Omicidi speziati per Wylo Helig

L’attitudine contemporanea al rimescolamento dei generi, tipica del New Weird, ci ha abituato a veder convivere modelli narrativi provenienti da ambiti spesso inconciliabili. Scienza e Fantasy, ucronie, futuri dai contorni fiabeschi, sono ingredienti frequenti di molte ricette letterarie, così come alcune ambientazioni restano care all’immaginario collettivo tornando a proporsi in infinite declinazioni.

Tra queste, uno sfondo non troppo esotico né distante nel tempo è la capitale dell’Inghilterra vittoriana, che nel suo fulgore ha visto modernità e arretratezza, miseria e aristocrazia, innovazione scientifica e rigide regole sociali. La città dei poveri orfani criminali di Oliver Twist è la stessa incubatrice di futuro di H. G. Wells, o allo stesso modo specchia le oscure pulsioni di morte di un killer seriale nella brillante luce della ragione di uno Sherlock Holmes. Stiamo parlando della Londra di fine ‘800, la città magica e sinistra dei Tre Impostori di Arthur Machen, nonché laboratorio alchemico di americani come James Blaylock o K. W. Jeter, che ne hanno frullato gli originari tratti storici sparandoli nella dimensione alternativa dello steampunk.

Questo ricco calderone di suggestioni, soggetto degli affreschi sociali di Charles Dickens, quanto delle relatà alternative di Susanna Clarke, trova alimento creativo anche l’estro del bresciano Fabio Larcher, scrittore raffinato ed editore di narrativa fantastica con le etichette “Larcher” e “Per Sempre”. Autentico prestigiatore della parola da cui sa trarre atmosfere immaginifiche e liriche, sferzate spesso da beffardi lampi d’ironia, Larcher ha creato un personaggio seriale che prende vita dalla passione dell’autore per i sopracitati modelli letterari, ma che si sviluppa con originalità diventando subito protagonista a tutto tondo di singolari, inclassificabili gialli-fantasy.

La cornice rievocata con finezza della Londra vittoriana, terra di delitti e investigatori e patria delle deduzioni logiche dell’eroe di Baker Street, fa le spese con una presenza appartenente a un mondo altro, la cui esistenza è data come un assunto reale. Wylo Helig, il detective delle stralunate storie di Fabio Larcher, non proviene infatti dalle fila di Scotland Yard o da un club di gentiluomini del West End, ma appartiene a un regno fatato dal quale è stato esiliato magicamente, finendo per trovare rifugio nella corriva e limitata società umana. Quindi, non abbiamo a che fare con un normale detective dell’occulto, come Carnacki o John Silence, ma con un detective dalle origini occulte, un soggetto che può trovare vaghe parentele solo nel fumetto con l’investigatore infernale Hellboy di Mignola.

Parlando di elfi come Wylo Helig, occorre inoltre precisare una cosa, ossia dimenticare il modello di purezza dai tratti nordici a cui ci hanno abituato il fantasy tolkieniano e i suoi epigoni. Wylo è materia più sulfurea, in linea alle antiche tradizioni popolari che raffigurano la creatura fantastica come una sorta di dispettoso demonietto, più estraneo alla nostra psicologia di un alieno e altrettanto controcorrente alla nostra morale, con esilaranti picchi di crudeltà. L’elfo investigatore, col suo deterrente magico che lo rende una potenziale minaccia in grado di distruggere il mondo, coi suoi capricci, gli insaziabili appetiti sessuali e la totale mancanza di riguardo verso gli altri, non è esattamente una figura simpatica. Non è neppure facile comprendere le sue ragioni o la trasversale metodologia di detection che lo fa muovere tra prove e indizi con un andamento capriccioso, apparentemente privo di senso, eppure con risultati pragmaticamente felicissimi.

Questo miracolo di equilibri instabili tra generi diversi, modalità inconsuete e anti-eroi che catturano l’attenzione del lettore, sono la cifra di Un delitto al rosmarino, esordio che già dal titolo prende le distanze da ogni omologo letterario, giocando a mescolare il territorio cartesiano delle storie di Conan Doyle con i mondi irrazionali che hanno affascinato Parigi e Londra ai tempi della rinascita occultistica ottocentesca.

A fare da collante in un rischioso pastiche del genere, in cui la credibilità dell’indagine deve fare i conti con uno sviluppo svagato e folle dell’inchiesta, è la presenza costante di un umorismo intelligente e perfido, un filtro deformante in cui lo scetticismo dell’autore sulla natura umana trova espressione attraverso situazioni grottesche, un gusto spiccato del calembour e della citazione colta parodiata con ferocia e libertà dadaista. In questo modo siamo partecipi del gioco senza mai perdere complicità con le sue bizzarrie, a partire dagli indizi odorosi che innescano il processo investigativo dell’elfo, detective per noia, incomprensibile e geniale nel proprio agire.

Dalla morte priva di spiegazioni del nobiluomo trovato cadavere in compagnia di una prostituta nuda, la mancanza di logica comune caratterizza tutto l’impianto del giallo, stravolto dalla presenza di elementi incongrui quali la traccia speziata che fa da fil rouge per la soluzione del caso o i metodi assolutamente singolari con cui Wylo porta avanti la vicenda. Ne sono testimoni in parte ammirati, in parte stizziti due figure provenienti da altre narrazioni, quali l’avvocato Allsaints (ispirato dalle pagine del Dottor Jekyll eMister Hyde di Stevenson), responsabile del reclutamento dell’elfo come consulente del delitto Latimer e ancora l’ispettore Lestrade, già invidioso inquirente nelle storie di Holmes, che qui moltiplica il livore dovendosi misurare con gli strampalati metodi elfici.

In una narrazione veloce, variegata, sempre sostenuta dall’intelligenza e arricchita del piccante di un erotismo mai eccessivo, Fabio Larcher ci trascina in un ritmato susseguirsi di scene, in cui lo scostarsi momentaneo del velo della commedia lascia intravedere mondi inquietanti a un passo dal nostro, la realtà oscura da cui proviene il protagonista ammantato di mistero. La soluzione giungerà a soddisfare ogni aspettativa, restando nel segno del paradossale con un virtuosistico tour de force. Un motivo in più per lasciarsi sedurre dall’azzimato dandy dal naso all’insù, tanto odioso e irritante, quanto irresistibile, per cui non possiamo che augurare a lui e al suo autore cento di queste indagini. Non saranno forse troppo ortodosse ma certo dannatamente divertenti.

Fabio LARCHER, Un delitto al rosmarino, A.Car Edizioni, 2017, 125 pp., prezzo di copertina 12,50 €.

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