“La paranza dei bambini” di Claudio Giovannesi: Nicola e gli altri

Risultati immagini per paranza dei bambiniNapoli 2018. Sei quindicenni – Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò – vogliono fare soldi, comprare vestiti firmati e motorini nuovi. Giocano con le armi e corrono in scooter alla conquista del potere nel Rione Sanità. Con l’illusione di portare giustizia nel quartiere inseguono il bene attraverso il male. Sono come fratelli, non temono il carcere né la morte, e sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Nell’incoscienza della loro età vivono in guerra, e la vita criminale li porterà a una scelta irreversibile: il sacrificio dell’amore e dell’amicizia [sinossi].

Risultati immagini per paranza dei bambiniParlando del La paranza dei bambini, tratto dal romanzo di Roberto Saviano, e sceneggiato dallo scrittore insieme a Maurizio Braucci e al regista Claudio Giovannesi, gli autori si sono premuniti di fornire una loro lettura del film invitando gli spettatori a non tener conto dell’ambientazione napoletana ma a considerarlo una storia di perdita d’innocenza, valida più o meno in qualsiasi parte del mondo. Questa dichiarazione d’intenti appare subito una excusatio non petita in quanto il massiccio utilizzo del dialetto, il riferimento a luoghi ben noti come il quartiere Sanità o i Quartieri Spagnoli, l’incendio dell’albero di Natale che apre il film, che altro non è che la celebrazione del “fucarazzo di Sant’Antonio”, rito apotropaico che si svolge a gennaio nel capoluogo partenopeo e la cui origine risale alla notte dei tempi, ci portano subito nella realtà: siamo a Napoli. Ed è una Napoli popolare, non certo quella da cartolina che invece il film tiene sempre sapientemente fuori campo (molto bella come sempre la fotografia di Daniele Ciprì), quella impregnata di disperata vitalità, di un’energia vibrante ma spesso male incanalata, quella della lotta per la supremazia e il comando, quella della presa del potere attraverso la forza: l’albero è infatti conteso tra due bande di giovinastri e diventa immagine efficace dei successivi scontri per il controllo del territorio che verranno presentati nel corso della vicenda.

Risultati immagini per paranza dei bambiniPoco dopo vediamo la madre-bambina di Nicola, interpretata da Valentina Vannino, già protagonista del bellissimo L’intrusa di Leonardo Di Costanzo, pagare il “pizzo” a due giovanissimi estorsori, e a quel punto sarà ancora più difficile immaginare che quel territorio possa essere interscambiabile con il Brasile o Parigi. Nicola è uno dei sei ragazzi di quella che di lì a poco diventerà la paranza del titolo, un gruppo armato che tenne sotto scacco il quartiere di Forcella (non della Sanità sebbene lo spostamento “geografico” sia del tutto irrilevante) e le cui scorribande furono poi interrotte dagli arresti eseguiti dalla polizia nell’estate 2015. Fin dall’inizio, dunque, poco o nulla sembra distinguere quest’opera da altre precedenti ambientate nel capoluogo campano, e viene subito il sospetto, che purtroppo il resto della visione non riuscirà a dissipare, che questa paranza dei bambini si metta semplicemente al rimorchio del collaudatissimo format “gomorresco”. Certo, è una Gomorra con molta meno azione e dove la violenza, in ossequio alla sobrietà estetica del regista, è ridotta al minimo sindacale ma dove tuttavia non mancano rimandi all’ottimo film di Matteo Garrone, in particolare all’episodio che vede protagonisti i giovanissimi Marco e “Pisellino”, con l’ormai celebre sequenza dei corpi seminudi che si allenano con il kalashnikov al grido “Il mondo è mio”, mutuato dallo Scarface di Brian De Palma.

Risultati immagini per paranza dei bambiniNessuna particolare novità dunque nell’ambientazione così come non nuova è la scelta di narrare una storia che metta al centro l’adolescenza: tra gli esempi più illustri che si possono citare va ricordato il grezzo ma ottimo e sincero Vito e gli altri di Antonio Capuano che risale addirittura al 1991, oppure il bellissimo e dolente Certi bambini (2004) di Andrea e Antonio Frazzi, tratto da un romanzo di Diego De Silva o ancora, in tempi più recenti, il doloroso documentario Robinù, diretto nel 2016 da Michele Santoro, dove i giovanissimi protagonisti raccontavano davanti alla macchina da presa le loro terribili storie con disarmante sincerità.

Risultati immagini per paranza dei bambiniSia chiaro: non è necessariamente un male sfruttare un genere cinematografico che funziona, e chi si scandalizza non fa che mettere in evidenza la scarsa maturità di un Paese che non sembra in grado di operare la giusta e doverosa distinzione tra “realtà” e “rappresentazione”. Ma, al di là delle considerazioni morali che riguardano la sfera personale di ciascuno di noi, il problema de La paranza dei bambini è anche e soprattutto di natura squisitamente cinematografica, soprattutto per quanto riguarda la sceneggiatura, che pure ha ricevuto l’Orso d’argento alla Berlinale qualche giorno fa e che Saviano ha dedicato alle vituperate Ong che salvano le vite in mare. In particolare, a lasciare perplessi è l’evoluzione del protagonista (Francesco Di Napoli, bravissimo come tutti gli altri ragazzi, selezionati dal regista dopo un lunghissimo casting), la quale viene raccontata in maniera troppo rapida e meccanica, con una successione pressoché infinita di cause ed effetti, troppo frettolosa perfino per le regole di quel mondo. O forse, proprio in virtù delle regole spietate di quel mondo, che avrebbe meritato maggiore approfondimento.

Certo, il fenomeno della cosiddetta “paranza” avviene in un momento particolare per i clan camorristici, in un periodo in cui i continui arresti generavano spesso azzeramenti di intere “famiglie” malavitose e conseguenti vuoti di potere, ma il ritmo frenetico delle sequenze del film sorvola con troppa disinvoltura su fenomeni che restano complessi e su cui lo script opera una sintesi e una semplificazione che appaiono oltremodo eccessive. È evidente, e persino dichiarata, l’intenzione di Giovannesi di mettere la sordina alla dimensione sociologica per dare maggiore risalto all’aspetto esistenziale, alle vite perdute dei protagonisti, al loro desiderio di acquisire il potere attraverso il denaro e l’ottenimento di beni materiali. Ma anche su questo fronte, con la continua insistenza su orologi, abiti firmati, motociclette e mobili e complementi d’arredo dal gusto pacchiano, il film finisce per essere didascalico e scadere nella ripetizione, sebbene non manchi qualche sequenza riuscita e di grande densità emotiva, come quella che precede l’escalation finale e il cui contenuto ovviamente non anticipiamo.

Purtroppo si tratta di frammenti di un disegno che appare nel complesso discontinuo e poco convincente e in cui è difficile abbandonare il sospetto di trovarsi davanti a qualcosa che appare in massima parte, sin dal suo concepimento, un’operazione commerciale studiata (peraltro molto bene) a tavolino e che rischia perciò di risultare politicamente ambigua.

 

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