Il sesso prevalente: una ricerca della femminilità
“Lord Coke, il grande giurista inglese del diciassettesimo secolo, cercò di chiarire una volta per tutte chi doveva ereditare le proprietà terriere dichiarando che una persona doveva «essere o maschio o femmina, e ciò sarà stabilito in base a quale dei due sessi è prevalente». Ovviamente non precisò che metodi usare per determinare il sesso prevalente”
Jeffrey Eugenides, Middlesex
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Il tema dell’ambiguità sessuale è stato a lungo dibattuto e osservato fin da tempi remoti: nel mito greco Tiresia, dopo aver ucciso un serpente nell’atto dell’accoppiamento, è stato trasformato in fanciulla, per poi tornare uomo molti anni dopo; nelle Metamorfosi di Ovidio l’esempio più celebre riguarda il giovane Ermafrodito che costretto a un rapporto dalla ninfa Salmace si trova a lei unito per sempre; ma anche la giovane Ceni, dopo la violenza sessuale subita decide di diventare uomo e guerriero per non patire più un simile oltraggio.
Altri esempi di questo tipo si ritrovano anche nei filosofi greci, tra questi Platone. Oggi invece, con un atteggiamento reazionario nei confronti dell’indagine sul genere e la sessualità, si vuole fare passare il messaggio che tutto ciò che non è univoco, o riconducibile a una binarietà, sia innaturale. In un simile contesto i miti possono essere percepiti come perturbanti. Volendo banalizzare il suo pensiero, Umberto Eco definisce perturbante qualcosa di familiare in un contesto inedito, che non è possibile spiegare.
Questo sentimento a metà tra la repulsione e l’interesse è descritto da Jeffrey Eugenides in Middlesex (Mondadori, 2008), ed è quello che prova il signor Go, personaggio del racconto, quando vede in un locale di spogliarelliste come tanti un uguale e diverso a quelli che già conosce: “Il signor Go guarda, strizza gli occhi. Preme la faccia contro l’oblò. […] Non è sicuro che gli piaccia, quello che vede, però lo fa sentire strano, stordito, senza peso, e in qualche modo più giovane. Di colpo lo schermo si richiude. Senza esitare il signor Go inserisce un altro gettone.” Oggetto di questa osservazione è un ermafrodito, Cal, un elemento che si trova a metà tra l’uomo e la donna e per questo è perturbante. Non è il corpo maschile a essere diventato spaventoso, né quello femminile, è la confusione dei due in una dimensione di indefinitezza.
Il romanzo di Eugenides, vincitore del premio Pulitzer nel 2003, traccia l’odissea di una ragazza americana di origine greca affetta da una particolare forma di ermafroditismo: “Sono nata due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 […], e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974”. Come un moderno Tiresia allo specchio, è stata prima donna e poi uomo.
L’autore americano traccia un grande poema sulla teoria del genere, dalla tendenza androgina di moda negli anni Settanta alla ritrovata volontà di diversificare i due sessi negli anni Ottanta. Compie questo viaggio attraverso Calliope, protagonista e narratore onnisciente del romanzo. Di fatto è un ermafrodito, ma in pratica la scoperta di essere geneticamente maschio, dopo quattordici anni vissuti come femmina, ha posto una cesura netta nella vita di Callie che sulla sedia di un barbiere diventa ufficialmente un ragazzo, Cal.
“Orlando era stato un uomo fino ai trent’anni; dopo di allora, diventò una donna e tale è rimasta.” Scrive la scrittrice inglese Virginia Woolf a seguito della trasformazione dell’omonimo protagonista del pastiche Orlando (Newton Compton 2010). Il narratore vorrebbe lasciare “ad altra penna il trattare di sesso e di sessualità; noi rifugiamo appena possibile da soggetti così scabrosi”. Eppure quello che fa è proprio svolgere una critica sul ruolo e le caratteristiche che separano i due sessi all’interno della società.
Orlando era un uomo avventuroso, e come donna non è da meno, anche se viene privata dei diritti patrimoniali: “Le principali imputazioni a suo carico erano: 1. che era defunta, e quindi non poteva possedere alcuna proprietà; 2. che era una donna, il che comportava press’a poco la stessa cosa”. Nell’Inghilterra vittoriana, Orlando non acquisisce immediatamente atteggiamenti femminili per il solo fatto di aver cambiato sesso: al contrario li apprende dal contesto sociale: “gli uomini piangono altrettanto spesso e senza ragione quanto le donne, Orlando lo sapeva dalla sua esperienza di uomo; ma ora cominciava a capire che le donne dovrebbero urtarsi quando gli uomini sfoggiano emozioni in loro presenza”.
Sia Orlando che Cal nel momento in cui raccontano non hanno più il conforto dell’ignoranza: entrambi hanno conosciuto i due sistemi, le due metà del cielo, come l’indovino che predisse la fine di Edipo. Woolf si è concentrata sui diritti negati ai due generi, mentre Eugenides sulla teoria del genere, e sulla fluidità dei caratteri che danno l’appartenenza sessuale, con un atteggiamento scientifico tipico dell’età contemporanea. In entrambi i casi la ricerca è veicolata dalla funzione memoriale: sia Orlando che Cal hanno vissuto storie straordinarie e le narrano attraverso la scrittura, veicolo dell’arte creatrice, ermafrodita essa stessa e capace di legare due protagonisti tanto diversi.
Eugenides dipinge un affresco della teoria sull’evoluzione, il genere e il sesso. Due sono i personaggi funzionali allo scopo. Il primo è il dottor Luce, medico al quale i genitori di Callie si rivolgono quando sospettano l’ambiguità sessuale della figlia. Per il medico “il genere è come la lingua madre, non esiste prima della nascita” e sulla base di elementi superficiali vorrebbe trasformare definitivamente Callie nella ragazza che era stata fino a quel momento. Spingendola alla fuga e alla rivendicazione dell’identità maschile.
Il secondo personaggio emblematico di Middlesex è Zora, una bellissima “creatura dell’aria”, amica e guida di Cal nel locale sexy di San Francisco, apprezzato dal signor Go. Zora sembra in tutto una donna, anche se geneticamente si tratta di un maschio ermafrodito; non nasconde la sua anomalia, anche se potrebbe, perché non vuole essere “nulla di definito”. È lei che dice al giovane protagonista del racconto: “Ricordati, Cal, il sesso è biologico, il genere è culturale”. Zora è anche una teorica dell’identità e aspirante saggista.
Nel 1974 “il movimento dei diritti dei gay che si stava appena formando avrebbe spianato la strada alle successive lotte per l’identità sessuale” inclusa quella di Cal e Zora. Perché il discorso sull’identità di genere è centrale nel discorso sulla femminilità? Come registra Judith Butler in L’alleanza dei corpi (Nottetempo, 2017) coloro che si riconoscono come una minoranza tendono a compattarsi, spinti dal senso di gruppo che si crea tra categorie diverse di oppressi dal medesimo sistema dominante e patriarcale. Questa comunione lega Cal prima agli emarginati del parco di San Francisco, durante la fuga dal dottor Luce; poi all’ermafrodito Zora e alla transessuale Carmen, in un’unione trasversale tra reietti.
Reietta era anche Virginia Woolf, esclusa dall’università per via del suo sesso, e dal suo sesso per via della malattia mentale che le impedì di avere figli. Non era una femminista politicamente impegnata, come riporta il nipote Quentin Bell nella biografia a lei dedicata: tuttavia il suo pensiero era rivolto alla volontà di aprire il mondo dell’arte e della conoscenza alle donne, alle quali in ragione del loro sesso era stato impedito di studiare. La sua indagine sulla femminilità e l’arte si esplica compiutamente nel saggio Una stanza tutta per sé, e solo in seguito, in maniera più provocatoria, nel romanzo spurio Orlando. Il romanzo, “la più malleabile delle forme”, nasce dalla volontà dell’autrice di tracciare un ritratto dell’amica e amante Vita Sackville-West, ma grazie a quest’opera finisce per dire sui due sessi più di quanto abbia fatto nel suo documento programmatico.
Anche l’Italia non è rimasta fuori da questo dibattito. Con toni pacati, e sicuramente meno originali rispetto a quanto proposto dal contesto internazionale, Elsa Morante nei suoi romanzi più apprezzati indaga la sessualità e la femminilità, senza tuttavia che queste due analisi arrivino a toccarsi direttamente. Dopo aver vissuto per lungo tempo all’ombra del marito, Alberto Moravia, in tempi recenti c’è stata una riabilitazione della sua figura artistica. In un intervista a Repubblica il filologo Pier Vincenzo Mengaldo l’ha inserita tra i grandi narratori del Novecento, accanto a Svevo, Fenoglio e Calvino. È noto che l’autrice fosse molto scettica nel farsi inserire in antologie femminili e che desiderasse farsi chiamare scrittore piuttosto che scrittrice, per timore di essere rinchiusa in un recinto secondo la concezione che vuole le donne capaci di scrivere solo di argomenti inerenti alla vita domestica e familiare. La volontà di Morante nel definirsi secondo il genere non marcato della lingua italiana è riconducibile alla sua volontà di emancipazione rispetto ai luoghi comuni, esprimendo un tipo di femminismo molto diverso da quello attualmente esistente in Italia e nel mondo. Se prima si tendeva a dividere qualitativamente l’esperienza maschile da quella femminile, oggi invece il femminismo desidera rivendicare la differenza tra i generi in un’ottica di eguaglianza, cancellando gli stereotipi. Gli stessi ridicolizzati da Woolf e sezionati da Eugenides.
Ma se non ci sono caratteristiche peculiari in grado di circoscrivere i due sessi, e se neanche più il corpo è utile a questo scopo, il sesso prevalente da cosa è definito?
Woolf ed Eugenides analizzano i tabù, ognuno a modo proprio e secondo i propri limiti. Ognuno di loro scrive la storia di un personaggio particolare, espressione di una ben definita individualità, quindi i loro lavori non possono dare una risposta generale, solo creare ulteriori domande destinate ad arricchire un dibattito sempre aperto e contraddittorio. Come la forma romanzo, così anche le caratteristiche proprie dei generi sessuali sono mutevoli.
“Qui giungiamo a un nuovo dilemma. I sessi per quanto diversi, si mescolano. Non c’è essere umano che non oscilli da un sesso all’altro, e spesso non sono solo i vestiti a serbare l’apparenza maschile e femminile, mentre il sesso profondo è tutto l’opposto di quello superficiale.” (Orlando).