Cannes 2017, i premi: Palma d’oro allo svedese “The Square” di Ruben Östlund
Bisogna andare molto indietro nel tempo e arrivare addirittura al 1951 per trovare un autore svedese sul podio di Cannes. Era il 1951 e La notte del piacere di Alf Sjöberg vinse il massimo premio (che non si chiamava ancora “Palma d’oro”), ex-aequo con Miracolo a Milano di Vittorio De Sica. Questa volta è toccato invece a Ruben Östlund e al suo The Square, storia di un conservatore museale progressista e altruista che, dopo aver subito un furto, scoprirà quanto sia difficile restare fedeli ai propri principi. Miracoli di questa 70° edizione dove la mancanza di film straordinari o memorabili ha consentito l’affermazione degli outsider, autori che in una competizione più forte difficilmente avrebbero potuto raggiungere i risultati ottenuti. Östlund era già stato premiato a Cannes nel 2014 quando il suo Forza maggiore si era aggiudicato il Premio della Giuria nella sezione “Un Certain Regard”.
Il Grand Prix è andato invece al francese 120 Battements par minute di Robin Campillo (marocchino di nascita), film militante e impegnato che racconta la storia di un gruppo di attivisti che, negli anni ’90, cerca di rompere il muro di silenzio che nasconde la diffusione dell’AIDS nei Paesi europei. Molto apprezzato, il film era tra i favoriti e si è aggiudicato anche il Premio FIPRESCI, assegnato ogni anno a Cannes dalla stampa internazionale. Entrambi i film saranno nelle sale italiane nella prossima stagione, distribuiti dalla Teodora Film.
Più di una perplessità ha destato il Premio per la regia a Sofia Coppola e al suo L’inganno, rifacimento assai inferiore all’originale de La notte brava del soldato Jonathan di Don Siegel, che vedeva protagonista Clint Eastwood (qui sostituito da Colin Farrell) nei panni di un caporale ferito che viene accolto in un convento di educande finendo per risvegliare il desiderio erotico di alcune di esse fino a pagarne le estreme conseguenze. Pur se non manca una certa raffinatezza nella messinscena e una sapiente cura scenografica, il film della Coppola si rivela poco più di un compitino eseguito in maniera appena passabile. Il Premio della Giuria è andato invece al russo Loveless di Andrej Zvyagintsev, storia di un bambino che scappa di casa per allontanarsi da genitori litigiosi e distratti, e ha modo di sperimentare tutta la durezza dei suoi connazionali, in un Paese avvolto dall’indifferenza. Il regista russo aggiunge così un altro premio alla sua collezione che vanta anche un Leone d’oro per il suo film d’esordio, Il ritorno, e un Premio per la sceneggiatura vinto a Cannes nel 2014 con il bellissimo Leviathan.
Il Premio al miglior attore è andato a Joaquin Phoenix (che pareva non credere alle sue orecchie al momento dell’annuncio del suo nome) per il pessimo You were never really here di Lynne Ramsay, storia di un reduce con qualche rotella fuori posto che deve salvare la figlia di un senatore dalle grinfie dei cattivi. Destrutturato nella narrazione, autocompiaciuto e pretenzioso, il film della Ramsay è di una bruttezza difficile da rendere a parole, così come arduo sarebbe trovare un motivo per il premio ad una sceneggiatura che non c’è che il film della Ramsay ha condiviso con The killing of a sacred deer del greco Yorgos Lanthimos. Infine, per quanto riguarda l’interpretazione femminile, appare giusto il premio dato alla brava Diane Kruger per Aus dem nichts di Fatih Akin, storia di una donna in cerca di giustizia dopo che una bomba terrorista ha ucciso il marito ed il figlio. Per celebrare la settantesima edizione, la Giuria presieduta da Pedro Almodòvar, ha assegnato un premio extra che è andato a Nicole Kidman e che è sembrato una sorta di “premio fedeltà”, visto che l’attrice era presente alla Croisette con ben quattro performance, tre film più la serie televisiva Top of the lake diretta da Jane Campion e Garth Davis.
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