L’insegnamento e i funesti demiurghi del passato

Cosa è un docente, perché fa un mestiere, quale il suo orizzonte, il cerchio che deve misurare, in ultima istanza la sua funzione?

Come il mondo nel suo complesso anche la figura dell’insegnante è stata costretta a subire uno slittamento procedurale e metodologico che ha creato una figura quasi completamente nuova, almeno nelle intenzioni e nella progettualità. La “complessificazione” della realtà richiede oggi risposte nuove che vadano oltre la ripetizione a-riflessiva delle antiche tecniche della trasmissione delle conoscenze. Il vecchio maestro chiuso nella sua logica di autorità suprema che iniettava nelle vene esanimi il sangue della “sua”conoscenza è ormai tramontato insieme al suo mondo e al suo allievo. Febbricitante e mostruoso un nuovo mondo è sorto, sostenuto da alfabeti mentali in perenne mutamento, dove le verità presunte durano lo spazio di un mattino. In questo vortice, dove è impresa rinvenire una coordinata di senso precisa, al docente spetta in primo luogo allenare i suoi alunni alla comprensione-accettazione-gestione e amore della complessità presente.

Il docente del nuovo tempo deve saper oltrepassare la logica quantitativa delle prestazioni, aggirare le catene della trasmissione unidirezionale che giudicava l’apprendimento come sterile ripetizione da parte del discente dei contenuti trattati dal maestro, smettere di essere cinghia di trasmissione usurata. Anzi, tanto più valoroso ed eccelso era l’allievo se ripeteva la stessa sequenza di parole, perché era oltraggio pensare con le proprie teste, era infamia accettare che un bambino o ragazzo potesse elaborare l’informazione a partire dal suo vissuto e dalla sua conoscenza pregressa. Se la logica didattica gentiliana riposante sull’assunto “sapere la propria disciplina equivale a saperla insegnare” è stata accompagnata al cimitero più prossimo lo si deve al profondo ripensamento che ha investito le istituzioni educative nel loro complesso. Ma come si sa la realtà ha una marcia in più rispetto al pensiero che cerca di comprenderla, e così le teoria, anche le migliori, arrivano sempre con un po’ di ritardo, perché nel frattempo nuove sono diventate le esigenze.

Ed allora cosa deve saper essere, cosa deve saper fare il nuovo insegnante? Il nuovo insegnante deve essere una combinazione di teorie e di tentativi, di certezze metodologiche sempre aperte ad accogliere il dubbio, pronte a fallire. La possibilità del fallimento deve essere la camera accogliente di ogni progetto. Il dubbio, per un docente preparato, e se si fa di esso uno scopo, può essere non meno consolante e salvifico della fede. Anch’esso è capace di fervore, trionfa a suo modo di tutte le perplessità e ha una risposta per tutto. Perché allora gode di una reputazione così cattiva? Perché è più raro della fede, più inabbordabile e più misterioso.

Il nuovo docente dovrà muoversi sul filo sempre precario di molteplici obiettivi, e non solo dell’antico e unico scopo della trasmissione del sapere;  dovrà guidare, facilitare il ragazzo nella realizzazione della sua identità specifica, porlo davanti al dramma dell’incertezza a rinvenire una strada sicura, allenarlo a smontare e ricomporre in un gioco infinito le sue impressioni. Certo non dovrà rinunciare a dispensare conoscenze, ma nello stesso momento si saprà curvare sui bisogni e sulle esigenze espresse dal soggetto, ricordandogli che non esiste un solo Pasolini stabilito una volta per sempre, e che il Pasolini del docente è solo uno dei tanti possibili. Far loro comprendere che ogni maestro riesce nel suo mestiere quando diventa oggetto di critica, che li’ è il cuore del suo operare. Dovrà instaurarsi una logica non più lineare ma dialogica, intendendo per dialogo non la mera conversazione, ma il discorso a più voci guidato dall’insegnante che, partendo dalla conversazione informale sfrutterà le occasioni che gli forniranno i suoi allievi per indirizzare il discorso e la comprensione sui saperi.

Quando svezzerà un sapere l’insegnate in questione avrà la coscienza di dire “Ciò che ora studiamo non è più importante del disegno della tribù nascosta in Guinea, è una scelta che non ha nulla di scientifico, è solo un mio tentativo di ricostruzione e riposizionamento del mondo”.  Un insegnamento che adotti strategie di apprendimento vere, modellate su quelle che i soggetti esperiscono nella vita reale. Coinvolgerli ed attivare le loro emozioni, perché un soggetto che sente apprende anche di più.

Il nuovo maestro porterà con sé un bagaglio di approcci teorici, ma sarà l’esperienza concreta a plasmare la sua progettualità, che sarà rivisitata di continuo per aderire alle infinite possibilità che il contesto genererà. Sceso dalla cattedra il maestro della complessità dovrà riferire di una realtà imprevedibile, non codificabile, incerta e nonostante tutto degna di essere amata. Egli dovrà essere la struttura critica del mondo, non un rigido assertore di verità assurde da benedire. Il suo obiettivo dovrà essere la destrutturazione e la ristrutturazione consapevole e critica delle ecologie mentali degli allievi i quali dovranno ricevere dalla scuola gli strumenti per problematizzare il reale e per affrontarlo con dispositivi cognitivi adeguati. La progettazione didattica dovrà essere sostenuta da una forma particolare di intelligenza flessibile ed aperta anche allo scacco, al ripensamento incessante in corso d’opera. Si dovrà sviluppare una sorta di intelligenza al lavoro.

Poiché la natura ha bisogno di concludere, di tracciare il limite entro cui racchiudere un discorso e quindi dotarlo di senso, in sintesi, con un’espressione durevole, come si può sintetizzare la nuova figura del mestiere di  docente? Ritengo a tal proposito che il nuovo docente debba essere colui che nell’indicare una meta deve immediatamente mettere in guardia i suoi alunni che quella meta è solo una delle tante, e far sorgere in loro il desiderio di cambiare rotta.  Portarli qualche volta al naufragio, e imparare insieme a sopravvivere, nonostante tutto. Se così farà il nuovo insegnante si libererà dalla sua colpa di essere stato sopra ogni cosa solo un Funesto Demiurgo.

 

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