Cannes 2018, i premi: Palma d’oro a Kore-eda, il film più bello. Bene gli italiani

Risultati immagini per foto cate blanchettNon accade molto spesso ma questa volta si può davvero plaudire al verdetto emesso dalla Giuria internazionale della 71° edizione del Festival di Cannes, presieduta dalla grande attrice australiana Cate Blanchett. Il massimo premio è stato assegnato al bellissimo Shoplifters, dodicesimo lungometraggio di finzione di Hirokazu Kore-eda, cineasta straordinario che riporta la Palma d’oro in Giappone ventuno anni dopo la vittoria di Shōhei Imamura, che nel 1997 condivise la vittoria con Il sapore della ciliegia di Abbas Kiarostami. L’autore nipponico, già vincitore sulla Croisette del Premio della Giuria nel 2013 per Father and Son, ha presentato la storia di un nucleo familiare sui generis, in cui il capofamiglia si dedica a piccoli furti insieme al figlioletto, e che un giorno raccoglie per strada una bambina e decide di adottarla. Il film inizia come una commedia dai toni lievi diventando via via sempre più torbido quando si scopre che la famiglia nasconde più di un segreto.

Risultati immagini per shopliftersSe Shoplifters appare come il film “perfetto” da premiare, per la sua capacità di unire le ottime doti di messinscena con la delicatezza e la profondità dei temi trattati (per chi scrive davvero l’opera migliore in competizione), decisamente meno convincente appare il Gran Premio a BlacKkKlansman di Spike Lee, storia vera di due poliziotti, uno bianco e uno nero, che nell’America degli anni ’70 riescono a infiltrarsi all’interno del Ku Klux Klan e a sventare un attentato. Per quanto migliore delle ultime prove del regista afroamericano, ultimamente in fase calante, e girato con buon ritmo, BlacKkKlansman risulta piuttosto slabbrato a livello di sceneggiatura per risultare veramente convincente. Il Premio per la regia è andato meritatamente al polacco Pawel Pawłikowski e al suo Cold War, delicata storia d’amore, raccontata in uno splendido bianco e nero, tra un direttore d’orchestra e una cantante, l’ottima Joanna Kulig. Molto bene è andata l’Italia conquistando il premio per la migliore interpretazione maschile ad un bravissimo Marcello Fonte, interprete di Dogman di Matteo Garrone, e la migliore sceneggiatura (“bislacca”, come ha ammesso la stessa regista) a Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, premio che la regista italiana, qui al suo terzo lungometraggio, ha condiviso con il bel Three Faces di Jafar Panahi. Il regista iraniano non ha potuto ritirare il suo premio perché su di lui pesa il divieto di lasciare il Paese.

Risultati immagini per spike lee blackkklansmanInfine, il premio per la migliore attrice è andato a Samal Yeslyamova, protagonista del modesto Ayka di Sergey Dvortsevoy. Molto contestato dalla stampa italiana il premio della Giuria assegnato a Capharnaüm della regista libanese Nadine Labaki, che molti temevano vincesse la Palma d’oro. Il film racconta l’odissea di un bambino che vive in una baraccopoli di Beirut e di un processo che egli intenta contro i genitori, colpevoli di “averlo messo al mondo”. Sulla vicenda si innestano lo scandalo delle spose bambine, il dramma della povertà, la tragedia dello sfruttamento dei lavoratori stranieri. Ritenuto esteticamente troppo compiaciuto e infarcito di enfasi retorica, Capharnaüm è in realtà una storia molto forte e ben diretta, almeno per due terzi. Purtroppo, nell’ultima parte l’oratoria e la retorica prendono il sopravvento e il film finisce per diventare inattendibile e ruffiano nonché portatore di una tesi moralmente irricevibile, che ha fatto storcere giustamente il naso a molti. In Concorso c’era anche Le Livre d’Image di Jean-Luc Godard, l’opera più inafferrabile della competizione, la cui originalità non è sfuggita alla Giuria che gli ha assegnato una Palma d’oro speciale, riconoscimento dovuto ad un maestro che, naturalmente, non era presente per ritirare il premio, del quale nel migliore dei casi se ne infischia.

Risultati immagini per the house that jack builtInsomma si può dire che, tutto sommato, la Giuria è riuscita a mantenere uno straordinario equilibrio, tra i premi dal significato esclusivamente “politico” e la necessità di riconoscere la superiorità delle opere di maggior pregio artistico, evitando di premiare film impresentabili: quindi Palma d’oro ad un ottimo film, riconoscimento a film che parlavano di tematiche molto forti, come razzismo e povertà (Spike Lee e Nadine Labaki), “quote rosa” con i premi a Capharnaüm e Lazzaro felice, il premio a Godard e al suo cinema inafferrabile, due interpretazioni degne di lode (sebbene il film di Garrone avrebbe meritato forse qualcosa in più), il premio politico a Panahi. Restano fuori dal palmarès due film che avrebbero certamente meritato miglior fortuna: Burning dell’ottimo regista sudcoreano Lee Chang-dong (che ha però vinto il prestigioso premio FIPRESCI) e En guerre, il bel film di Stéphane Brizé sul mondo del lavoro. Chi scrive ha amato molto anche l’eccentrico Un couteau dans le coeur di Yann Gonzalez, anch’esso di nazionalità francese che però non ha riscosso particolari consensi in un Concorso di livello medio, con alcune punte verso l’alto e qualche brusca caduta verso il basso. Un’ultima notazione, infine, per due opere molto belle: la prima è l’esordio Girl di Lukas Dhont (storia di un adolescente che sta cambiando sesso per diventare una ballerina), che ha fatto incetta di premi (Caméra d’or, premio “Un Certain Regard” per la migliore interpretazione maschile alla straordinaria performance di Victor Polster, premio FIPRESCI della sezione). La seconda è il film più scioccante del Festival: The House that Jack built, il nuovo affascinante e allo stesso tempo respingente delirio creativo di Lars von Trier, per noi uno degli apici di tutta la manifestazione.

©RIPRODUZIONE RISERVATA – Ne è consentita esclusivamente una riproduzione parziale con citazione della fonte, Milena Edizioni o www.rivistamilena.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!