Sapete cos’è un sognatore?
«Non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!»
«Ma come dunque, di chi?»
«Ma di nessuno, di un ideale, di colei che mi appare in sogno. Io in sogno scrivo interi romanzi.»
Pietroburgo di notte, un uomo solo cammina senza meta per la città vuota, viva, ma indifferente al suo piccolo passaggio. Una coincidenza lo porta a tendere il braccio a una signora in lacrime e insonne, lei è Nasten’ka, oggetto del desiderio e sublimazione dei sogni del protagonista. In quattro notti si svolge la storia del protagonista e della sua brunetta, altra sognatrice senza sonno dell’opera giovanile di Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche.
“Sapete cos’è un sognatore?” Un sognatore non dorme, segue la voce sottile della notte, e alzando gli occhi al cielo stellato e luminoso di una città deserta, si chiede “com’è mai possibile che sotto un cielo simile esistano persone irritate e capricciose?”. La realtà è lontana, le persone vivono capovolte, i palazzi prendono vita. Il Sognatore segue la malinconia, la fantasia. La vita segreta di chi sa ascoltare, negli angoli remoti di Pietroburgo è come un sole, che splende di luce particolare. Il Sognatore vive di questa luce unica, che solo lui riesce a trovare: “Questa vita è un’autentica mescolanza di qualcosa di puramente fantastico, di arditamente ideale”. Tuttavia la luce resta un angolo, un cantuccio in cui si rifugia nascosto dalla realtà, in vero, lui sa che non è reale. Conosce il suo stato ”vuotamente prosaico e banale, per non dire: triste fino all’inverosimile”. Il Sognatore è uno sconosciuto, senza nome, senza radici, di cui non è nota la condizione sociale. Di lui il lettore sa solo che dovrebbe parlare in modo un po’ meno meraviglioso, ma sa anche che il sognatore è un eroe. Non un comune eroe, ma l’ultimo eroe romantico, appena prima del crepuscolo di un genere avviato alla fine. Oltre all’eroe letterario il Sognatore incarna anche un altro tipo di eroe, calato nell’azione della storia.
Durante una notte bianca esce dal mondo dei sogni e dell’immaginazione per calarsi in un’avventura che solo in apparenza ha contatti con la realtà quotidianamente sfiorata. Presso un ponte della deserta Pietroburgo il sognatore incontra una giovane dama. Egli agisce, uscendo per un momento dalla nebbia, per proteggerla dalle molestie di un ubriaco. Così si manifesta l’eroe dell’azione. Il sogno si mescola con la realtà. E si mescola anche l’eroe romantico all’eroe atipico. Tra lettere e dialoghi, sarebbe forse più opportuno definirli monologhi, la notte fluisce.
Questo eroe romantico, segnerà la fine della giovinezza letteraria di Dostoevskij. Lentamente l’ardito sognatore della nottambula Pietroburgo diverrà l’arido uomo del sottosuolo, appartenente al periodo più maturo della produzione dell’autore russo.
Nel Sognatore è possibile ritrovare qualcosa del suo creatore quando ammette: “Io in sogno creo interi romanzi”. Come il suo protagonista, anche Dostoevskij visse avventure immaginarie nell’ultima parte della sua esistenza. Dal suo letto di infermo, arrivò sino a Mosca, ai casinò, all’amore di una donna bellissima, folle e infedele. Ma dato che Dostoevskij è un uomo e non un personaggio della sua stessa penna, questi sogni non si esauriranno nella sfumata malinconia nella quale sfumano quelli del Sognatore, ma confluiranno in Il giocatore, ideato per riparare i debiti di gioco e dettato a una giovane dattilografa, sua futura moglie.
Dostoevskij indaga nelle sue opere l’animo umano e le sue passioni, il meccanismo di difesa contro la realtà avvilente. L’autore cerca di penetrare il mistero dell’uomo: “un mistero che bisogna risolvere, […] io studio questo mistero perché voglio essere un uomo”, come scrisse appena diciottenne in una lettera al padre. Tale sentita ricerca delle profondità dell’uomo tipica del filone russo-tedesco di fine Ottocento trovò già nelle prime opere di Dostoevskij una rudimentale manifestazione. Una ricerca la cui fine non è contemplata.
La frustrazione derivante da tale ricerca è sfumata in Le notti bianche, pur essendoci gli elementi è assente il dramma della gelosia e delle basse pulsioni che tanta parte avrà nei lavori futuri dello scrittore. Qui al contrario vi è una mancanza di autodeterminazione da parte del protagonista, incapace di essere parte attiva nella propria vita.
«Sapete cos’è un sognatore?» «Un Sognatore? S’intende che lo so! Io stessa sono una sognatrice». Nasten’ka, colei che è stata salvata dall’improbabile eroe, è ella stessa una sognatrice. Una creatura isolata dalla città come il suo amico; al contrario di lui però il suo isolamento non è volontario: di giorno vive prigioniera tramite una spilla che la lega indissolubilmente come una guardiana alle sue vesti. Soltanto di notte riesce a fuggire per vivere le fantasie agitate della città dormiente.
Una favola, una fanciulla da salvare da un destino incerto di noia e solitudine. Anche Nasten’ka come il sognatore si rifugia nell’irreale, nel romanzato, ma la sua è una fuga imposta, questo fa di lei sì una sognatrice, ma non un’eroina. Ella vuole fare parte del mondo reale, non appartiene al fantastico, dominio del solo Sognatore puro. Questi inciampa nel reale per lei, altrimenti non sarebbe entrato nel mondo di scambio e dolore, il tempo “serio-straserio”. Solo per lei scappa dal suo regno ai confini del tempo e del mondo.
La scintilla della speranza, presente in tutte le grandi opere mature di Dostoevskij, è anche qui, impalpabile ma viva scintilla del mattino. Qui la speranza si confina in un ruolo silenzioso, dietro al sogno e all’alienazione. Proprio l’elemento dell’alienazione, naturale degenerazione dell’oblio del sogno, si svilupperà completamente nell’ultima opera giovanile dell’autore come sentimento guida del protagonista dell’amaro Memorie dal sottosuolo, il cui seme è già in Le notti bianche.
Il Sognatore di Dostoevskij è lontano dal mondo e dalla morale comune, egli vive in un universo parallelo. Esiste solo per la storia di Nasten’ka e per il suo amore, e nella storia si esaurisce.
“Le mie notti finirono un mattino” e questo mattino arriva con l’addio dell’amata sognatrice che si pente delle sue fantasie: “Ho ingannato voi e me stessa. È stato un sogno, una visione.” scrive lei nella missiva d’addio. Il Sognatore da ultimo eroe romantico, sconfitto si ritira benedicendola: “Che sia chiaro il tuo cielo, che sia luminoso e sereno il tuo caro sorriso”.
Al mattino il Sognatore non è più un sognatore né un eroe, la metamorfosi è ormai compiuta. Egli è già l’uomo del sottosuolo.
“Forse un raggio di sole, dopo aver fatto improvvisamente capolino da dietro una nuvola, si nascose di nuovo sotto la nube carica di pioggia, e tutto di nuovo si offuscò ai miei occhi; o, forse, davanti a me balenò così sgradita e triste tutta la prospettiva del mio futuro, e io vidi me stesso così come ora, esattamente tra quindici anni, invecchiato, nella stessa camera, ugualmente solo”.