Torino 36, il programma: la bellezza di perdersi

Bisogna ammetterlo: quando scriviamo del Torino Film Festival lo facciamo un po’ da appassionati di cinema, un po’ da esperti (forse), per buona parte da tifosi. Ma ogni anno la grande manifestazione cinematografica che si svolge all’ombra della Mole (giunta quest’anno alla sua 36° edizione) e che la nostra rivista seguirà giorno per giorno, dimostra di meritare in pieno questa nostra partigianeria. Infatti, tra anteprime mondiali, omaggi, retrospettive e “prelievi” dai principali festival internazionali (Rotterdam, Berlino, Cannes, Locarno), il programma della kermesse diretta da Emanuela Martini è da sempre una miniera di scoperte e si rivela un vero e proprio godimento, capace di solleticare sia i palati più fini che di soddisfare i gusti del pubblico di bocca buona, che peraltro accoglie sempre con grande piacere l’invito alla partecipazione. Infatti, tra i tanti pregi, il Torino Film Festival è pensato anche, se non soprattutto, per il pubblico che può accedere alle sale con biglietti dal prezzo contenuto o mediante l’acquisto di convenienti abbonamenti.

D’altra parte, i titoli già annunciati avevano già lanciato segnali che spingevano all’ottimismo: Santiago, Italia, il documentario sul Cile di Nanni Moretti (nelle sale italiane dal 6 dicembre), l’omaggio a Ermanno Olmi, scomparso quest’anno, la partecipazione di Pupi Avati (quest’ultimo, Guest Director della manifestazione), le retrospettive complete sulla coppia formata Michael Powell e Emeric Pressburger, e su Jean Eustache, la nuova sezione TFF/doc Apocalisse coordinata da Davide Oberto, il film d’apertura The Front Runner di un ottimo autore come Jason Reitman sono opere che lasciavano presagire un’edizione che, in attesa di vedere i film, sembra avere spiccato un volo ancora più alto, come la Rita Hayworth ritratta nel poster del Festival, e della quale ricorre il centenario della nascita.

Il programma comprende circa 180 pellicole (sì, possiamo ancora questo termine perché nella retrospettiva non mancheranno le consuete proiezioni in 35mm.), tra lungometraggi, mediometraggi e corti, divisi in diciotto sezioni e sottosezioni in cui sarà davvero difficile farsi largo per poter coprire tutto quanto di interessante verrà proposto in quello che si prospetta come un meraviglioso labirinto in cui perdersi sarà un piacere. Tra le opere di sicuro interesse, il fluviale (813 minuti) La Flor del cineasta argentino Mariano Llinás, Pretenders di James Franco, presente anche l’anno scorso con il gustosissimo The Disaster Artist, His Master’s Voice di György Pálfi, la saga dei Templari resuscitati ciechi diretta da Armando de Ossorio negli anni ‘70, High Life di Claire Denis, rifiutato dalla Mostra di Venezia. Inoltre, da segnalare sempre la bellissima sezione “Onde” che quest’anno include, tra gli altri, I Don’t Care If We Go Down in History as Barbarians dell’ottimo cineasta rumeno Radu Jude, Ifigenia in Aulide di Tonino De Bernardi, Galileo’s Thermometer di Teresa Villaverde.

Per quanto riguarda il cinema italiano, oltre alle presenze già citate, ci saranno tra gli altri Ride, l’esordio alla regia di Valerio Mastandrea, Ovunque proteggimi di Bonifacio Angius, l’outsider Luca Ferri con il suo Dulcinea, i nuovi documentati di Daniele Segre e Daniele Gaglianone, l’intrigante The Man Who Stole Banksy di Marco Proserpio. Sarà inoltre possibile vedere, vera e propria chicca per filologi del cinema, Le Psychodrame, un documentario di cinquantatre minuti diretto nel 1956 da Roberto Rossellini, con direttore della fotografia un giovane Claude Lelouche. L’opera era rimasta nascosta per decenni nell’archivio dell’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi ed è stata ritrovata e restaurata avendo la sua prima proiezione ufficiale lo scorso marzo alla Cinémathèque della capitale francese.

 

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