Viso a viso col senza volto, Fantômas nel fumetto e nell’illustrazione
Nell’accostarsi a quel vasto arcipelago oscuro che è Fantômas e il suo mito c’è un aspetto secondario, ma non trascurabile, che chiede un’attenzione a sé stante. La descrizione dell’invisibile. È mai possibile poter raffigurare un personaggio che nasce senza nessun volto? A questa domanda insidiosa l’illustrazione e il fumetto rispondono creativamente, aggirando l’ostacolo con soluzioni spesso caratteristiche e qualche volta debitrici di quelle cinematografiche.
Sin dalla sua prima apparizione editoriale nel febbraio 1911 la non-faccia di Fantômas è stata un elemento distintivo per la serie dell’editore Fayard, che ne pubblica le storie con cadenza mensile fino al settembre 1913.
L’editore parigino dà un nome dell’arcicriminale (battezzato “Fantômus” dagli autori) facendolo diventare Fantômas per un errore di trascrizione di Souvestre, quindi ne sigla la fisionomia reinventando sul primo volume una locandina destinata alle improbabili “Pillole Pink, per persone pallide”.
La figura mascherata che sovrasta col suo frac il profilo dei tetti della capitale, nasce così, con la sostituzione di un pugnale all’originaria manciata di pastiglie, per andare a suggestionare generazioni di lettori e lasciando la sua impronta nelle fantasie di Renè Magritte. Per un singolare destino poetico in linea al personaggio, l’autore della prima copertina è anonimo, mentre dalla seconda in poi i pennelli passano in mano al napoletano Gino Storace, artista di stampo realistico, già copertinista della serie altrettanto nota Rocambole. A causa della natura sfuggente del villain, alla sua rappresentazione le immagini preferiscono il racconto delle efferatezze più cruente e il ritratto diventa trasversale, una cronaca fatta di azioni che danno alle fattezze del protagonista il rango di icona proibita. In sua vece, parleranno meglio la mano mozzata sul tavolo verde de La main coupée, oppure il batacchio umano che occupa la campana di Le magistrat cambrioleur, plastiche visioni di una personalità troppo potente (e malvagia) per essere circoscritta da un viso.
Fantômas è più simbolo che uomo, e tale rimane anche nella sua seconda fuggevole comparsa nel numero 33, raffigurato dalla figura in nero di un uomo avvolto da un punto interrogativo giallo, che giganteggia a braccia incrociate sulla città, il volto coperto da un cappuccio da boia.
La prima edizione italiana della Salani, uscita in fascicoli nel 1912 e poi ristampata fino al ’37, riporta le stesse immagini prodotte da Storace per Fayard. Anni dopo, i “Grandi Azzurri” della Pagotto edizioni oltre a pubblicare l’Arsenio Lupin di Leblanc ripropongono nel ’54 la creatura di Souvestre e Allain con le copertine a mezzatinta di Gobbi. Un uomo elegante dalla mascherina nera guadagna l’onore della ribalta sul numero 18, mentre nel successivo “Juve contro Fantomas” l’abito da sera è sostituito da un attillato maglione, sormontato da un passamontagna che lascia scoperte solo gli occhi e la bocca.
Il prototipo del futuro Diabolik è pronto. L’ultima versione grafica rimarcabile di Fantômas appare in Italia per la Mondadori, in una ristampa del primo ciclo che esce in edicola dal ’63 al ’66 in un mensile dal formato simile alla fantascientifica Urania di Fruttero e Lucentini. Il copertinista della serie è Karel Thole, lo stesso illustratore della collana di sf, col suo stile personale e colto che evoca le atmosfere nere da inizio secolo attraverso una particolare soluzione tecnica. Le sue abituali tempere impregnate di surrealismo e metafisica sono sostituite da illustrazioni in bianco e nero a graffito, colorate successivamente in stampa con l’apposizione di pellicole. L’effetto finale richiama l’incisione e le litografie dei vecchi fogli popolari, mentre l’iconografia di Fantômas riprende la versione cinematografica di Louis Feuillade, ossia lo ritrae come un incappucciato scuro che ricorda la versione funerea di uno spaventapasseri. Se si esclude il volto coperto da una mezza maschera del primo numero, unica concessione al dettaglio fisiognomico, la dimensione sottrattiva del non detto prevale ancora una volta, più forte e spaventosa di qualunque esibizione.
Il silenzio e l’omissione sono sempre al servizio del signore del terrore.
Tracimante com’è in tutti i media, dal cinema alla radiofonia al teatro, la cui prima rappresentazione non autorizzata avviene a Napoli (ovviamente) nel 1912, Fantômas trova un naturale terreno nel fumetto dove germoglia in numerose versioni sin dal 1941, partendo sulla rivista Gavroche per mano dello stesso Allain su disegni di Santini. In questo adattamento, interrotto ben presto dalla censura, il criminale acquista un aspetto a metà tra il carnefice di Storace e The Phantom di Lee e Davies, in un ritratto quasi da supereroe che vedremo riproporsi in seguito per mano di altri autori.
Tra le tante varianti resta singolare la resa grafica grottesca di Pierre Tabary proposta sulle strisce del ‘57/’58 create per Opera Mundi, in cui il testo è formato da grandi didascalie che sostituiscono i più canonici balloon.
Poliforme e ciclico, Fantômas appare e scompare ancora dalle testate, ritornando in versione fotoromanzo nel ’62 sugli albi dell’editore Del Duca, poi in un’elegante interpretazione pop-liberty del ’69 con i disegni di Jacques Taillefer e ancora indossando un costume con mantellina e maschera nei fumetti di Sacha e Frisano che lo attualizzano al gusto giovanile degli anni ‘80.
L’editore messicano Novaro a partire dal 1969 ne crea una nuova versione influenzata dall’estetica dei film di André Hunebelle, impregnati di bondismo e atmosfere tra spionaggio e fantascienza. La “amenaza elegante” sceneggiata da Alfredo Cardona Peña e illustrata dal Rubens Studio diventa una figura in frac a metà strada tra Lupin e il Fantômas in latex interpretato da Jean Marais. Una dimensione abbastanza gradita al pubblico da arrivare con piccoli adattamenti estetici fino al 2006.
Gli anni tra i ’90 e il 2000 vedono ancora altre sue presenze nei comics, sia in ricostruzioni d’epoca come il ciclo disegnato dal belga Laverdure per le edizioni Lefrancq, oppure in moderne riscritture cyberpunk come gli albi di Damien Cabiron del 2002.
In Italia, Luigi Bernardi sceneggia per il volume Fantômas. Le Nuove Avventure l’incarnazione definitiva del personaggio, che nel 2006 si perpetua come un virus spogliandosi di ogni presenza fisica. Sublimato in un principio malefico puro, nella sopraffazione organizzata estesa su scala internazionale, ormai non è indispensabile al lettore chiedersi (o vedere) che volto abbia assunto.
Trasmettendosi nei suoi seguaci il re del crimine ha raggiunto del tutto il suo scopo di dominio e senza l’intralcio di una singola identità ha abbandonato il vecchio coltello. Ora per fare danni utilizza l’arma più pericolosa del fanatismo.