Harlan Ellison: omaggio a un oscuro visionario

Organizzavo feste, dissipavo denaro, giravo avanti e indietro come un pazzo, ma ho sempre lavorato. Questo è il motivo per cui posso guardare indietro a quel periodo con piacere e con un sorriso. Ma se non fosse stato per aver scritto, gli anni del mio essere “andato a Hollywood” risiederebbero nella mia memoria oscurati da una sensazione di perdita, coperti dal tempo sprecato, da un terrore di come tutti possiamo facilmente essere fuorviati.

Per me il lavoro ha sempre avuto un effetto terapeutico. Scrivere e fare la doccia mi forniscono la scintilla di discernimento che informa la mia coscienza su cosa diavolo io stia facendo nel mondo reale.

(Harlan Ellison, dalla postfazione al racconto Prova con un coltello smussato)[1]

Il ricordo del mio primo incontro con Harlan Ellison è legato a una produzione hollywoodiana, e al volto di un giovane Bruce Willis non ancora vittima della calvizie. Non ricordo che età avessi, ma restai molto colpito visionando il primo episodio della riedizione anni ’80 della serie Ai confini della realtà, a cominciare dall’originalissimo incipit: Il buon Bruce interpreta un uomo solo che a una festa, complice una certa ubriachezza, telefona per errore al proprio appartamento, e ha la sorpresa di sentire qualcuno rispondergli. Da lì si sviluppa una storia che si può considerare, al pari del celebre William Wilson di Poe, una rilettura moderna del tema del doppio: il confronto tra un uomo e la propria invadente ombra, e su chi dei due ha il diritto di vivere una vita fino a quel momento guidata male. Storia ambientata nella disumanizzante realtà delle metropoli anni ’80, e brillantemente diretta da Wes Craven. Solo molti anni dopo ho avuto occasione di leggere il breve racconto da cui Ellison aveva tratto questa sceneggiatura (Shatterday nel titolo originale sia del racconto che dell’episodio televisivo).

Scomparso lo scorso 28 giugno a 84 anni dopo gravi problemi cardiocircolatori che lo avevano afflitto nell’ultimo decennio, Harlan Ellison deve molta della sua celebrità anche presso i non addetti ai lavori al suo prolifico lavoro come sceneggiatore cinematografico ma soprattutto televisivo, per celebri serie fantascientifiche come Star Trek o Ai confini della realtà, ma anche Alfred Hitchcock presenta. Un ruolo che lo ha imposto nell’immaginario collettivo parallelamente all’attività anche più prolifica di autore di racconti e romanzi, ma anche di saggista e come curatore di antologie che hanno diffuso nuove idee nel panorama della letteratura fantascientifica dagli anni ’60 in poi (inevitabile citare i volumi della serie Dark Visions). Un lavoro portato avanti con continuità dai primi anni ’60, quando si trasferì in California. Era partito dalla nativa Cleveland, Ohio, girovagando da Galveston  a New Orleans alla North Carolina facendo i lavori più disparati, finché la determinazione a vivere di scrittura non lo aveva portato pima  a New York City e poi a Hollywood. Nella mecca del cinema, Ellison realizzerà premiate e celebri sceneggiature(famosissima quella dell’episodio Uccidere per amore della serie Star Trek) collaborando con il grande e piccolo schermo per oltre quarant’anni. Divenendo noto anche per un carattere spesso tacciato come difficile da gestire, e in grado di alienare molte simpatie. Gli aneddoti sulla personalità spigolosa e anticonformista di Ellison sono innumerevoli (dal litigio con un professore che gli costò l’espulsione dall’Università dell’Ohio alle battutacce a sfondo erotico sui personaggi di Walt Disney, che portarono al licenziamento – lampo da parte di Roy Disney in persona), e leggendarie sono le vertenze giudiziarie che lo hanno visto coinvolto (tra cui quella che promosse contro James Cameron accusandolo di avergli plagiato la trama del suo celebre Terminator). Del resto, Ellison al di là dell’abilità narrativa e le brillanti intuizioni merita di essere ricordato e resta attuale anche per essere stato una voce spesso scomoda, fuori dal coro, nel panorama della narrativa speculativa della sua epoca: il fautore di narrazioni non edulcorate, amare fiabe futuribili di un futuro spesso spaventosamente vicino, o di una realtà che appare spesso distorta da visioni perturbanti, quando è piuttosto scrostata della sua patina zuccherina di convenzioni di facciata, per apparire in tutta la sua alienazione e crudeltà.

 “Call me a science fiction writer,” chiamatemi uno scrittore di fantascienza. Così dichiarava in un’intervista televisiva negli anni ’90. In effetti, del pari con la sua attività di sceneggiatore, anche in campo narrativo questo è il genere in cui aveva conseguito i risultati più prestigiosi. Vinse numerose volte premi prestigiosi del settore come il Premio Hugo e il Nebula. Non ho bocca e devo urlare e Pentiti Arlecchino, disse l’uomo del Tic-Tac sono stati entrambi premi Hugo in anni di grande transizione, in cui la fantascienza cercava di rapportarsi dal lato al progresso tecnologico che appariva in grado di rendere obsolete le sue visioni, dall’altro a fenomeni come la controcultura giovanile e la rivoluzione sessuale. Sono entrambe due visioni di un futuro terrificante: Il primo mostra una Apocalisse causata da un computer potentissimo che ha sterminato l’umanità, eccetto un gruppo sparuto di sopravvissuti che si diverte a torturare nei modi più orribili; il secondo è una atroce visione distopica di un futuro dominato da spaventosi contatori del tempo chiamati gli ”uomini del Tic Tac”. Del pari spaventoso è il mondo post atomico di Un ragazzo e il suo cane, racconto da cui fu tratta una sceneggiatura pluripremiata.

Tuttavia Ellison non è stato solo un brillate innovatore della fantascienza, proponendo storie che, con il loro tono spesso angosciante e cupo sembrano anticipare la futura commistione tra fantascienza e splatter, o fantascienza e weird. È stato anche autore di storie del tutto o quasi prive di elementi fantascientifici, ma che sanno essere pessimistiche e lucidamente analitiche anche muovendosi nel campo del fantastico puro, fino a sconfinare nell’orrore più macabro, visionario e angoscioso. Una narrazione d’orrore, si badi bene, mai disgiunta da quei medesimi contenuti di forte satira sociale, di polemica e di allarme che esprimeva nelle sue visioni fantascientifiche. Un percorso che Ellison traccia attraverso soprattutto una serie di racconti brevi, pubblicati tra la metà degli anni ’60 e il decennio successivo, in cui, in parte facendo propri e proseguendo degli spunti riconducibili a quel grande maestro della narrativa speculativa americana del dopoguerra che è stato Fritz Leiber, in parte con degli spunti assolutamente originali, ha cercato di calare il racconto fantastico nel contesto di una società sottoposta a rapidi e tumultuosi mutamenti quale era quella americana dell’epoca.

La vita nelle metropoli moderne, l’abbruttimento e regressione cui viene sottoposto l’essere umano nel contesto urbano, e soprattutto le nuove forme di culto e le divinità che questo modello di vita ha creato: questo alcuni temi del celebre racconto Il guaito dei cani battuti; La strana fauna che, sotto le mentite spoglie di esseri umani, popola le grandi capitali del mondo (il racconto Passi); Se per Fritz Leiber le moderne icone pop simboleggiano nuove incarnazioni della figura del vampiro, Ellison rovescia questa analisi: sono le popstar a essere vampirizzate fino all’estremo e folle limite dai loro adoranti e ossessivi fan, come accade in Prova con un coltello smussato; in altre storie la forte critica di Harlan Ellison alla controcultura giovanile degli anni ’60 non è mascherata da alcun filtro politically correct, come si evince dal terrificante racconto breve Frammenti di un folletto di vetro: L’uso di sostanze psicoattive non è alcun viatico di elevazione spirituale o conoscitiva, ma abbruttisce l’individuo fino a spalancare la porta a spaventose metamorfosi e mostruose apparizioni.

Nel corso della sua vita Ellison è stato più volte premiato, per la sua produzione di narrativa breve nel campo del racconto horror e fantastico, in numerosi premi quali Edgar e Bram Stoker Award. La sua capacità di saper fotografare con violente eppure lucide visioni narrative il nostro presente e di parlarci del futuro che ci attende dietro l’angolo, muovendosi con disinvoltura attraverso i confini tra generi popolari, lo rendono sempre prezioso e attuale.

[1] Pubblicato in Inverno Horror 1992. Vampiri 17 sanguinosi racconti, a cura di Ellen Datlow, collana Horror Mondadori, 1992

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