“Twin Peaks” episodi 11-12: i bambini ci guardano
Il sangue, la morte, l’orrore. Gli episodi (o puntate, che dir si voglia) undici e dodici della serie ci mettono ancora di fronte al Male e alla sua deflagrazione, sempre più invasiva, violenta, inarrestabile. Anzi, inafferrabile. La morte: avvenuta, procurata, inflitta, sventata, evitata di poco. Inafferrabile, come i “dirty and beardy men”, gli uomini sporchi e barbuti che appaiono e scompaiono davanti agli occhi di Gordon e Albert nel loro viaggio alla ricerca della Black Lodge. Quegli stessi uomini, spiriti del male, capaci di ridare vita al corpo di Bad Dale, e di decapitare, senza esser visti, il malcapitato Hastings, punito per la sua eccessiva curiosità, come l’amante Ruth Davenport, della quale i tre agenti dell’FBI ritrovano la parte restante del corpo.
Ma, in questa terza stagione colpisce la quantità di immagini inquietanti, di visioni oscene, di cadaveri con i quali sono confrontati in particolare i bambini (più o meno assenti nelle due stagioni precedenti), costretti ad apprendere quasi subito le misteriose alchimie delle quali è pieno il mondo degli adulti. E allora, è possibile citare il gioco infantile dei tre ragazzini che giocano a baseball e che viene interrotto dalla vista del corpo sanguinante e martoriato di Miriam, miracolosamente sopravvissuta all’aggressione di Richard Horne. Oppure la grande sequenza, di grandissima tensione, che vede un bambino sparare con una pistola nelle vetrate del fast-food dove si trovano anche Bobby, Shelly Briggs e sua figlia Becky, e dove compare anche una bambina epilettica. Oppure il cadavere del direttore Murphy, ritrovato dal figlioletto sull’uscio di casa, vittima dell’agguato di Chantal e Hutch, i due sicari al soldo di Bad Dale, interpretati da Jennifer Jason-Leigh e Tim Roth, “hateful two”, i cui personaggi sembrano strizzare l’occhio all’ultimo film di Quentin Tarantino.
D’altronde lo stesso Sonny Jim, figlio di Dougie Jones/Good Cooper, è messo di fronte alla catatonia del padre con il quale cerca inutilmente di intavolare una partita di baseball. Nell’episodio dodici lo stesso livello di tensione della scena del fast-food è raggiunto probabilmente dalla sequenza nel supermercato che vede protagonista Sarah Palmer, che ha un’improvvisa crisi delirante, della quale solo alla fine scopriremo probabilmente i motivi.
Nel mondo ormai definitivamente fuori controllo, in un universo dominato da doppi e tripli giochi, intrighi, tradimenti, David Lynch prova a rappresentare plasticamente il male come un vortice, pronto a risucchiare nella sua spirale chiunque si avvicini, un gorgo del quale il regista è, forse non a caso, anche il primo spettatore. Per questa ragione, Lynch sente la necessità di intervallare la sequenza di eventi orrifici con alcune interpolazioni comiche e/o stranianti, come lo splendido finale dell’undicesimo episodio che vede protagonisti Dougie/Cooper e i formidabili fratelli Mitchum in una scena che, tutt’altro che casualmente, si svolge nel deserto, non-luogo al centro dell’ormai celebre episodio otto, che mostrava la nascita di BOB al termine di una deflagrazione atomica. Inoltre, nell’episodio dodici assistiamo ad un curioso tête-à-tête tra Gordon e una donna francese, interrotto dal fido Albert.
Avendo creato una successione di snodi ad alta tensione nell’episodio undici, sembra che il regista, nell’episodio successivo, senta il bisogno di smorzare e allentare i fili, dando seguito ad una serie di passaggi verbosi e dilatati, nei quali il tempo sembra non passare mai, come si vede nella citata sequenza con la donna francese o nell’interminabile dialogo tra Audrey Horne (attesissima e finalmente riapparsa) e il mediocre marito Charlie. Intanto, la mappa che Hawk mostra allo sceriffo parla di un luogo dove – come rivela la Signora del Ceppo – si troverà il fuoco, elemento che ancora una volta, a distanza di venticinque anni, è destinato ad accompagnare gli uomini, e a “camminare con loro”.
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