Khorakhanè, una canzone di De André dedicata a De André
Nella data del ventennale della scomparsa di Fabrizio De André, Rivista Milena ha voluto rendere omaggio alla figura dell’autore genovese. Nell’occasione, però, questo editoriale non cercherà di farlo sottoponendo ai nostri Lettori qualcosa che, sia pur nel più attento e sentito dei tentativi, sondi la musica, i testi, la letteratura del cantautore ligure. Tanto, e giustamente, è stato scritto. E ancora altro deve essere scritto e deve essere detto.
Si sceglierà qui, diversamente, di sollecitare l’attenzione di chi leggerà questo articolo attraverso la maniera più semplice e, ad avviso di chi scrive, più discreta e rispettosa. Una canzone, scelta tra le tante, tantissime, che meriterebbero questa e ben altre attenzioni, a significato simbolico di un momento. Il momento è quello che ormai da diversi anni viviamo in maniera così disorientata, tra pigre e disarmanti assuefazioni e azzardi talvolta maldestri e spietati. Ed è quello degli uomini in fuga dalle peggiori paure e dalle più disperate necessità. Dell’uomo che corre da altri uomini senza sapere se sarà accolto e compreso. Quello di uomini che sfuggendo da uomini si rifugiano presso altri uomini. Un’umanità alla stregua dell’umanità. La canzone, invece, è Khorakhanè “A forza di essere vento”, raccolta nell’album Anime salve, uscito nel 1996 e scritto da “Faber” insieme a Ivano Fossati.
I Khorakhanè sono rom musulmani di origine serbo-montebegrina. Il significato di questa parola è approssimabile a qualcosa che si avvicina ad “Amanti del Corano” o “Lettori del Corano”. Khorakhané “A forza di essere vento” comprende pure un’appendice in chiusura cantata da Dori Ghezzi che nel brano originale interpreta una poesia in lingua romanès tradotta da Giorgio Bezzecchi, rom harvato.
Khorakhanè è una canzone che riguarda tutto quanto stenta prima di tutto a farsi riconoscere, ben oltre le cittadinanze, le etnie, le appartenenze, le tradizioni e la storia. Riportiamo qui il testo del brano, senza aggiungere ulteriori commenti.
Khorakhanè, una canzone di Fabrizio De André, che dedichiamo a Fabrizio De André
Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento
Porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane
Per un solo dolcissimo umore del sangue
per la stessa ragione del viaggio viaggiare
Il cuore rallenta e la testa cammina
in un buio di giostre in disuso
Qualche rom si è fermato italiano
come un rame a imbrunire su un muro
saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura
Nei sentieri costretti in un palmo di mano
i segreti che fanno paura
finché un uomo ti incontra e non si riconosce
e ogni terra si accende e si arrende la pace
I figli cadevano dal calendario
Yugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via
E poi Mirka a San Giorgio di maggio
tra le fiamme dei fiori a ridere a bere
e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi
e dagli occhi cadere
Ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
E se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
Lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio
Čvava sero po tute
i kerava
jek sano ot mori
i taha jek jak kon kašta
vašu ti baro nebo
avi ker.
Kon ovla so mutavla
kon ovla
ovla kon aščovi
me ğava palan ladi
me ğava
palan bura ot croiuti.
(Poserò la testa sulla tua spalla
e farò
un sogno di mare
e domani un fuoco di legna
perché l’aria azzurra
diventi casa
chi sarà a raccontare
chi sarà
sarà chi rimane
io seguirò questo migrare
seguirò
questa corrente di ali.)