Oscar 2017, le candidature: “La La Land” fa il pieno, “Fuocoammare” tra i migliori documentari
L’Oscar non ha nulla a che fare con i meriti artistici: quando è il tuo turno, vinci (Woody Allen).
Ogni anno, quando si parla delle nomination per l’Oscar, sembra di scrivere lo stesso articolo: c’è il film che fa il pieno, seguito a distanza più o meno lunga da altre opere che raccolgono un buon bottino, e in coda una serie di film che non sfigurano. Ci sono poi le grosse delusioni, i grandi film, quelli che sarebbero davvero “da Oscar” se questa espressione facesse ancora rima (come pure è stato talvolta in passato, vedi alla voce “anni ‘70”) con le qualità artistiche delle pellicole selezionate. Come sottolinea infatti la citazione alleniana riportata in esergo, è una questione di annate, di mode, del famoso essere nel posto giusto al momento giusto: basta mettersi in fila e prima o poi ti chiamano e ti chiedono di venire avanti. C’è però da dire che il film che ha fatto man bassa di nomine, La La Land, opus n°3 del trentenne Damien Chazelle che ha aperto l’ultima Mostra del Cinema di Venezia (dov’era in Concorso e si è aggiudicato la Coppa Volpi per la migliore attrice ad una fulgida Emma Stone) è veramente un gran bel prodotto: fresco, trascinante, una giusta miscela di malinconia ed entusiasmo che riporta in auge un genere in disuso come il musical, confrontandosi con onestà e la giusta dose di ambizione con mostri sacri come Gene Kelly e Busby Berkeley.
Quattordici le nomination ottenute dal film, numero che eguaglia ma non supera il record di Eva contro Eva di Joseph Leo Mankiewicz, e Titanic di James Cameron, che detiene anche il primato per gli Oscar vinti (undici), ex-aequo con Ben Hur di William Wyler e Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re di Peter Jackson. Fra esse, due per la stessa categoria, la migliore canzone, dove dovrebbe trionfare la struggente City of Stars, leitmotiv del film.
Strada in discesa e vittoria quasi certa, dunque, per La La Land nella categoria del Miglior Film, dove gli altri candidati sono l’ottimo film di fantascienza Arrival di Denis Villeneuve, Moonlight di Barry Jenkins (entrambi hanno ottenuto il rispettabile numero di otto candidature), i modestissimi Hell or High Water di David Mackenzie e Lion – la strada verso casa dell’esordiente Garth Davis, Barriere di Denzel Washington (candidato anche come attore protagonista), il poderoso La Battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson (nelle sale dal 2 febbraio), Il diritto di contare di Theodore Melfi e Manchester by the Sea di Kenneth Lonergan con Casey Affleck, favorito per la statuetta per il Miglior Attore insieme all’Andrew Garfield protagonista del film di Gibson. Tra i grandi esclusi, con una decisione che grida vendetta, non si può fare a meno di citare i magnifici Silence di Martin Scorsese e Sully di Clint Eastwood, del quale abbiamo parlato in precedenti numeri della Rubrica: (1) e (2) Allied di Robert Zemeckis, e Jackie di Pablo Larraín, troppo sofisticato e profondo per piacere all’Academy. Quest’ultimo però ha portato a casa la candidatura come Migliore Attrice per una indimenticabile Natalie Portman, nel ruolo della vedova di JFK, in quella che è una delle categorie più succose: la Portman se la vedrà infatti con Meryl Streep (Florence, ventesima candidatura per lei), Isabelle Huppert (il bellissimo Elle di Paul Verhoeven), Emma Stone (La La Land) e l’outsider Ruth Negga (Loving).
Molto intrigante anche la categoria del film di animazione che, oltre ai due Disney Zootropolis e Oceania, schiera tre titoli interessantissimi che danno spazio a produzioni che provano a contrastare lo strapotere della Casa del Topo: Kubo e la Spada Magica di Travis Knight (Laika), La Mia Vita da Zucchina (Rita Productions, Blue Spirit Animation, Gébéka Films), La Tartaruga Rossa di Michaël Dudok de Wit (una coproduzione internazionale che conta tra gli altri il prestigioso Studio Ghibli).
Grande soddisfazione, ovviamente, per l’Italia con la candidatura di Fuocoammare nella categoria del Miglior Documentario: dopo l’Orso d’oro a Berlino e l’EFA, continua la corsa del film di Gianfranco Rosi. Infine, nella categoria del Miglior Film Straniero, da segnalare la presenza di Tanna di Martin Butler e Bentley Dean, vincitore della Settimana Internazionale della Critica nel 2015 e primo film realizzato nelle isole Vanuatu, una sorta di “Romeo e Giulietta” ambientato nel Pacifico meridionale. Come dire: Cristo si è fermato a Eboli, Shakespeare invece arriva dappertutto.
Salvatore Marfella
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