Cannes 2017: braccio di ferro tra Almodovar e Will Smith su Netflix

Non vedo l’ora di sbattere il pugno sul tavolo per litigare con Pedro Almodovar”. Così aveva detto scherzando l’attore e regista afroamericano Will Smith.  Più che una minaccia, la sua è stata una sorta di premonizione. Alla conferenza stampa di apertura con la Giuria, infatti, è scoppiato il “caso-Netflix”. Quest’anno sono infatti in Concorso due film prodotti dalla nota piattaforma di prodotti digitali: il sudcoreano Okja di Bong Joon-ho e lo statunitense The Meyerowitz stories diretto da Noah Baumbach e interpretato da Adam Sandler e Dustin Hoffman. Dopo il passaggio festivaliero, questi due film non vedranno mai la sala e saranno visibili soltanto attraverso la fruizione televisiva del noto canale, da poco approdato anche in Italia.

Questa circostanza, oltre a far storcere il naso in Francia (Paese dove molto forte è l’attenzione verso distributori ed esercenti) al punto da provocare l’impegno del delegato Thierry Frémaux a non prendere in Concorso nel 2018 film non destinati alle sale, ha creato anche una forte divisione all’interno della Giuria dove il Presidente Pedro Almodovar ha dichiarato che non assegnerà mai la Palma d’oro ad un film non destinato alle sale. “Le piattaforme digitali sono un nuovo modo di offrire parole e immagini, il che contribuisce ad arricchire le persone. Ma queste piattaforme non dovrebbero andare a sostituire forme preesistenti come i cinema. Non dovrebbero cambiare l’offerta per lo spettatore. L’unica soluzione credo sia che le nuove piattaforme debbano aderire alle regole vigenti adottate e rispettate dagli altri network. Personalmente non credo che la Palma d’Oro debba essere assegnata a un film che non verrà visto sul grande schermo. Tutto ciò non significa che io non sia aperto o non celebri le nuove tecnologie e opportunità, ma finché sarò vivo lotterò per la capacità di ipnosi del grande schermo”.

Prendendo la parola a sua volta, Will Smith ha invece dichiarato che non dovrebbe esserci alcun pregiudizio nei confronti di Neflix, per la quale ha girato il poliziesco Bright. Ha spiegato infatti Smith:Io a casa ho una figlia di 16 anni, un figlio di 18 e uno di 24. Vanno al cinema due volte alla settimana e guardano Netflix. Il confine tra questi due modi di fruizione ormai sta diventando davvero sottile. A casa mia Netflix non ha avuto effetto sul loro amore per il grande schermo. Vanno in sala per essere travolti dalle immagini di alcuni film e stanno a casa per vedere altri prodotti. In casa mia Netflix ha portato solo benefici, perché permette ai miei figli di vedere cose che altrimenti non avrebbero visto. Ha ampliato la comprensione cinematografica globale dei miei ragazzi”.

È probabile che questa polemica, tra un po’ di anni, farà sorridere (o forse fa sorridere già) come quando c’è stato il passaggio dalla pellicola al digitale (sia nella realizzazione che nella visione dei film), passaggio sul quale si scatenarono confronti tra posizioni confliggenti, che la realtà dei fatti ha presto messo a tacere. Certo, bisogna sempre arrendersi alla realtà, al “nuovo che avanza” in un’èra di cambi e stravolgimenti continui anche se, al contempo, è forse giusto che il Festival più prestigioso e seguito dal mondo, nella nazione europea che investe maggiormente nel cinema, faccia partire un estremo quanto tardivo tentativo di resistenza. Almeno per rispettare quello che altro non è se non un giuoco delle parti. Il futuro arriva inarrestabile, e non può essere fermato. Anzi, mentre scriviamo, è già troppo tardi.

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