“Strategia del ragno”: Bernardo Bertolucci incontra il mistero di Jorge-Luis Borges

Quando la leggenda incontra la storia,
a vincere è sempre la leggenda

Da L’uomo che uccise Liberty Valance
di John Ford

Risultati immagini per strategia del ragnoAll’origine c’è Jorge-Luis Borges e il suo Tema del traditore e dell’eroe, uno degli “Artifici” (così sono denominati i testi della seconda parte) di Finzioni, opera capitale del ‘900 letterario che solo banalmente si può liquidare come libro di racconti. Il capolavoro del grande scrittore argentino è infatti qualcosa d’altro: è un oggetto misterioso, un viaggio in un oltre-mondo geografico e spirituale che sfocia in un labirinto morale nel quale si entra senza la possibilità di seguire alcun filo di Arianna: si entra in un mo(n)do per uscirne poi in un altro.

Il racconto di Borges è brevissimo, secco, astratto. L’ambientazione nell’Irlanda del 1824 è puramente convenzionale: lo scrittore stesso ci dice che l’azione potrebbe svolgersi anche in Polonia, nei Balcani, in Sudamerica: insomma, il lettore si trova in un luogo geograficamente determinato per un racconto totalmente astratto. Bernardo Bertolucci fa invece l’esatto contrario: sceglie un luogo della Bassa Padana che non esiste sulle carte geografiche (ammesso di non entrare dentro Via col vento e nelle piantagioni di cotone di Rossella O’Hara), la cittadina di Tara, ma gli conferisce un’importanza al tempo stesso concreta e simbolica.

Il protagonista Athos Magnani, interpretato da un bravissimo Giulio Brogi, vi giunge per avere notizie sull’uccisione del padre, suo omonimo e doppio, eroe antifascista. L’uomo entra in contatto con la realtà, descritta con grande precisione socio-antropologica, di un paesino abitato solo da vecchi, in cui domina il dialetto e dove il mestiere di un antico compagno del padre è quello di “assaggiatore di culatelli”. Tara è anche luogo dell’inconscio, della memoria, della ricerca di un padre che si trasforma in abbandono e soppressione simbolica del Padre: insomma il ’68 è appena trascorso e si sente, così come si vede l’adesione del regista, propria di quegli anni, al PCI e il suo avvicinamento alla psicoanalisi freudiana. Il film è dominato da un insieme di dualità: il mondo popolare della Bassa Padana con le sue cene a base di trippa e vino bianco si mescola con la “cultura alta”, con echi e rimandi di Shakespeare o Hugo, rappresentazioni del Rigoletto di Giuseppe Verdi, citazioni di Leopardi, Pascoli e Sartre, locandine cinematografiche come quella del western classico L’occhio caldo del cielo di Robert Aldrich, brividi edipici e incestuosi nel rapporto tra Athos figlio e Draifa, l’amante del padre interpretata da una bravissima Alida Valli.

Inoltre, due sono anche gli Athos Magnani, due i tempi che si alternano nel racconto: il passato ed il presente che, come i due Athos, arrivano spesso a toccarsi e quasi a confondersi. Athos-padre rappresenta e assume su di sé tutta l’ambiguità dell’animo umano diventando figura enigmatica in cui tradimento ed eroismo, storia e leggenda, appaiono categorie logore e indecifrabili, impossibili da definire e sfuggenti a qualsiasi definizione di carattere morale.

Per questa ragione, proprio in virtù della molteplicità dei temi suggeriti, della straordinaria capacità di sintesi estetica e narrativa e di una perfetta coesistenza degli opposti, Strategia del ragno è un film superbo, l’opera più “scandalosa” di Bertolucci, molto più di Ultimo Tango a Parigi e de La luna. Infatti, cosa c’è di più provocatorio ed estremo della messa in discussione di certezze morali apodittiche, cosa c’è di più pornografico di una menzogna collettiva? O di prendere atto che siamo in un mondo in cui forse non esistono eroi ma dove, come riconosce Athos-figlio citando Jean-Paul Sartre, “un uomo è fatto di tutti gli uomini, li vale tutti e tutti valgono lui”?

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