The Doors, Ghost Song
La legge dell’ora di ritorno, nelle periferie dei regni del male, quando hai vent’anni o meno, non sei uno di strada, e mastichi il fumo come fosse una gomma, si chiama insicurezza. E richiama i fantasmi. Le apparizioni, molto dopo mezzanotte, sono figlie dei riflessi appannati da birra e boccate, hanno tante facce e un segno uguale. In un attimo tornano da dove sono venute, dopo un fiotto di sangue dalla pancia al cervello. Sono il fiato sul collo, escono dai nascondigli, controllano il portone del palazzo, usano la panchina di un parco abbandonato e sbirciano il buio da un muro in costruzione. Aspettano nei cantieri, con la rabbia di un’arma puntata o di un grido. Stanno nell’ombra, le
apparizioni, perché quello è il loro posto in questa storia, e fino ad allora non si fanno trovare. Hanno facce indistinte di malfattori, uomini appena meno neri del buio, ritagliate prima del sonno. Si fanno guardare, e puff, spariscono.«È solo immaginazione, devo mettermi a dormire» Invece il contorno prende consistenza di colpo. E diventa reale. C’è un ladro in casa, un assassino, un fantasma o un morto che mi aspetta. E mi ha sentito arrivare. La musica alta è come i colpi sulle pelli. Mette in fuga le anime nere. Ma a volte funziona al contrario e richiama gli spettri. Nella stradina silenziosa che porta ai garage sotto la pancia del piano terra, la musica esce dalla macchina. Dice alla gente dei palazzi intorno che è il momento. Dai balconi, dai vetri neanche una luce. I lampioni introducono un quarto di luna. Non è il momento di a pensare. Scendo dalla macchina e serro i denti, concentrato su tutto il mondo intorno. La canzone invade i corridoi sotterranei. Cerca qualcuno anche lei. Non c’è nessuno, è sicuro. Mi guardo le mani, tiro fuori la chiave e seguo i suoni per distrarmi. Un rumore nella testa mi fa saltare. C’è un gatto grigio fermo dietro di me, mi guarda da un angolo. Dev’essere un animale sacro. Resto a guardarlo cinque minuti o più. E’ tutto normale. Persino che la bestia cominci a parlare. Intorno a lei metto a fuoco con gli aloni dei fari una distesa di altri esseri. Falene a decine stanno immobili sui tubi dell’acqua. Topi scivolano sotto gli occhi e i piedi. Scarafaggi compongono un disegno di guerra e disposizione. Un geco trasparente sta immobile sul soffitto basso. Sembra una miniatura in mezzo alla notte, un pianeta che luccica senza senso e riflette i mondi nelle sue squame. Mi rivedo circondato nel suo dorso, in un regno universale.
Alfonso Tramontano Guerritore