Gli amanti di Giovanni Comisso tra il cambio di identità e la biografia

di Marco Antonio D’Aiutolo

Scoprivo in lui una intelligenza e una sensibilità che si armonizzavano con la sua perfetta giovinezza, facendo di lui per me come un essere irreale. Entrava nella mia stanza dove scrivevo, con l’estro di una apparizione e lo paragonavo all’angelo giottesco dell’Annunciazione che entra bucando la parete.

Non si poteva non introdurre il presente che con la descrizione di uno degli amanti di Giovanni Comisso, Giulio Pacher, tratta da Le mie stagioni del 1960. Ho già ricordato, parlando di Giorni di guerra (1939), il carattere autobiografico delle opere dello scrittore trevigiano. Alcune sono esplicite esperienze di vita, come Gente di mare (1929), Mio sodalizio con De Pisis (1954), La mia casa in campagna (1958) e, seppur non parlano direttamente di omosessualità, è possibile cogliere l’attenzione alla bellezza maschile e alla sensibilità omosessuale di Comisso. Altri libri invece hanno forma di romanzo, ma dissimulano comunque gli aspetti biografici. Sono Un inganno d’amore (1942), Capriccio e illusione (1947), Gioventù che muore (1949). Non presentano tracce di omosessualità. Tuttavia, il loro tema costante è la solitudine di un personaggio alle soglie della maturità e il suo bisogno d’affetto ricercato in una persona più giovane: come Francesco e Giulia del primo, Mario e Ida del secondo, Adele e Guido del terzo.

Collegati all’autobiografia di Comisso, si coglie la trasfigurazione dei momenti delle sua stessa vita e, come osserva Francesco Gnerre di Eroe Negato, in esse, avviene quel noto stratagemma del cambio di identità sessuale, tipica degli autori omosessuali. Comisso “chiama Giulia o Ida il suo Bruno o il suo Guido, e quando, chiama Guido l’oggetto d’amore, è lui che diventa Adele.” La protagonista donna non cambia niente. L’amore di Adele e Guido è rappresentato attraverso i sensi e le emozioni del personaggio femminile, ma è riconducibile ai sensi e alle emozioni dell’autore.

Ma chi sono Guido, Bruno e De Pisis se non gli amanti di Comisso, come Giulio Pacher? Nell’opera in cui si parla di quest’ultimo, Le mie stagioni, Comisso percorre la sua vita dalla fine della prima guerra mondiale al ’45: l’avventura con i legionari di D’Annunzio a Fiume, la grande influenza che ha su di loro la vita “sovrumana” del Vate abruzzese, la conoscenza di Giulio Keller, personaggio influente e amico di D’Annunzio, l’uso della cocaina. Alla fine dell’impresa, c’è il confronto con l’insofferenza per la famiglia e la piccola città, il desiderio di nuove terre selvagge. Comisso rievoca i viaggi in Italia, Africa, Oriente, le amicizie e quella con Giulio, negli anni Venti, che muore di polmonite a 28 anni, nel 1932. La reazione di Comisso è interessante. Scrive Gnerre: “Sembra volere fuggire gli aspetti più drammatici della vita; li annota per passare subito ad altro.”

E dopo Giulio, c’è infatti Bruno, il nipote del suo vecchio amico Virgilio Gamba. Di lui si dice poco in Le mie stagioni. Per ricostruirne la relazione bisogna iniziare da Gente di mare, una raccolta di racconti autobiografici e, in particolare, dal racconto Gli amici più cari.

Narra l’esperienza del carcere per un piccolo furto di Guido, un sedicenne che stringe amicizie omoerotiche con due ragazzi carcerati, Domenico e Natale. L’autore narra gli incontri fra adolescenti con molta circospezione. Tutto sembra avvenire con leggerezza e semplicità, al punto che Guido, una volta libero, rimpiange in qualche modo la libertà. Gnerre osserva che “Guido è di fatto Bruno, il ragazzo che vive con Comisso negli anni Trenta e che lo scrittore conosce quando è da poco finita la sua esperienza in carcere.Nico Naldini, in Vita di Giovanni Comisso (1985), ricorda proprio la vita nel carcere minorile di Venezia di Bruno, da cui era appena uscito, e che gli ha fatto conoscere “le asprezze degli altri compagni ma anche le loro strane tenerezze.

Se ne parla anche in La mia casa di campagna, un racconto di Comisso con la terra e con la casa in campagna a Zeno Bianco comprata nel 1930 con i soldi guadagnati come corrispondente del Corriere della Sera. In tutta la prima parte, è Bruno il personaggio principale: è un po’ cameriere, un po’ cuoco, un po’ compagno di avventure, un po’ amante. Nel libro si alternano momenti idilliaci con gruppi di ragazzi guidati da Bruno che fanno il bagno nel fiume Zeno e con la casa dello scrittore divenuta un padiglione di piaceri e di divertimenti e momenti di malinconia e dissapori con i contadini che scambiano la generosità dello scrittore per debolezza. Poi Bruno deve partire perché chiamato alle armi e subentra lo scoramento: “Quella partenza di Bruno, che con le sue canzoni e allegrezza mi aveva seguito a ogni istante, segnava una rottura e l’inesorabile passare del tempo.

Di Un inganno d’amore, l’altra opera di Comisso, di cui continua la stesura a Sorrento, è sempre Naldini a riportare un appunto dell’autore, dove si evince come il romanzo sia la trasposizione al femminile dell’episodio di Bruno; a informarci che, a fine anni Trenta, la storia con quest’ultimo è esaurita. “Il ritorno di Bruno e la vita in comune ripresa durante questa vacanza tutta di ‘giorni felici’ non hanno riacceso gli ‘estri allegri’ del ragazzo, non è più ‘il delizioso buffone di una volta’. L’avventura matrimoniale, la ricchezza intravista gli hanno fatto ‘girare la testa’.

Guido, il fuggitivo, è l’altro grande amore di Comisso. Ne Le mie stagioni si possono leggere le più belle pagine d’amore che lo scrittore chiama comunque amicizia. Di lui se ne parla anche in La mia casa di campagna.Non avevo voglia di scrivere, volevo solo vivere e la vita con Guido mi riportava a una giovinezza che credevo perduta, mi affidavo a lui in tutte le nostre disordinate imprese.” Anche qui il loro rapporto è calato in un’atmosfera di reticenza e spesso definito amicizia. “Era simile a un seme, a una foglia, a una nube che l’attimo decide nel loro destino. Non voleva invecchiare e ripeteva di continuo che avrebbe preferito morire a vent’anni. Alla partenza dovevo constatare che la sua giovinezza era totale e che alla sua vicinanza ero stato ringiovanito io pure.

In effetti, Guido, accusato di essere una spia fascista, viene fucilato da un gruppo di partigiani, a soli 21 anni. Gnerre scrive: in Gioventù che muore, la storia di Adele e Guido “ricalca quella di Comisso e Guido ‘il fuggitivo’ anche negli episodi più drammatici del romanzo che sono gli stessi della vita: il carcere di Guido, la sua morte. Ritornano, ampliati e appena romanzati episodi già descritti in Le mie stagioni, anche alcuni particolari. Per fare un esempio, l’episodio… di Guido che raccoglie i bucaneve per portarseli nella morte… ritorna identico nel romanzo.

Ma l’omosessualità più esplicita è rappresentata e nominata in un’altra opera autobiografica, Mio sodalizio con De Pisis, in cui Comisso ripercorre la più grande amicizia del secolo (1919-1952) con il pittore e scrittore ferrarese Luigi Filippo Tibertelli De Pisis, meglio noto come Filippo De Pisis. È con lui che vorrei concludere il mio articolo. De Pisis, racconta Comisso, ha una sessualità particolarissima, che si manifesta pienamente dopo il 1926 a Parigi. Comisso si lascia guidare nella Parigi proibita: qui, si può vivere in “selvaggia e satanica libertà”, qui, una Madame Bijou “ruffianeggiava per ogni amore”, e De Pisis incontra belle creature che gli fanno da modelli e gli apprezzamenti su di loro sono sempre carichi di allusioni. Comisso viene trascinato dall’amico allo stadio per una partita di rugby solo perché “aveva visto su di un giornale la fotografia di uno dei giocatori che era di una straordinaria bellezza […]. Diceva che quei giocatori impantanati risultavano per lui come un bassorilievo greco”. Racconta inoltre che ridono quando restano delusi, dopo aver scoperto che, dietro alla spallina azzurra di un marinaio, tra la folla, c’era un volto rugoso.

Ma fanno anche esperienza dei limiti della libertà parigina: De Pisis è chiamato al commissariato di polizia per spiegare il suo tentativo di invitare un ragazzo troppo giovane a posare. “In questo caso fu abilissimo. Disse: ‘Io sono un pittore e se devo dipingere degli angeli non potrò mai fare posare dei vecchi cardinali’”. Ma il moralismo e il provincialismo con cui il pittore si scontra è in Italia. Nel 1939, nell’imminente guerra, De Pisis vi fa ritorno e vive tra Milano e Venezia. Viene arrestato e condannato al confino dai fascisti. Nel ’45, a liberazione avvenuta, però non viene trattato meglio dai partigiani. E sono significative le parole di Comisso: “L’ordine morale è sempre un debole per tutti i partiti, perché credono con esso di sanare tutto il marcio che ognuno di essi porta congenito. Quei comunisti novellini, che durante la guerra partigiana avevano ammazzato più gente borghese inerme che armati, smaniavano di apparire instauratori di un ordine morale in grande stile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!