Dei delitti e delle penne, fortuna letteraria del criminale Fantômas
“Incomincia brava gente/La triste enumerazione /Dei delitti senza nome/Perpetrati alla luce del gas/Dal criminale Fantômas”
Da “La cantilena di Fantômas” di Robert Desnos
In letteratura è piuttosto frequente che il fascino del male dia vita a personaggi negativi più cari ai lettori dei loro antagonisti schierati dalla parte del bene. Per merito di questa seduzione si ha una memoria sbiadita della personalità di Jonathan Harker rispetto al prepotente magnetismo del Conte Dracula e non meno vividi ci appaiono i mostri di Lovecraft come i Grandi Antichi, messi a confronto con gli stimabilissimi, ma grigi, professori della Miskatonic University di Arkham.
La narrativa ottocentesca dei feuilleton, colorata com’è, non manca di esempi che confermano questo assioma, da Varney il vampiro al primo Rocambole di Ponson du Terrail, ma di certo il più irriducibile, efferato e persistente nell’immaginario comune è un uomo del nuovo secolo, di professione ladro e pluriomicida. La “personificazione della morte”, come lo stesso Fantômas si autodefinisce, è una figura sorprendente e indimenticabile pur essendo priva di identità e di un aspetto definito, connotati che l’anti-eroe veste e abbandona con la stessa disinvoltura un serpente in muta.
Della sua vicenda umana si hanno poche informazioni, vaghe e seminate con parsimonia nelle intricate trame delle sue avventure. Volendo cercare un’origine delle sue gesta siamo a conoscenza di un artigliere di nome Gurn, sergente durante la guerra Anglo-Boera del 1899 che diventerà amante di Lady Beltham dopo averne ucciso il marito, ma delle tracce provenienti dal decennio precedente portano a ulteriori nomi e personalità, come quella dell’Arciduca Juan del principato di Hesse-Weimar e altro ancora.
La “poliformità” di Fantômas lo rende pari a un’idea astratta, in grado di infondere la propria essenza in qualunque cosa, scorporandosi nelle pieghe più marce della società fino a diventare un puro simbolo o un’emozione. I suoi avversari giurati, l’ispettore Juve assistito dal giornalista Jerôme Fandor, sono sempre un passo indietro ai suoi piani e pur riuscendo a sventarne in parte le scelleratezze sono destinati a una frustrazione perenne, condizione resa ancor più dolorosa per Fandor, innamorato di Hélène Gurn la figlia del suo nemico.
I personaggi di contorno di queste storie provengono da un sottobosco cittadino in cui si muovono le bande delinquenziali dei cosiddetti Apaches, il figlio malvagio Vladimir e l’ambiguo vagabondo Bouzille, che cambia fronte in un gioco di maschere oscillando per necessità e debolezza tra bene e male. Un mondo parallelo che pesa come una minaccia perenne sulla vita diurna della buona borghesia.
I creatori di questo enorme successo declinato in due cicli di 32 e 11 romanzi, sono Pierre Souvestre e il suo segretario Marcel Allain, che rileverà la serie alla morte del socio nel 1916 e dopo 10 anni anche la moglie Henriette Kistler, in una sorta di passaggio di consegne che ha in sé del romanzesco. La loro originalità e forza espressiva trova linfa nell’atteggiamento del tutto amorale del proprio personaggio, spogliato di ogni tratto umano che non sia l’ebbrezza del potere e la ricerca del profitto. Una dimensione che apparenterebbe Fantômas a un automa, meccanico esecutore delle proprie fantasie sadiche e narcisistiche, ma che un rovesciamento di lettura traduce in una creatura Stirneriana libera da ogni convenzione, un superuomo che si muove obbedendo alla propria legge in un mondo di marionette controllate da una società costrittiva.
Il tipo di interpretazione che si apparenta alla riscrittura operata da Bernard-Marie Koltès col criminale Roberto Succo diventato “Roberto Zucco” nell’omonima pièce teatrale.
Abbastanza fatale che la valenza simbolica, i tratti deliranti da incubo borghese e la forte carica eversiva dovessero colpire la sensibilità dei surrealisti, che rilevano Fantômas includendolo nel proprio Olimpo onirico. Dal precursore Blaise Cendrars al pittore René Magritte, passando per Paul Éluard e Raymond Queneau (che ne ha tracciato nel 1981 una minuta statistica delittuosa), il re del terrore vive una nuova stagione in cui le paure che suscita trovano la loro giusta collocazione passando dalla cronaca nera ai bassifondi dell’inconscio. Lo testimonia il testo teatrale di Robert Desnos, un vero omaggio al mito, messo in scena da Antonin Artaud con la musica di Kurt Weill, trasmesso da Radio-Paris il 3 novembre 1933, lo ricordano i quadri di Magritte influenzati dall’estetica dei film seriali di Feuillade. Infine, la forza iconica del personaggio nato nel lontano 1911 con l’editore Fayad (e portato in Italia da Salani e Mondadori) ritorna ancora oltreoceano, per apparire in America impreziosito delle illustrazioni del gotico e raffinato Edward Gorey.
Gli eroi possono invecchiare e soccombere ai tempi, gli anti-eroi no.
Fantômas è la notte buia e senza stelle di cui il giorno ha bisogno, disperatamente, per poter continuare a esistere.