Venezia 74, il cinema italiano non decolla. E Wiseman fa centro come sempre
Ieri avevamo trattato in maniera non propriamente lusinghiera il film di Paolo Virzì, primo film italiano ad affacciarsi in Concorso. Purtroppo anche oggi il nostro cinema non dà buona prova di sé: stamattina infatti è stata la volta di Una famiglia, opera seconda di Sebastiano Riso, che due anni fa portò alla Semaine de la critique di Cannes e poi in sala il suo esordio Più buio di mezzanotte. E la luce è assai fioca, per non dire inesistente, anche per questa storia di una coppia dall’apparenza normale che vive in un appartamento arredato con cura ma “la cui quotidianità dall’apparenza così normale lascia trapelare un terribile progetto di vita portato avanti da lui con lucida determinazione e da lei accettato in virtù di un amore senza condizioni” (usiamo le parole volutamente depistanti di una sinossi che vorrebbe puntare sull’effetto-sorpresa). Accolto assai freddamente in sala, Una famiglia mette in scena una vicenda torbida, “ispirata ad alcune storie vere”, che potrebbe avere un grosso potenziale con la sua volontà di squadernare un mondo nascosto e inquietante. Purtroppo il film, dopo un inizio intrigante, si rivela ben presto un’opera maldestra, con una sceneggiatura abborracciata e a dir poco reticente che il regista, troppo impegnato a costruire movimenti di macchina gratuiti e inutilmente virtuosistici, non riesce a riscattare. Piuttosto infelice appare anche la scelta degli attori: il protagonista maschile è il francese Patrick Bruel che si rivela assai presto fuori parte mentre, nel ruolo della protagonista femminile Maria, Micaela Ramazzotti, in costante overacting e pur impegnandosi per dare credibilità al suo personaggio, appare piuttosto frastornata.
Cambiando totalmente registro e qualità, la serata del Concorso è stata nobilitata dal pregevole documentario Ex Libris – The New York Public Library, diretta dal grande Frederick Wiseman, omaggiato nel 2014 di un meritato Leone d’oro alla carriera. Nel corso dei 197 minuti di questo suo nuovo lavoro, il regista offre un resoconto delle attività di una delle più importanti istituzioni culturali del mondo descrivendo le numerose ed eterogenee attività che si svolgono al suo interno. Non si tratta solo della conservazione, consultazione e prestito di volumi: la New York Public Library (che, a dispetto del nome, è pubblica solo per il 50%) è il luogo dove, tra le altre cose, si ospitano conferenze, si svolgono attività di dopo-scuola, corsi di economia e alfabetizzazione informatica, si organizzano mostre pittoriche e fotografiche, vernissage, lezioni di danza. Si tratta di un’istituzione democratica dove sono benvenute tutte le razze, le etnie e le classi sociali. Operando come al solito una scelta estremamente raffinata di materiali (incluse le presentazioni di due libri scritti da star musicali come Elvis Costello e Patti Smith), Wiseman descrive la grande istituzione come un baluardo di resistenza e di formazione culturale sottolineando, in maniera marcata ma senza enfasi, la sua importanza anche come luogo di aggregazione. La presentazione dei vari segmenti è piuttosto simile al lavoro già svolto dal regista con The National Gallery, il documentario da lui dedicato alla grande pinacoteca londinese. Tuttavia, a differenza del lavoro realizzato nel 2014 che si svolgeva all’interno (o all’esterno) di un unico edificio, qui abbiamo la possibilità di un percorso più itinerante: la New York Public Library conta infatti 92 divisioni sparse in tutta la città, il che consente al regista di presentare anche uno spaccato delle diverse anime e delle diverse comunità che abitano la Grande Mela, attraverso la visita di succursali dislocate in luoghi dalle precise peculiarità come il quartiere del Bronx o Staten Island. Tra le opere migliori sin qui viste in Concorso, Ex Libris – The New York Public Library potrà sicuramente dire la sua nel palmarès finale, a patto di trovare nella composita Giuria presieduta dall’attrice statunitense Annette Bening persone con la sensibilità giusta, in grado di apprezzare un’opera di grande valore costruita in maniera certosina, senza lungaggini e sbavature.