Intervista a Paolo Ciufici, autore di ‘Ga(y)o’: “La scrittura nasce dal bisogno di evadere dall’elemento razionale”
Intervista a cura di Christian Coduto
Paolo Ciufici nasce a Guardiagrele nel 1984. Dopo la laurea in Biotecnologie mediche e un periodo di formazione in Francia, lavora presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti.
È l’autore di Ga(y)o, il suo primo romanzo (153 pagg., Milena edizioni). Una storia a tematica LGBT in cui si racconta la storia di Gaio, un ragazzo che conquista la libertà di amare il suo compagno Tom, con piena consapevolezza. Un amore inossidabile, forte, che prosegue nonostante i paletti che la vita, talvolta, pone lungo il cammino di ogni essere umano.
Una storia che miscela un’ironia leggera e un’anima più drammatica, sapientemente in equilibrio.
“…Gaio! Fu un nome scelto all’improvviso, tra la genericità e l’anonimato sconcertanti di Tizio, Caio e Sempronio. Caio, tra i tre, poteva andare. Suonava tuttavia rugginoso, occorreva un’oliatura fonetica: Caio, Daio, Eaio, Faio, Gaio…”
Una scrittura classica e accademica nella scelta linguistica, per un romanzo che, però, ha un ritmo vibrante, appassionato.
Nel momento in cui Paolo Ciufici scende dal treno, non posso fare a meno di osservare il suo portamento: è elegante, quasi regale, quanto la sua scrittura. Un’omogeneità che non dispiace. Mi stringe la mano con educazione. “Devi sapere che vivo nei pressi della stazione … è un continuo rumoreggiare. Ho bisogno di un po’ di silenzio”, esordisce.
Decido di portarlo a Casertavecchia. Durante il tragitto osserva il paesaggio e sorride. Ho l’impressione che quel panorama gli riporti alla mente qualcosa. Una volta arrivati, ci sediamo nei pressi della Torre.
“Nous faisons l’interview en français, si vous voulez”. Lo guardo interrogativo e lui scoppia a ridere “Pardonnez-moi, ho vissuto in Francia per un po’ di tempo e, ogni tanto, mi diverto a parlare in francese”.
Una volta verificata la serenità della location, iniziamo la nostra chiacchierata.
Iniziamo parlando un po’ di te: chi è Paolo Ciufici?
Paolo Ciufici è un trentenne che, al momento, vive in Abruzzo. Ho mille interessi e sono alla perenne ricerca della tranquillità (sorride). Questo perché, come tanti, la mia vita tranquilla non è. Mi ritengo una persona razionale al punto giusto, ma con una piccola dose di idealismo: lì dove non arriva la ragione, è necessario sognare, creare.
Ha un tono di voce delicato, accogliente. Dà l’impressione di riuscire a aggirare il ritmo frenetico della vita, con un’ammirevole dose di self-control. Oppure, è solo apparenza?
Perché la scrittura?
Perché è il mezzo che mi permette di colmare la mia indole creativa. La scrittura mi dona serenità. Si parla sempre di inclinazioni naturali. Nella mia vita ho attraversato diverse fasi: la prima la definirei bucolica. Io ho vissuto un’infanzia felice, accanto ai miei nonni paterni. Mio nonno era un contadino … trascorrevo tutto il periodo estivo con lui in aperta campagna. Mentre lui lavorava duramente, io osservavo l’ambiente che mi circondava e scrivevo. Erano componimenti poetici.
Questo spiega il perché di quegli sguardi malinconici durante il percorso: i ricordi si sono impossessati di lui.
Poi è arrivata la fase delle soap-opera (ride) … sì trascrivevo le telenovele che vedevo in TV con mia nonna. Hai presente no? Quelle con Grecia Colmenares … “Manuela”, “Milagros”, Topazio” … avevo la necessità di riscrivere ciò che vedevo; figurati, non riportavo i dialoghi, riscrivevo proprio l’intera storia. In quel periodo mi dedicai anche alla stesura di testi teatrali. Un teatro, si intende, che era solo mio, assolutamente immaginario. Tra i vari copioni, uno mi è rimasto particolarmente impresso “Anche la bruttezza ha i suoi ammiratori” … era la storia di due donne non particolarmente avvenenti che riuscivano a conquistare degli uomini, vivendo in questo modo il loro sogno d’amore. Ho perso lo script, chissà mia madre dove lo ha messo … magari lo ha buttato (sghignazza). Poi sono arrivato alla fase di scrittura narrativa, quella in cui penso di essermi finalmente stabilizzato.
Ga(y)o è il tuo primo romanzo …
Sì, potrei definirlo la mia prima volta, quella che non si scorda mai (ridiamo). Avevo il bisogno di raccontare una storia che riflettesse il mio modo di percepire l’amore, il sentimento per eccellenza. Lo scrittore Claudio Finelli ha definito Gaio un eroe, un personaggio epico perché riesce a vincere ogni evento avverso che la vita gli pone davanti. Sono molto contento di questa sua interpretazione: il mio intento era proprio quello di parlare di un personaggio omosessuale con un’accezione completamente positiva. Gaio trasforma la sofferenza derivante dalla non accettazione della sua omosessualità da parte della società in energia positiva. Gaio, come Ulisse, è un personaggio che osa sfidare e, così facendo, vive. Il suo amore per Tom, il suo compagno, è la vittoria più bella e giusta che potesse ottenere nella vita.
L’amore, un sentimento che dà e toglie allo stesso tempo. Un punto di arrivo per molti. Una forma di completamento per tanti. Una privazione della propria libertà per alcuni. Di certo, un qualcosa che non si dimentica tanto facilmente. Paolo Ciufici è un uomo in cerca dell’amore, di quello puro, sublime, dissetante. Ci sono tante forme di amore: l’amicizia, la famiglia, gli hobby. E lui, ne sono certo, riesce a innamorarsi in mille e più modi. È uno che vive le emozioni nella sua totalità. Eppure mi chiedo se, nonostante la sua ricerca categorica dell’equilibrio, non perda talvolta la strada maestra …
Quello che colpisce di più in Ga(y)o è la ciclicità degli eventi: incontri che appaiono effimeri, passati, ma che sono invece destinati a ripetersi …
Sono contento che tu abbia colto questo aspetto del romanzo. Io credo fortemente nella ciclicità degli eventi … parlo per esperienza personale: mi è capitato molto spesso di ritrovare persone del passato. Questi incontri sono stati dei nuovi inizi, mi hanno regalato nuovi spunti di riflessione. Io, che sono sempre alla ricerca del senso logico alle cose, do un significato a queste situazioni che mi capitano. È un percorso ancestrale, il mio.
“…In un primo momento quell’accostamento anagrafico mi risultò indifferente, ma, nell’arco di qualche minuto, si materializzò nel pensiero la tessera arancione della biblioteca universitaria frequentata da studente, con quel nome stampato e la fototessera allegata, usata come segnalibro per non essere persa. Marco, il mio Marco, era proprio lui…”
La ciclicità degli eventi è una forma di sicurezza: ciò che è stato è destinato a tornare a noi, a rientrare nella nostra vita, a vivere sotto la nostra pelle. Forse, è una certezza di cui si ha bisogno per andare avanti.
Una figura importante, nella storia, è sicuramente quella di Rachele, la mamma del protagonista. Una donna forte, empatica, che va oltre. Il coming out di Gaio è uno dei momenti più intensi del romanzo. Ti ricordi il tuo coming out?
Su Rachele voglio spendere un po’ di parole: lei rappresenta tante forme di amore. Lei, ancora prima di Gaio, è una vera e propria eroina. È una Dea che dà vita al protagonista della vicenda. Ha combattuto molte battaglie. La prima, contro se stessa, arrivando a non adempiere al ruolo di regina del focolare e di mamma. Ruolo che era imposto alle donne durante l’epoca fascista. Lei decide di vivere il suo essere donna, la sua femminilità. In più, parallelamente a Gaio, lotta contro l’ideologia della settorializzazione delle figure maschili e femminili così ben definite. Contrariamente al marito, lei lascia al figlio la libertà di essere e di vivere le cose secondo la propria indole. Chi ha letto il libro, come te, ha davvero apprezzato il momento del coming out. Gaio racconta a Rachele di Tom. La mamma è da sempre consapevole dell’omosessualità del figlio, ma l’ufficializzazione arriva, finalmente, con la maturità.
“…Le parlavo con i battiti cardiaci accelerati. Tenevo le mani accoppiate per fermare il tremore. I piedi congelati. Le parole rotolavano in valanghe d’emozione e libertà; dal mio cuore zampillava il sentimento incandescente che mi legava a Tom. La mia confidenza si svolgeva con il ritmo di un’eruzione vulcanica naturale, e lei era meravigliata dall’unicità dell’evento, piuttosto che intimorita dalle sue potenziali conseguenze…”
Ritornando alla tua domanda … anche io ho fatto coming out da adulto: avevo trenta anni. In questo sono molto simile a Gaio. Quando ho conosciuto l’amore, ne ho parlato ufficialmente con mia madre. È stato un momento molto intenso perché c’è stato un turbinio di emozioni: c’erano dolcezza e tenerezza, ma anche incredulità, rabbia e sconcerto. Però, vorrei precisare che il momento di rabbia di mia madre fu legato al fatto che lei fosse pienamente consapevole della battaglia che avremmo dovuto portare avanti con la società. Anche lei è una donna tenace, energica.
Si emoziona per un attimo. Smette di parlare. È quel groppo in gola che non ti permette di andare avanti. Il suo sguardo acquisisce nuovi colori. Mantiene un aplomb invidiabile, persino nella malinconia del momento.
Quanto c’è, di Gaio, in Paolo Ciufici?
Molto, inevitabilmente. C’è tanto del mio sentire, del mio vivere. Ma c’è anche un bagaglio di esperienze, emozioni e storie che ho ascoltato da tanti “Gaio”. Questi stati hanno contribuito a costruire la vicenda che ho raccontato e, soprattutto, a comprendere me. Con Ga(y)o ho voluto ringraziare tutte queste persone che ho incontrato durante il mio cammino.
Hai una formazione universitaria di tipo scientifico, eppure c’è questo amore per la scrittura e per la letteratura. Come vivi questo dualismo?
Come dicevo prima, la scrittura nasce un po’ dal bisogno di evadere dall’elemento razionale. La componente scientifica ha il sopravvento quando inveceviene a mancare la mia parte pragmatica. È un equilibrio che deve essere rispettato. È un dualismo vissuto in maniera fisiologica:da una porzione scaturisce l’altra.
Per Ga(y)o ti sei affidato alla Milena edizioni. Come ti sei trovato a collaborare con questa casa editrice?
Conoscevo già questa casa editrice per la particolare attenzione che dedica alle tematiche LGBT. A Moreno Casciello (l’editore, ndr) il romanzo è piaciuto e ha deciso di pubblicarlo. Ho lavorato con lui nel processo di editing. Mi sono trovato benissimo: Moreno mi ha dato numerosi consigli che mi hanno permesso di conoscere meglio il mondo dell’editoria che, per me, era quasi del tutto sconosciuto. La Milena edizioni la definirei eroica: accetta le sfide, le vive e fa di tutto per vincerle. È una realtà assolutamente libera.
Io mi occupo di cinema. Se un giorno ci fosse la possibilità di realizzare un film tratto da Ga(y)o, quali vorresti che fossero gli attori?
Eh, bella domanda … facendo riferimento ai tanti film a tematica LGBT che ho visto e che sono noti al grande pubblico, potrei dirti Luca Argentero e Pierfrancesco Favino di “Saturno contro” per Gaio e Tom, da “giovani” e Ugo Tognazzi e Michel Serrault de “Il vizietto” per i protagonisti in età adulta.
Terminiamo con un piccolo momento marzulliano: fatti una domanda e datti una risposta
“Perché vivo?” “Perché ho tanto da conoscere e da apprendere.”
Sì, la strada da percorrere è una maestra di vita. Si cade, si inciampa, talvolta si perde la rotta. Si cammina veloci o a piccoli passi. E si raggiunge una meta, sempre. Paolo Ciufici è un uomo che viaggia. Con la mente e con il corpo. È alla ricerca di sé, ammassando gli errori commessi e trasformandoli in esperienze. Durante la strada del ritorno, il suo sguardo ritorna, ciclicamente, a perdersi nei ricordi del passato. C’è solo silenzio. Preferisco non interromperlo: in quel momento, sta raggiungendo un suo nuovo equilibrio.
L’equilibrio tra la scrittura e la pragmaticità della scienza: Ga(y)o di Paolo Ciufici, in libreria con la Milena edizioni