Cannes 2018, cortine di ferro tra Oriente e Occidente
La questione delle due Coree è tornata prepotentemente d’attualità ed il cinema di quella parte del mondo non poteva non approfittarne per raccontare delle storie che pongano al centro questi avvenimenti. Dopo Il prigioniero coreano di Kim Ki-duk, passato a Venezia nel 2016 nell’anomala sezione “Cinema nel Giadin”, e di recente distribuito nelle sale italiane, oggi a Cannes abbiamo potuto ammirare The Spy Gone North di Yoon Jong-bin, tesissimo thriller di spionaggio (come già il titolo inglese lascia intendere), presentato stamattina alla stampa Fuori Concorso. Il film parte dal 1993 quando un ex-ufficiale dell’esercito sudcoreano viene reclutato dai servizi segreti del suo Paese con il nome in codice “Black Venus”. Incaricato di raccogliere informazioni sul programma di proliferazione nucleare della Corea del Nord, l’uomo si infiltra in un gruppo di dignitari di Pyongyang riuscendo a guadagnare progressivamente la fiducia del Partito. Operando in completa autonomia nel cuore del Paese più segreto e pericoloso del mondo, la spia comincia ad assumere man mano un ruolo fondamentale nel rapporto tra i governi delle due Coree, a rischio della vita.
Pensato e realizzato in un’epoca in cui le relazioni tra le due nazioni sorelle erano più tese che mai, The Spy Gone North finisce per diventare quasi profetico alla luce dello storico incontro tra i leader dei due Paesi durante le olimpiadi invernali sudcoreane di Pyeongchang, un racconto attualissimo che diventa anche un’acuta riflessione politica sull’incredibile ambiguità del Potere invitando lo spettatore a leggere i recenti avvenimenti con lo spirito critico di chi dovrebbe sapere che, anche le decisioni apparentemente più sagge, possono nascondere intenzioni da Realpolitik. In uno dei momenti cruciali del filmm infattim si racconta come spesso i cosiddetti attacchi unilaterali da parte del nemico sono orditi o, se non altro, consentiti, per mantenere il popolo in un costante clima di terrore e dargli la possibilità di avere sempre qualcuno da odiare.
The Spy Gone North ha la messinscena di un vero e proprio blockbuster ma supera i confini della classica spy-story per presentarsi come opera politica a tutti gli effetti, capace di innestare nel racconto anche una bella vicenda di amicizia virile che unisce due uomini che operano su fronti opposti ma che finiscono per unirsi quando la necessità impone di smascherare le ipocrisie, il doppiogiochismo e l’anarchia (in senso pasoliniano) del Potere. Al centro della narrazione, come già detto, la crisi degli anni ’90, segnata dai sospetti persistenti sul programma nucleare clandestino nordcoreano. Yoon Jong-bin, al suo quinto lungometraggio, permette allo spettatore di comprendere la posta in gioco e le questioni nei rapporti tra i due Stati e offre uno sguardo inedito sulla linea di frattura tra Nord e Sud. Scritto , girato e interpretato mirabilmente (da Hwang Jung-min e Lee Sung-min, due attori molto famosi in patria), The Spy Gone North conferma l’ottimo stato di salute del cinema sudcoreano che, proprio a partire dall’epoca raccontata dal film, sembra essere risorto a nuova vita.
Guerra fredda, nel senso più classico e “occidentale”, anche nel Concorso principale con Zimna wojna (il titolo inglese del film è proprio Cold War) di Paweł Pawlikowski, storia d’amore tra un direttore d’orchestra e una cantante nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale ai primi anni ’60. Molto applaudito alla proiezione stampa, Cold War è impreziosito da uno splendido bianco e nero e dall’ottima interpretazione di Joanna Kulig (possibile un premio per lei, a meno che il film non arrivi a risultati più alti). Estremamente compresso nella durata (circa 85 minuti), il film utilizza molte ellissi, presentando spesso gli effetti degli avvenimenti piuttosto che le cause, sorvolando sugli apici drammatici che, quando arrivano, rischiano però di lasciare freddo lo spettatore proprio perché prosciugati dal procedimento narrativo adottato. Questo eccesso di reticenza frena dunque l’ammirazione verso un film che può vantare ottimi numeri musicali e coreografici, i quali rischiano però di risultare alla lunga persino più interessanti e appassionanti delle vicende e dei destini dei due innamorati.
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