Le immagini nei fondi di caffè e l’atto creativo del significato
di Marco Antonio D’Aiutolo
Nel suo romanzo più famoso, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milan Kundera osserva che “un avvenimento è tanto più significativo e privilegiato quanti più casi fortuiti intervengono a determinarlo”. Ciò che accade con ripetitiva necessità resta muto, “soltanto il caso può apparirci come un messaggio…ci parla” e “cerchiamo di leggervi dentro come gli zingari leggono le immagini formate dai fondi del caffè in una tazzina”.
Questo passaggio apre una serie di riflessioni che riguardano il significato e che si potrebbero far muovere dal seguente interrogativo: il senso che noi diamo alla vita è intrinseco a essa o è il prodotto dell’azione stessa di intelligere, cioè di comprendere attraverso l’azione dell’intelletto (etimologicamente, leggere dentro)? Comprendere cosa sia il significato, come si costituisca e, qualora ci fosse un atto che lo crea, da cosa questo dipenda, ci aiuterà a spiegare ulteriormente ciò che ho definito nei contributi precedenti della presente rubrica, “la teoria del mondo capovolto”. L’obiettivo di questo contributo sarà di analizzare la funzione del caso nel succitato romanzo di Kundera ed il modo (desiderio) in cui lo scrittore e i suoi personaggi si rapportano ad esso. Un primo aspetto su cui è necessario concentrarsi è legato alla figura di Tomáš, il protagonista. Questi è un rinomato medico di Praga, abituato a relazioni promiscue con più donne. A un certo punto, Tomáš si interroga se sia giusto impegnarsi con Tereza, la donna con la quale stringe la sua relazione più importante. Tereza irrompe nella casa e nella vita di Tomáš dopo che essi si sono conosciuti, per caso, nel ristorante di una piccola cittadina.
“Non si può mai sapere che cosa si deve volere – è la riflessione di Tomáš – perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future”. “Non esiste alcun modo di stabilire quale decisione sia la migliore, perché non esiste alcun termine di paragone. L’uomo vive ogni cosa subito per la prima volta, senza preparazioni. Come un attore che entra in scena senza aver mai provato. Ma che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa?”. E conclude: “La nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro”. In breve: la vita non ha alcun valore in se stesso.
Considerandola priva di significato intrinseco, allora, l’unica certezza che Tomáš può dare alla vita è quella di continuare la strada percorsa fino a quel momento. Per questo egli, malgrado accetti la relazione con Tereza, manterrà lo stesso comportamento sessuale di sempre, con grande sofferenza della donna. Anche quando, in seguito all’invasione dei carri armati russi a Praga, entrambi cercano rifugio a Zurigo, lo stile di vita di Tomáš resta invariato. Ed è chiaro, dunque, che sia proprio questa ripetitività del comportamento di Tomáš a fornirgli quella sicurezza che desidera. È un desiderio di avere tutto inquadrato, che neppure l’irruzione del novum della relazione con Tereza sembra mettere in discussione. Ma non è così. Nella città svizzera, infatti, poiché l’angoscia di Tereza per i tradimenti subiti si acuisce ed ella decide di ritornare a Praga e abbandonare Tomáš, si ripropone in lui un altro drammatico interrogativo. Seguirla o restare? La drammaticità dipende dal fatto che ora, per Tomáš, tutti i nodi vengono al pettine: c’è o non c’è un senso in questa relazione che dia validità alla scelta di seguirla? Può o non può l’amore per Tereza essere “inquadrato” nella sua vita?
Una volta a Praga, Tomáš sa che non potrà più lasciare la città, poiché le frontiere ceche sono ormai chiuse. E, infatti, quando alla fine si deciderà di raggiungere Tereza e ritornare nella città occupata, proprio questa scelta determinerà il suo destino: per le sue attività politiche antisovietiche, egli perderà il posto di lavoro, finirà prima a pulire i vetri delle finestre dei palazzi e poi, con Tereza, in una borgata di campagna. Il destino sembra inevitabile, nonostante dipenda dalle sue decisioni, che non hanno né garanzie, né termine di paragone: “L’uomo…vivendo una sola vita, non ha alcuna possibilità di verificare un’ipotesi mediante un esperimento, e perciò non saprà mai se avrebbe dovuto o no dare ascolto al proprio sentimento.” È ciò che Lacan definisce con l’espressione “sapere che non si sa”, riferendosi a un altro dramma su cui ritornerò negli articoli successivi.
Ma restiamo su Tomáš. Per cogliere l’aspetto drammatico della sua situazione, credo che sia necessario comprendere quale sia il sapere che Tomáš desidera, cosa egli si aspetta di trovare nella relazione. Il protagonista di Kundera ripercorre i passaggi che hanno condotto alla sua realizzazione, cercando di ricostruirne retroattivamente il significato, proprio nel momento di prendere quella decisione. Solo allora capisce che qualcosa lo turba (Kundera parla di “malessere”): gli eventi che hanno determinato quella relazione sono dipesi da casi fortuiti e non dalla necessità dall’Es muss sein, il Deve essere, concetto che lo scrittore introduce nelle prime pagine del romanzo. L’Es muss sein è il motivo di Beethoven, secondo il quale “solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore”. La casualità, invece, con cui s’era determinato quell’incontro ha un’ insostenibile inconsistenza. “Tutti noi consideriamo impensabile che l’amore della nostra vita possa essere qualcosa di leggero, qualcosa che non ha peso, riteniamo che il nostro amore sia qualcosa che doveva necessariamente essere; che senza di esso la nostra vita non sarebbe stata la nostra vita. Ci sembra che Beethoven, in persona, torvo e scapigliato, suoni al nostro grande amore il suo ‘Es muss sein!’. Tomáš [invece]…constatò che dalla storia d’amore della sua vita non risuonava nessun ‘Es muss sein!’, bensì un ‘Es könnte auch anders sein’: poteva benissimo essere altrimenti.” Se allora la relazione con Tereza non ha alcun significato necessario, se non ha quel peso che egli desidera, che senso ha perseguirla?
A questo punto, è la visione di Tereza a entrare in gioco e a rendere comprensibile il riferimento alle immagini sui fondi di caffè, utilizzata all’inizio del presente contributo. Al contrario di quanto avviene nella mente di Tomáš, a differenza del suo desiderio di aver tutto inquadrato, per lei l’incontro con l’uomo è autenticamente significativo presentandosi addirittura come “il caso assoluto”. “La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze o, per meglio dire, da incontri fortuiti tra le persone e gli avvenimenti chiamati coincidenze. Una co-incidenza significa che due avvenimenti inattesi avvengono contemporaneamente, si incontrano”. Sicché la comparsa di Tomáš nel ristorante e la radio che in quel momento suona Beethoven, permettono all’“amore nascente” in Tereza di accendere “il senso della bellezza, e quella musica lei non la dimenticherà più. Ogni volta che la sentirà sarà commossa. Tutto ciò che accadrà intorno a lei in quell’istante, apparirà nell’alone di quella musica e sarà bello”. Questo spiega perché Tereza non sopporti i tradimenti di Tomáš, che minano non solo la loro relazione, ma lo stesso “senso della bellezza”, che ella legge nel caso e in cui si inscrive la loro relazione.
Ci troviamo dinanzi a due modi di vivere la stessa situazione, a due approcci di lettura del caso, entrambi espressione di desideri diversi. Tomáš e Teresa desiderano ciascuno dare alla propria vita uno specifico orizzonte di significato e valore. Due orizzonti con cui interpretano gli eventi, che sono due veri e propri mondi paralleli e in contrasto. Per questo le aspettativa nei riguardi della relazione e delle condizioni con cui essa si è determinata divergono. Ma cosa spinge Tomáš, alla fine, a inseguire Tereza? È possibile per quei due mondi incontrasi in un punto univoco?
È possibile trovare una risposta nell’epilogo del romanzo. Qui Kundera mostra come Tereza si senta in colpa, convinta di aver sempre “imposto” a Tomáš la propria visione delle cose, quel mondo/orizzonte di significato che dirige il suo desiderio. Sente di aver costretto Tomáš a seguirla nel villaggio di campagna e abbandonare il suo stile di vita (rapporti sessuali promiscui), ripresentatosi a Praga. Ella sa che “per tutta la vita aveva approfittato della propria debolezza ai danni di Tomáš”. “La sua debolezza era aggressiva e lo costringeva a una continua capitolazione, fino a che lui non aveva smesso di essere forte e si era trasformato in un leprotto tra le sue braccia”.
Ma quando Tereza confessa a Tomáš il timore di avergli causato tutto questo male, conducendolo così in basso, a vivere in un villaggio sperduto, ad abbandonare Zurigo, dove avrebbe potuto esercitare la sua professione medica, egli le risponde: “Non ti sei accorta che qui sono felice?” e aggiunge: “Tereza, una missione è una cosa stupida. Io non ho nessuna missione. Nessun uomo ha una missione. Ed è un sollievo enorme scoprire di essere liberi, di non avere una missione”. Un’osservazione degna di un’esistenza affrancata: Tomáš aveva compreso di aver abbandonato l’orizzonte/mondo dell’Es muss sein e di quanto la leggerezza dell’essere (della sua relazione, del suo destino, della sua vita) avesse reso il suo desiderio libero; ha capovolto quell’orizzonte/mondo di significato; di più: egli ha purificato il suo desiderio dal peso della necessità ripetitiva con cui inquadrava la sua vita e di cui la “missione” è, mio avviso, una metafora. Ora il desiderio (puro) può aprirsi a nuovi orizzonti, quello di Tereza, la quale, a sua volta, ha aperto il suo desiderio a un nuovo significato, non aggressivo. Qui l’immagine del leprotto diviene interessante.
Dopo la risposta di Tomáš, ella ripensa alla scena della mattina, in cui “lo vedeva riparare il camion e le sembrava vecchio. Era arrivata là dove aveva voluto: in fondo aveva sempre desiderato che lui fosse vecchio. Si ricordò nuovamente del leprotto che stringeva al viso nella sua cameretta di bambina. Che cosa significa diventare un leprotto? Significa perdere ogni forza. Significa che ormai nessuno dei due è più forte dell’altro”.
Credo che Kundera abbia voluto esprimere proprio questo. In primo luogo, quanto le persone si identifichino con il proprio desiderio, al punto che parlare di persona e parlare di desiderio tendano a coincidere. In secondo luogo, quanto l’amore, nato così per caso, tra due persone, il cui desiderio “appartiene” a due orizzonti (mondi) di significato diversi, conduca proprio quei desideri a scontrarsi, lottare, aggredirsi, lasciarsi, inseguirsi, fino a far perdere forza a quello stesso orizzonte, rendendo puri i desideri e disponibili a incontrarsi effettivamente sullo stesso piano, in un nuovo orizzonte valido per entrambi. E, in terzo luogo, quanto il significato con cui desideriamo leggere la nostra vita e il nostro amore non solo non sia qualcosa di già dato, ma che non sia neppure indipendente da quella azione di lettura. Il mondo del significato non vive in un universo a parte, lontano dall’esperienza personale; si produce nel momento in cui desideriamo darci un orizzonte, una direzione; dipende dall’atto creatore dell’uomo, che tesse il suo destino, scommettendo sulle sue decisioni, senza garanzie di successo, né di una conoscenza previa e precostituita.
Ha allora ragione Kundera, secondo cui le vite umane “sono costruite come una composizione musicale. L’uomo, spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale…in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita. Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata…. L’uomo senza saperlo compone la propria vita secondo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento”.