“Twin Peaks” episodi 17-18: la donna che visse due volte
Noi siamo in un sogno dentro un sogno
Da: Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini
Doveva andare così, era tutto preordinato e preannunciato: nella puntata finale Good Cooper e il suo doppelgänger dai lunghi capelli e dalla forza sovrumana, capace di risorgere continuamente dalle sue ceneri come l’araba fenice, dovevano incontrarsi a Twin Peaks e sfidarsi in una sorta di duello finale da cinema western classico. Tutto scritto, tutto scontato. E invece no. Scompaginando ancora una volta magistralmente le carte, David Lynch e il co-autore Mark Frost scelgono una via diversa, totalmente inattesa sebbene assolutamente coerente e logica non solo con le serie precedenti ma con tutto il cinema lynchiano, da Eraserhead a Inland Empire passando naturalmente per Velluto Blu, Strade perdute e Mulholland Drive, opere che avevano già disegnato traiettorie mirabilmente inconsuete nella trattazione dell’universo spazio-tempo. Perché – va ribadito ancora una volta – la poetica do Lynch mette forse a soqquadro la linearità della narrazione ma non fa mai a meno della logica, per quanto personalissima e assolutamente anticonvenzionale.
Nulla (o quasi) di quello che ci aspettavamo chiude, forse per sempre, una delle serie TV più ambiziose mai realizzate. Il dittico finale 17-18 si apre con una nuova rivelazione di Gordon Cole ai colleghi Albert e Tammy: Cooper, Jeffries e lo stesso Cole erano alla ricerca di un’entità malvagia chiamata “Jowday” (o “jiao dài”), corrispondente alla tanto ricercata Judy. Quando ormai si è quasi alla resa dei conti, ecco arrivare un’altra, ennesima rivelazione che racchiude in sé molto poco o forse tutto, in quanto Judy potrebbe non essere altro che una nuova forma assunta dal demone BOB. Intanto, Bad Cooper viene trasportato dalla Loggia Bianca direttamente a Twin Peaks nell’ufficio dello sceriffo, dove sta arrivando anche il suo doppio buono. Sorprendentemente, però, la resa dei conti porta in sé una duplice sorpresa: arriva quasi subito, all’inizio dell’episodio 17 anziché alla fine del numero 18, e la vittoria sul diabolico villain avviene grazie alle sorprendenti doti di pistolera della stralunata Lucy Brennan e al pugno verde di Freddie che annienta e polverizza BOB sotto gli occhi di un Good Cooper solo spettatore dei fatti, in una sequenza girata da Lynch a ritmo forsennato.
Tutto finito, il demone assetato di sangue è stato sconfitto, Naido si è rivelata essere Diane, che può finalmente riabbracciare il suo Dale. A che serve andare ancora avanti? E invece proprio ora, parte il lungo, sbalorditivo epilogo. Per placare il suo tormento, è necessario per Dale tornare alle origini, estirpare le radici del Male, ascoltare il grido di dolore, straziato e straziante, di Laura Palmer e metterlo a tacere per sempre. Come il Jeffrey Beaumont di Velluto Blu, Cooper attraversa la soglia di una porta (in questo casa la stanza del Great Northern che aveva preso in affitto) ed essa lo conduce in altri mondi: grazie a Philip Jeffries e a MIKE può tornare indietro nel tempo, alla notte in cui Laura fu uccisa. Mescolando filmati d’archivio con i personaggi nella loro versione attuale, Lynch riprende Dale mentre tiene per mano Laura dentro una selva oscura e la salva. Il corpo senza vita della ragazza, chiuso nel cellophane, in riva al fiume scompare, Pete Martell quella mattina può andare a pescare senza imbattersi in nessun cadavere. Laura è risuscitata, anzi meglio: non è mai stata uccisa. Il delitto non si è mai compiuto. Perché allora la ragazza scompare dalle mani di Dale e udiamo ancora il suo urlo provenire dal buio? Non esistono certezze, ancora una volta. Mentre nella Loggia Nera MIKE crea un nuovo doppelgänger da restituire come Dougie Jones a Janey-E e Sonny Jim, unica precisa chiusura del cerchio con relativo happy ending, Dale e Diane, anch’essa rediviva, vanno in un motel dove la donna vede un’altra se stessa. I due fanno l’amore in una sequenza splendidamente punteggiata da “My Prayer” dei Platters ma la donna appare sconvolta e la mattina dopo Dale si sveglia nel letto da solo e legge un messaggio a lui destinato. Ma il mittente si chiama Linda e lui è Richard.
Come Diane Selwyn (un’altra Diane!) si risvegliava dal sogno di essere stata l’attrice di successo Betty Elms in Mulholland Drive, come Fred Madison in Strade Perdute diventava prima destinatario e alla fine latore del messaggio “Dick Laurent è morto”, ora Dale si risveglia nelle nuove vesti di Richard. Ancora una volta siamo al nastro di Möbius, alla sua superficie non orientabile e avvolgibile all’infinito. “Who is the dreamer?”, chi è il sognatore chiedeva Monica Bellucci, immagine onirica a sua volta, ad uno sperduto Gordon Cole. Forse i fatti di Twin Peaks sono il sogno di Richard, o quello di Diane? Oppure di loro due e di altri personaggi del cast? Forse ciascuno di loro, e noi con essi, ha sognato una porzione di racconto, come Audrey che abbiamo lasciato davanti allo specchio e la cui mente potrebbe aver partorito tutte le sequenze al “Bang Bang Bar”?.
Lynch ha abituato i suoi fan a non cercare risposte che egli non avrebbe mai fornito, a rivelazioni che non avrebbe mai dato e forse poco importa. Ma non basta: polverizzando le poche certezze ancora rimaste, Lynch e Frost fanno incontrare Richard/Dale con Laura Palmer. Ma ormai tutto è cambiato: non è più la reginetta di bellezza della famosa foto incorniciata nel salotto di casa quella che si para davanti all’(ex) agente dell’FBI: si tratta invece di una donna matura, che risponde al nome di Carrie Page e, lungi dall’essere vittima di assassinio, probabilmente ha ella stessa ucciso un uomo. Come dicevamo nel primo dei nostri contributi, il mondo si è capovolto, oppure esiste una realtà altra, un tempo ed uno spazio diversi: più che la lotta tra Bene e Male, a contare in Twin Peaks è la rappresentazione di universi paralleli, un gioco infinito tra spazio e tempo. “Is is the future or is it the past?”, come abbiamo ripetutamente ascoltato dalla voce metallica di MIKE.
In questa nuova realtà, Laura si chiama Carrie Page, forse non a caso: “Page” come la pagina mancante e finale del diario strappato di Laura: Carrie Page è forse anche Judy (Judy!) Barton, la donna che visse due volte, colei che ha sostituito la morta Madeleine Elster precipitata giù da un campanile sotto gli occhi attoniti di John “Scottie” Ferguson. Carrie non ha niente della ragazza uccisa/non uccisa a Twin Peaks molti anni prima, vive a centinaia di chilometri da lì, ma nel lunghissimo viaggio notturno fino alla casa materna non abbiamo segni temporali chiari, forse non stiamo andando avanti ma indietro e tutto sta per ripartire proprio da lì. Per questo, allora, Sarah Palmer urla il nome della figlia e questa sta per essere di nuovo uccisa. “In che anno siamo?” chiede Richard/Dale quasi disperato. È il futuro oppure è il passato?
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