Brasile – Minas Gerais, crolla una diga della società Vale. Decine di vittime e centinaia di dispersi per una tragedia annunciata

Poco più di tre anni dopo, in Brasile, nello Stato del Minas Gerais si è ripetuta una tragedia, avvenuta nella località di Mariana, che già nel novembre del 2015 era stata classificata come il più grande disastro ambientale nella storia del Brasile. Un numero non ancora precisato di vittime (al momento i morti sono 58, per un bilancio che purtroppo è ancora molto provvisorio) e oltre 300 dispersi a causa di un’inondazione causata dal crollo della diga Mina Córrego do Feijão (servizio della BBC), a Brumadinho (nel pomeriggio di venerdì 25 gennaio), località non molto distante da Belo Horizonte. Flávio Godinho, coordinatore della Protezione civile locale, ha fornito alcuni dati sui primi soccorsi: 192 persone estratte vive, mentre sarebbero ancora in corso le ricerche di un autobus con molti passeggeri a bordo.

Il versamento di circa 13 milioni metri cubi d’acqua contaminata e di rifiuti minerari tossici ha invaso un’area molto vasta comprensiva di un villaggio e di una vasta area di vegetazione. Il complesso in cui lavoravano gli operai e i dipendenti della società mineraria Vale è stato quasi totalmente sepolto dal fango e dai detriti. Le forti precipitazioni cadute nell’area interessata non hanno facilitato gli interventi dei soccorritori.

Amarezza, rabbia e sdegno hanno accompagnato le reazioni di tutte le organizzazioni che da anni avevano chiesto di monitorare con urgenza e attenzione l’intero complesso gestito dalla grande multinazionale leader nell’estrazione e nell’importazione del ferro. Secondo le denunce e le testimonianze degli abitanti dell’area coinvolta dall’incidente, la diga non era stata sottoposta a manutenzione (la Vale, invece, pare sostenere il contrario), nonostante la fondatezza, più volte sollecitata da parte di associazioni e organizzazioni, della necessità. Si tratta, quindi, di un disastro che probabilmente sarebbe stato evitabile, come sottolineato da più direzioni.

Rodrigo Peret, in qualità di rappresentante delle organizzazioni religiose che si occupano della sensibilizzazione intorno alle violazioni commesse dalle aziende minerarie, recatosi sul luogo del disastro, ha espresso molto chiaramente la gravità non soltanto dell’inondazione causata dal crollo della diga, ma quella dell’incuria e della responsabilità della Vale e delle autorità che avrebbero dovuto provvedere agli obblighi di manutenzione, nonché, ovviamente, l’impunità di cui godono certe multinazionali: “Il complesso in cui lavoravano funzionari e terziari della Vale era stato costruito sotto la diga, in totale disprezzo della sicurezza dei lavoratori (pare che molti di questi erano a pranzo nel refettorio del complesso ndr). Questo dimostra subito quanto sia ignorato il valore della vita umana rispetto a quello di determinati interessi intorno agli affari dell’industria mineraria. Dopo i gravi fatti avvenuti a Mariana, invece di aumentare la vigilanza, invece di rendere più rigorosi e frequenti i controlli, il livello di guardia si è ulteriormente abbassato, a causa della forte flessibilità di gestione del personale di lavoro che facilita i licenziamenti e il monopolio politico da parte di queste multinazionali. I risultati, poi, sono quelli a cui siamo costretti ad assistere.”

Foto di Rodrigo Peret

Intanto, il tribunale del Minas Gerais ha ordinato il blocco di circa 265 milioni di dollari nei conti della Vale. Greenpeace Brasile, invece, ha definito questa nuova catastrofe un grave “crimine ambientale”, affermando che “La rottura della diga di Brumadinho è una triste conseguenza delle lezioni non imparate dal governo brasiliano e dalle compagnie minerarie. Questi non sono incidenti, ma reati ambientali che devono essere sottoposti alle dovute indagini, devono essere puniti e a cui devono seguire le giuste riparazioni.”

Fa da eco anche l’Arcidiocesi di Belo Horizonte, che cita il Vangelo di Marco: “Un abominio della desolazione”. E inoltre: “Un danno umano e socio-ambientale irreparabili che puntano a sottoporci un’urgenza già così evidente: è necessario ripensare modelli di sviluppo che non trascurino il rispetto della natura e i parametri della sostenibilità. Un disastro, quello del Brumadinho, che paradossalmente si è verificato nei giorni in cui nella nostra agenda erano previsti proprio questi argomenti. La giustizia può essere fatta soltanto se si evitano le superficialità che generano le responsabilità”. E Don Joaquim Mol, vescovo ausiliare, ha dichiarato: “Non si tratta di un incidente, ma di un crimine ambientale e collettivo”.

Il MAB (Movimento dos Atingidos por Barragens), un’associazione che si occupa delle aree colpite dai danni per i crolli delle dighe, ha riunito un comitato di lavoro composto da rappresentanti delle istituzioni, della Chiesa e dei movimenti sociali. “Dobbiamo fare in modo che l’esperienza di Mariana, rispetto agli scarsi provvedimenti adottati, si ripeta anche per questa tragedia”, ha dichiarato Jose Andreoli, rappresentante del Coordinamento nazionale del MAB. Rodrigo Peret, invece, ha aggiunto che “Chi ha costruito una mensa e un centro amministrativo sotto una diga, non può essere autorizzato a coordinare e a effettuare lavori di controllo e di registrazione”.

La Vale era già stata coinvolta nel disastro del 2015, quando, a Mariana, sempre nello Stato mineiro, il crollo della diga aveva ucciso 19 persone e aveva contaminato il rio Doce, un fiume che sfocia nell’Oceano. La nuova inondazione, invece, ha coinvolto il fiume San Francesco, tra i più grandi e importanti di tutta l’America Latina. Lo Stato del Minas Gerais prende il suo nome proprio dal fatto che quella mineira è una regione ricca di risorse minerarie. Storicamente, la regione che ha come “capoluogo” Belo Horizone è celebre per le sue storie intorno all’estrazione dell’oro, del ferro e di altre materie minerali. A queste storie, alcune delle quali egualmente drammatiche, se ne aggiunge un’altra che, a quanto pare, è destinata a segnare un momento di rara gravità.

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