendo i tasti della sua Olivetti il cronista decifra e cerca di ricomporne l’oceanica fiumana di vita, che gli appare sempre più frammentaria, sempre più enigmatica. La Luna gli fa compagnia per una consuetudine astronomica e romantica, illuminandolo nelle passeggiate solitarie dei ritorni a casa, innumerevoli e tutte uguali, con i piedi che al buio calpestano gli stessi posti, seguendo un tragitto consumato dall’abitudine, tanto comodo quanto soffocante. Ma il tempo dov’è che si nasconde? In apparenza non c’è, almeno non è visibile se non nella scia di quel che si lascia dietro. Il giorno si dipana a ritroso, diventando passato man mano che tende al futuro e dentro lo spazio che la notte ha dilatato, la mente scavalca la trappola delle ore indossando con disinvoltura la livrea del filosofo. Il signor Buzzati, non visto, osserva nel giardino I conigli sotto la Luna.
La finestra
Il giardino che è sotto la finestra è così piccolo che si tiene tutto nel palmo di una mano. Brulica di formine e paroline piccole-piccole perché, praticamente, è un disegno e dentro quel disegno c’è tutto il necessario per far vivere uomini e metafore. Sulla finestra invece c’è il signor Buzzati che guarda i conigli, assorto, tra “l’erba, quell’odore buono, la quieta Luna, la notte così immensa e bella che fa male dentro per incomprensibili ragioni”. E quando li guarda è un coniglio come loro, felice e palpitante, e vigile sotto l’incoscienza.
Nel giardino che è enorme e che sfuma dolcemente nel buio, tra le ombre profumate saltano le zampette bianche, libere e al tempo stesso trattenute. Hanno intorno confini ariosi, ma il limite che le frena non è geografico. In quella notte senza fine e piena di stupori c’è un’incognita nascosta che appanna ogni sguardo allegro. Tra il pitosforo squadrato che segue linee rette, oppure fra il caos dell’erba alta, la tagliola attende quelle zampe per scattare. Che sia oggi o domani non è dato conoscerlo.
“C’è e basta,” pensa il Buzzati con una penna tra i denti. Come il Colombre che fatalmente cerca il marinaio, il mare che beffa il condottiero, le stelle che sovrastano indifferenti conquiste e canzoni vittoriose, una tagliola senza senso giace nei cuori. I coniglietti trepidi, un po’ saltano, un po’ guardano spauriti nel vuoto. Non sanno nemmeno di saperlo da sempre. Nell’aria tersa del giardino immaginario fanno rimpiattino, al modo dei pensieri dello scrittore circondati dalle siepi delle sue sopracciglia.
“Come i conigli noi siamo sul prato, immobili con la stessa inquietudine che ci avvelena. Dov’è la tagliola?” Si domanda Buzzati. Anche le notti più felici passano senza consolarci. Aspettiamo, aspettiamo.
Materiali e riferimenti bibliografici:
I conigli sotto la Luna – racconto, ne La boutique del mistero, Mondadori, 1968
Il Colombre – racconto, ibidem. Prima pubblicazione 1966