Libro vs ebook: la competizione che non c’è

Un po’ di cultura a uso domestico me la sono fatta. E perché tu non pensi che io snobbo la cultura, sappi che ho tre biblioteche, una di greco e l’altra di latino” (Satyricon, Petronio, Giunti)

Chi colleziona spasmodicamente molti libri e li ostenta senza conoscerne il contenuto non è molto diverso dal liberto Trimalcione descritto da Petronio, un uomo dai molti soldi e legato soltanto all’apparenza. Un altro latino, il filosofo Seneca, si espresse nei suoi Dialoghi contro coloro che possiedono numerosi volumi senza leggerne nessuno. Anche oggi è facile trovare, nelle case di un certo tipo di alta borghesia, grandi biblioteche di legno laccato a sostegno di pesanti tomi rilegati: che sorpresa, toccandone i dorsi, scoprire che altro non sono se non imitazioni di libri, manichini letterari, imitazioni di un’imitazione. Peggio ancora, rendersi conto che, tra una portata e l’altra, il padrone di casa non ha mai letto nulla di quanto possiede, e non ha intenzione di farlo. Dopotutto, sono funzionali pezzi d’arredo.

Se i libri sono a pieno titolo status symbol di una classe sociale, come si inseriscono gli ebook, i libri digitali con il loro linguaggio in questo contesto? Può esistere un feticismo dell’ebook assimilabile a quello esistente per i libri cartacei?

Un contenuto nato sul web è molto diverso da un articolo cartaceo, e di questo ha parlato diffusamente il giornalista e critico letterario Piero Dorfles sul numero del 5 ottobre 2017 di Pagina99, affrontando il tema della trasposizione del dibattito culturale sui nuovi media della tecnologia e distinguendo “elementi tecnici di novità […] la tempestività, la gratuità, la mancanza di intermediazioni”, dagli elementi propri della comunicazione. La conclusione tuttavia è che i nuovi mezzi del progresso scientifico non sono ancora pienamente sfruttati anche dai migliori pensatori dei nostri giorni.

Da pochi giorni il Kindle, il primo lettore digitale lanciato sul mercato, ha compiuto dieci anni. Nel 2007 conquistò subito una grande popolarità, tanto da spingere i grandi editori ad appoggiarsi alla piattaforma di vendita dei libri digitali. Recentemente tuttavia, con una mossa in controcorrente, il produttore Amazon ha aperto le sue prime librerie fisiche, paradossali vetrine dello shop online, con nuovo orrore di librai ed esperti del settore.

Benché il libro continui a essere percepito dagli operatori dell’editoria e dal pubblico come una merce in qualche misura diversa da altri prodotti di consumo anche la produzione libraria entra nelle complesse relazioni del mercato globalizzato” (La letteratura nell’età globale, G. Benvenuti R. Ceserani, Il Mulino, 2012)

La svolta ibrida del colosso americano ha subito dato vita alla contrapposizione di due fazioni: coloro che auspicano un ritorno alla carta e coloro che vedono nei libri venduti un tanto al giga-byte una definitiva evoluzione della letteratura. Sul piano materiale, la rifunzionalizzazione dell’oggetto libro potrebbe avvenire, la brama di spesa e possesso potrebbe essere colmata con l’arrivo sui mercati di e-reader sempre più potenti e tecnologici, con funzioni magari del tutto superflue rispetto alla lettura.

Nella prospettiva del mondo globalizzato in cui il testo scritto non ha più quasi nulla di tangibile, l’acquisizione dei diritti d’autore diventa merce senza materialità. Questa smaterializzazione della cultura potrebbe avere provocato sul mercato italiano un ritorno al vecchio libro? Secondo Marinella Zetti, docente di informatica umanistica presso l’Università di Pisa, la vendita degli ebook in Italia è in calo, dato aggravato dall’indagine di Federculture, l’associazione nazionale degli enti pubblici e privati operanti nel campo delle attività culturali,  secondo cui solo il 40,5% degli italiani legge almeno un libro all’anno, statistica da ritenersi ancora più fosca pensando che quel libro potrebbe essere Cinquanta sfumature di grigio. Gli ebook non sembrano quindi aver rivitalizzato il mercato letterario.

Esiste inoltre un circuito sommerso escluso dal computo di Federculture, prima totalmente sconosciuto all’editoria: quello dello streaming. Una piaga che ha colpito il mercato audiovisivo e che adesso, grazie alla digitalizzazione dei libri, è sempre più in ascesa.

L’assenza di lettori, congiuntamente alla sovrabbondanza di scrittori improvvisati, viene alimentata dagli ebook, diffusi a prezzi irrisori, talvolta gratuitamente. L’uso di ebook potrebbe essere un modo per aggirare i meccanismi imposti dalle grandi case editrici in favore di un mercato editoriale veramente indipendente. Tuttavia, l’assenza di una catena di distribuzione impedisce di fare conoscere quegli scrittori che potrebbero essere validi se seguiti da tutta l’industria, piccola o grande che sia, che si trova alle spalle dello scrittore.

Il testo cui l’autore appone la scritta fine al termine di mesi, o addirittura anni di lavoro, non è ancora un prodotto finito e non è mai totalmente autonomo. La filiera a cui è affidato si occupa di renderlo coerente con la collana in cui viene pubblicato, di revisionarlo e di “brandizzarlo” rendendolo appetibile per la categoria di lettori cui è destinato, ampliandone la diffusione e migliorandone la qualità. Il marketing e la promozione intelligente di un prodotto sono fenomeni giudicati spesso negativamente dal mondo culturale, come appannaggio del consumo e non della letteratura, ma è indubbio che queste dinamiche sono penetrate a pieno titolo nel mondo di oggi.

Alcuni grandi scrittori hanno già utilizzato strategie di marketing precise per fare arrivare al pubblico ideale il proprio messaggio; caso emblematico è quello de La Storia di Elsa Morante, pubblicato direttamente in brossura per Einaudi. Nel suo “romanzone”, Morante ha inteso rivolgersi ai giovani e agli illetterati, e il paratesto che accompagna il libro, poco compreso dai contemporanei e per questo ingiustamente stroncato, gioca un ruolo importante nella comprensione dell’opera stessa. Se un testo come La Storia, che si rivolge schiettamente a un pubblico popolare, fosse stato pubblicato oggi in ebook, questo ne avrebbe facilitato la diffusione? E che impatto avrebbe avuto sul pubblico, monco dei suoi particolari elementi di cornice?

La questione libro vs. ebook è una mistificazione, come spesso accade quando si parla di progresso tecnologico. Si tratta infatti di un fenomeno né buono né malvagio, con numerose sfaccettature di luce e ombra: sta al singolo consumatore decidere di sfruttare al meglio le nuove tecnologie, la nuova humanities senza abusarne. Al di là di reazionarie nostalgie, tutte le categorie produttive, cui appartiene anche l’editoria in quanto industria che produce, va sempre più verso la tecnologizzazione e il rapido consumo.

Il cambiamento in atto nel mondo è inarrestabile, anche in quello culturale, benché sia più romantico pensare al passaggio di mano in mano di un libro usato e acquistato su una bancarella piuttosto che alla fast-editoria veicolata dai tablet. Quello che sta avvenendo potrebbe non essere soltanto una conseguenza della svalutazione cui la cultura umanistica è andata in contro negli ultimi decenni. Non il segno della fine della cultura, ma solo il termine di un certo tipo di sapere.

“Noi leggiavamo un giorno per diletto / di Lancialotto come amor lo strinse; / soli eravamo e sanza alcun sospetto. / Per più fïate li occhi ci sospinse / quella lettura, e scolorocci il viso; /ma solo un punto fu quel che ci vinse. / Quando leggemmo il disïato riso / esser baciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante. / Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo avante.”

(Dante, Commedia, Inferno V, Paolo e Francesca)

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