“Twin Peaks”, episodi 5-6: il mondo capovolto
Margaret, la “signora del ceppo” aveva ragione: nell’episodio pilota, parlando al telefono con il vice-sceriffo di origine indiana Hawk, gli aveva detto che qualcosa era sparito e che egli lo avrebbe ritrovato grazie al suo retaggio, cioè tenendo conto delle sue origini. Così, nella parte finale del sesto episodio Hawk, osservando la porta del bagno dell’ufficio dello sceriffo su cui è effigiata l’immagine di un nativo americano, con tanto di penne sulla testa, scopre che all’interno delle lamine dell’uscio sono nascosti alcuni fogli di carta, il cui contenuto scopriremo probabilmente nelle prossime puntate. È una sequenza esemplare perché racchiude, in un certo senso, tutto quanto abbiamo visto sinora: ogni cosa ne nasconde sempre un’altra, c’è un al di qua e un aldilà delle cose, esiste il mondo reale e quello della Loggia Nera che possono scambiarsi di posto, un universo davanti ed uno dietro la scatola di vetro dalla quale, nell’episodio pilota, è emerso l’essere che ha barbaramente ucciso i giovani Sam e Tracey. E naturalmente, come già evidenziato nell’approfondimento precedente, ci sono due Dale Cooper, quello “originale” (ma sarà poi così?) che è fuggito dalla Loggia Nera e ha preso il posto di Dougie Jones nel mondo reale, e quello che giace in carcere, posseduto dal demone Bob e che, mirandosi nello specchio, mormora soddisfatto rivolgendosi all’entità che lo possiede: “Sei ancora qui con me”.
In questi due episodi la Loggia Nera resta un po’ sullo sfondo, con qualche rara apparizione del monco Mike che supplica Cooper di non morire. Tuttavia, il mondo della realtà, che occupa la quasi totalità delle sequenze, non è affatto meno tenebroso dell’altro: nel sesto episodio vediamo, infatti, un nano calvo uccidere violentemente una donna in una sequenza splatter scandita da una canzone hip-hop, mentre nel quinto, in una straordinario momento di suspense che sembra richiamare l’universo di Brian De Palma, un bambino rischia di saltare in aria quando una bomba posta sotto l’auto di Dougie Jones esplode mentre la madre tossica non si cura di lui. In maniera quasi speculare, nel sesto episodio un altro bambino trova la morte travolto da un camion sotto gli occhi di una madre amorevole in una sequenza dove vediamo comparire anche la splendida maschera dell’attore Harry Dean Stanton. I due bambini e le due madri sembrano ancora una volta confermare che il nucleo di Twin Peaks è il doppio, lo specchio, la consapevolezza di abitare in una sorta di mondo capovolto: forse non a caso, infatti, la madre del primo bambino urla continuamente “one one nine”, “uno uno nove”, che non è altro che il numero statunitense per le emergenze pronunciato al contrario.
Inoltre, come preannunciato da un riferimento dall’agente dell’Fbi Albert sulla Colombia nel quarto episodio, continua la dislocazione centrifuga della narrazione che ci ha portato, sebbene per pochi istanti, ora anche a Buenos Aires.
I due episodi, a torto considerati di “alleggerimento” rispetto ai primi, hanno poi visto la comparsa di altri personaggi tra cui la figlia di Shelly (interpretata da Amanda Seyfried) e il suo ragazzo Steven che, in attesa di vederli in azione, sono parsi una sorta di riproposizione della coppia Lula-Sailor di Cuore selvaggio, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 1990. Ma soprattutto, questi due episodi hanno permesso di scoprire alcune importanti notizie su Dougie Jones, l’omologo dei due Cooper, del quale abbiamo scoperto che lavora in una compagnia di assicurazioni, che deve migliaia di dollari a degli scommettitori e che nella pancia dell’uomo decapitato è stato trovato un anello con su inciso il suo nome: “Doug”. Ancora una volta, la risoluzione del mistero può fare dei passi avanti solo a patto di rimuovere qualsiasi crosta e di cercare la verità guardando dentro, strato dopo strato.
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