“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”: vivere e morire nella provincia americana
Io vado via, amore mio
Se esiste un’altra vita, forse ci rivedremo
Se no, il mio paradiso sei stata tu
Da: Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Dopo che sono trascorsi sette mesi senza che sia stato trovato il responsabile dell’omicidio della figlia Angela, stuprata e arsa viva, Mildred Hayes decide di passare al contrattacco noleggiando tre cartelloni pubblicitari lungo la strada d’ingresso a Ebbing, sui quali fa scrivere alcuni messaggi che mettono sotto accusa lo sceriffo Willoughby e tutta la polizia della piccola cittadina. La risposta della comunità non si fa attendere e Mildred sarà costretta a fare i conti con molti ostacoli alla ricerca della verità e della giustizia.
Presentato in Concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ottenuto un meritato premio per la migliore sceneggiatura, vincitore di quattro Golden Globe tra i quali quello per il Miglior Film (anticamera degli Oscar, che saranno consegnati il prossimo 4 marzo nella prima cerimonia post-Weinstein), Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è il film del momento. Lo ha scritto e diretto Martin McDonagh, regista teatrale giunto alla sua terza pellicola dopo gli apprezzati In Bruges (2008) e 7 psicopatici (2012). La forza ed il fascino dello script messo a punto dall’autore londinese stanno nella capacità di tenersi sapientemente in bilico tra una quantità di registri e di toni passando abilmente, sebbene non senza qualche stridore e più di una forzatura, dalla commedia nera al ritratto sociologico, dalla violenza al riso, dalla tragedia più dolente alla commedia umana. Difficile non vedere l’influenza del cinema di Joel e Ethan Coen in un film ricco di personaggi memorabili e di battute al fulmicotone, impressione che risulta corroborata dalla presenza della protagonista Frances McDormand (moglie di Joel da ben trentatré anni) e dalle musiche molto accattivanti di Carter Burdwell, collaboratore abituale dei due fratelli di St. Louis Park fino al loro ultimo Ave, Cesare!.
Ad affiancare una McDormand semplicemente perfetta, capace di disegnare il suo personaggio in maniera precisa così da suscitare nello spettatore, a fasi alterne, la più profonda empatia e la più sincera repulsione, impossibile non segnalare l’ottima prova di un Woody Harrelson raramente così intenso e di uno straordinario Sam Rockwell nei panni di un poliziotto razzista e mammone, ignorante e omofobo (e probabilmente omosessuale latente), capace però di riscattarsi e di stupire lo spettatore. D’altronde, la storia di Tre manifesti a Ebbing, Missouri ha il merito, tutt’’altro che frequente, di non schiacciare mai i personaggi dentro i soliti abusati cliché ma di renderli, al contrario, vivi, pulsanti, capaci di evolversi e di prendere svolte inaspettate sollevando il film dalle paludi in cui spesso affondano i soggetti ambientati nelle piccole città statunitensi di provincia, ritratte frequentemente in maniera stucchevole e stereotipata.
Condotto con mano sicura dall’inizio alla fine, con un forte senso dello spettacolo sebbene coniugato qua e là con una buona dose di astuzia, dominato dall’elemento del fuoco che divampa e brucia (letteralmente) le vite dei personaggi, orrore più volte richiamato, simbolo di condanna e sofferenza, ma anche strumento di purificazione e contrappasso, Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un’opera che imprime il suo stigma nel cuore dello spettatore perché è capace di indignarlo e divertirlo, commuoverlo e intrigarlo ma soprattutto di lasciarlo libero di scegliere da che parte stare. E, siamo pronti a giurarlo, quella parte non sarà mai la stessa. Un piccolo cult. Da non perdere.
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Three billboards outside Ebbing, Missouri è un film che strizza l’occhio allo spettatore, che attira con una storia interessante e spazia tranquillamente tra il drammatico, la commedia e il pulp. Mi ha fatto rivivere i ritmi di Non è un paese per vecchi e di Fargo in una piccola città composta da personaggi complessi che vivono interiormente i propri drammi e mi ha coinvolto in una ricerca della verità per nulla scontata. Tuttavia mi ha anche lasciato con l’amaro in bocca e con tanti interrogativi su alcune scelte che, a mio modo di vedere, minano la credibilità della storia (e questo è davvero un gran peccato).
Grazie del tuo commento, Davide.