Multiple journeys from white void – Può un horror essere un Evilma?
di Gouthama Siddarthan
La speculative fiction ha, negli ultimi tempi, attinto dal mondo della scrittura che ne è fortemente affascinato. Ma c’è un grande pericolo che questo fascino cada nel solco del thriller legale di carattere popolare. Il pericolo e il rischio è quello di attenuare l’alta serietà di questo genere. Perché, alla base della narrativa speculativa, c’è un thriller popolare anche di qualità che è stato sfruttato fino alla nausea dal cinema mainstream e dal genere pulp fino al punto di creare una letteratura “da poco prezzo”. Questo, penso, vale per tutte le lingue.
Questa tendenza di terz’ordine a mettere in scena momenti di orrore attraverso i media del cinema e della letteratura e quindi a causare brividi lungo la spina dorsale del pubblico ha creato una mentalità intrisa di ogni genere di terrore e orrore stereotipati. È solo quando si percepisce la differenza tra le scene concrete e le sensazioni astratte che suscitano nelle menti degli spettatori che è possibile comprendere la distinzione tra arte sublime e tendenza commerciale. L’ideale è che le scene di un film dell’orrore siano create, penetrando in profondità nelle più alte sensibilità artistiche. Un film non è solo una fantasmagoria di scene su scene che si aprono pian piano; i momentanei e transitori sentimenti di panico che suscitano non sono quelli del vero orrore; sono il tipo di spazzatura economica di terz’ordine che crea solo momenti di istillazione o illusione.
Generalmente, i film dell’orrore non sono misurati rispetto alla pietra di paragone del film d’arte mondiale. I critici, in linea di massima, classificano i film horror come secondari o marginali. Ma questa prospettiva generale alla moda è stata fatta a pezzi dal regista messicano Guillermo del Toro che ha trasformato l’estetica dell’orrore in una grande arte. Provo una fascinazione per del Toro che ha dichiarato: “Piuttosto che terrorizzare gli spettatori, il mio film si propone di proporre orrore al suo meglio dal punto di vista estetico”, e il cui recente lavoro, The Shape of Water, prende rappresenta il culmine nella sua filosofia di celluloide. Allo stesso modo, il film di Werner Herzog Nosferatu the Vampyre, basato sulla storia di Dracula di Bram Stoker, è un film horror di altissimi standard mondiali. Klaus Kinski, che ha recitato nel film, ha risucchiato il sangue della critica, rompendo il mito che avevano creato che i film dell’orrore non sono film d’arte. Altrettanto importante è il film del regista giapponese Masaki Kobayashi, Kwaidan, basato sui racconti popolari giapponesi.
Generalmente, i film horror standard traggono il loro sostentamento dai folklore dei rispettivi paesi. I film di Hollywood che non hanno un tale background si abbassano al livello medio del comune genere horror popolare. Questa prospettiva dell’orrore per il suo aspetto estetico può essere applicata anche al mondo delle lettere. Da Dracula di Bram Stoker alla collezione di racconti popolari italiani di Italo Calvino, questa prospettiva può essere applicata e studiata. In Fantastic Tales di Calvino, in The Dream di Ivan Turgenev, si raggiunge lo zenith dell’horror artistico.
Veniamo ora alle nostre storie popolari Tamil! Hanno il potere di agitare il sangue mille volte più tremendo e affascinante dell’archetipo di Dracula. Per esempio, prestate orecchio alla nostra storia di Pangachi che ruota attorno a uno spirito piccante e peculiare.
L’antica storia si svolge come segue:
Quando una ragazza raggiunge la pubertà, un liquido aromatico chiamato kanthima scorre fuori dai suoi genitali; per aspirare il liquido odoroso, Pangachi attira le donzelle, le prosciuga dal liquido vitale e, alla fine, le ragazze muoiono, completamente prosciugate e depresse.
La fanciulla è dotata di quel liquido gradevolmente profumato solo per sette giorni dopo aver raggiunto la pubertà, che non può essere goduta dagli umani, ma solo da Pangachi. Questo è un liquido dall’aroma raro, che ha il potere di allettare e schiavizzare qualsiasi ragazza chi gli capita di annusarlo, se un uomo cosparge il proprio corpo con esso e si avvicina a lei. Un mago, che viene a conoscenza di questo, manda Pangachi a succhiare e portare ciò che è tradizionalmente noto come kanthima. Come l’eroina nella trama ostacola questo piano e sfugge alle trappole, uccidendo e seppellendo il sinistro Pangachi nei i propri genitali rendono la storia una lettura interessante. I nodi dell’orrore potentemente evocati con parole misteriose e ipnotizzanti possono sminuire anche la più stimolante storia, Profumo scritta dallo scrittore tedesco Patrick Süskind. Questa è la mia valutazione basata sulla verità.
Edgar Allen Poe, padre della letteratura horror che ha dato uno statuto letterario e artistico a questo genere, ha suscitato in me un potente senso di panico diverso da quello evocato da qualsiasi altro. Nei suoi scritti, nessun fantasma, nessun goblin si pavoneggia, spargendo trecce scure di capelli in giro. Eppure il senso di orrore che permea i suoi scritti manda brividi lungo la spina dorsale dei lettori. Allo stesso modo, dal mio punto di vista, il cortometraggio di Carlos Fuentes, The Doll Queen, in un certo senso, appartiene al genere horror letterario. (In effetti, devo ancora leggere il suo romanzo, “Vlad”). Allo stesso modo, le storie di Guy de Maupassant come The Horla possono essere classificate come materiale horror soprannaturale; l’atmosfera oscura, il tumulto interiore, le emozioni prepotrenti dell’eroe vengono catturate in uno stile ultraterreno marchiato da critici come Lovecraft come ineguagliabili. (A proposito, Horla è un portmanteau francese di ‘hors’ e ‘la’ che significa ‘al di fuori’).
L’origine delle storie dell’orrore può essere fatta risalire a Frankenstein or The Modern Prometheus di Mary Shelley, pubblicato nel 1818. La creatura orribile e sapiente creata in un esperimento scientifico non ortodosso, negli anni divenne un archetipo o mito dell’orrore. Tenendo conto del commento dello scrittore fantascientifico Brian Aldiss, che il romanzo dovrebbe essere considerato il punto di partenza della letteratura dell’orrore, possiamo renderci conto che gli scritti di questo genere hanno diverse dimensioni. In questo contesto, possiamo ricordare il romanzo horror moderno, Frankenstein in Baghdad scritto da Ahmed Saadawi, che ha vinto il premio internazionale per la letteratura araba nel 2014. La storia di Ahmed Saadawi è altamente sanguinolenta, nel senso che narra di come una strana creatura mostruosa sia ricavata dalla collezione di corpi mutilati disseminati nelle strade di Baghdad durante la violentissima guerra civile del 2005.
Nella nostra lingua Tamil, il traduttore di Frankenstein di Mary Shelley e celebre scrittore è Pudumaipithan, i cui scritti horror sono pari a quelli di Poe per scala e calibro. La sua breve fiction Kanchanai rappresenta il culmine nel genere dell’orrore estetico. Gli scritti di Dino Buzzati, il cui romanzo del 1960 Il Grande Ritratto è ancora considerato il primo romanzo serio della fantascienza italiana, hanno natura speculativa. Il suo romanzo è celebrato come il migliore nella letteratura gotica. Ma, sfortunatamente, i successivi scrittori di orrore hanno soffocato la vitalità del genere, distribuendo solo immondizia in nome delle storie dell’orrore.
È una tragedia letteraria che questi litigiosi orrori economici con un peso e una lobby globali abbiano prodotto spazzatura e l’abbiano presentata davanti ai lettori del mondo, affermando che sono lo standard. È così che l’identità del Tamil, immerso in un mercato di terz’ordine,viene costruita nell’arena del mondo, come avvenne sotto l’influenza della tendenza globale. Questo tipo di tragedia è simile a quello shakespeariano. È una tragedia che prende i toni di ciò che nasce dagli omicidi senza fine commessi per fame di potere.
Gli spiriti che si contendono nello spettacolo Vaanasuran nel folclore del nostro teatro di strada sono più orribili delle streghe di Macbeth. Vaanasuran è così chiamato in quanto è capace di trasformarsi in un fantasma e volare nei cieli. È strano che gli artisti di Vaanauran sembrino posseduti. In particolare, l’attore che interpreta il ruolo del Vaasauran invocherebbe tutti i tipi di spiriti malvagi come kooli, kulli, goblin e folletti della magia nera. Con quanta maestosità urla a squarciagola e riunisce tutti gli esseri sovrannaturali del mondo sotterraneo nella sua lotta contro Arjun, il personaggio mitologico. Qualcosa oltre la pallida immaginazione umana! Tutti gli attori che indossano le vesti delle creature dell’orrore sembrano essere nelle loro stesse scarpe, apparentemente in preda a qualche potere soprannaturale e misterioso. L’attore che recita la parte di Arjun, mentre si imbatte negli invincibili koolis (demoni), oscilla e agita il suo intero corpo come in un fervore divino. Gli spiriti dei suoi antenati, che discendono nel suo essere, faranno sì che tutti i fantasmi vomitino sangue. L’esperienza estetica che questo fenomeno trasmette è incomparabile e ineguagliata nella letteratura mondiale.
Tali rituali degli spiriti degli antenati che lentamente trovano la loro strada nella loro progenie sono parte integrante della tradizione africana aborigena con cui i Tamil hanno un’affinità, che evoca l’orrore al suo meglio, passando per certe antiche cerimonie popolari tamil. La sindrome dell’essere posseduto è l’ordito e la trama delle tradizioni in diverse lingue classiche. Qui vale la pena confrontare uno degli antichi rituali Tamil risalenti a quello che è noto come Era Sangam – velanveriyaatu – una cerimonia divina che ha tutti gli ingredienti di un horror, con la rinomata danza ritualistica degli aborigeni colombiani conosciuta come Danza de los Voladores. Questo rituale significativo di venerazione degli aborigeni è stato eseguito con l’intenzione di portare prosperità sulla terra e porre fine alla siccità. I ricercatori ritengono che questo rituale nel corso degli anni si estinse a causa della colonizzazione spagnola e delle conversioni locali. La cerimonia di ballo, che incantava gli spettatori, era diventata solo un evento organizzato nelle chiese cattoliche e durante le feste dei santi.
Nel 2015, in memoria della famosa pittrice e femminista messicana Frida Kahlo, questa danza è stata eseguita a Londra. Per invocare lo spirito di Frida Kahlo nei corpi di quattro donne, l’evento è stato chiamato Le quattro Frida, con connotazioni moderne. Il merito andò alla Royal Artillery Barracks che aveva trasformato l’evento in una finzione speculativa, dando una dimensione postmodernista al vecchio rituale tradizionale.
Così, ogni clan possiede una letteratura dell’orrore sotto forma di spiriti degli antenati che discendono nei corpi dei loro discendenti. Velanveriyaatu si riferisce alla cerimonia, in cui una ragazza innamorata, scambiata dalla madre per posseduta, viene esorcizzata da un prete che invoca i nomi divini di Lord Muruga. (Velan significa il dio indù Lord Muruga e veriyaatu una cerimonia di frenesia e fervore). La letteratura Tamil Sangam abbonda di poesia romantica, avendo questo come uno dei suoi elementi essenziali.
La Danza de los Voladores (spagnolo) che significa “danza dei volatori” è una cerimonia secolare tuttora in voga in alcune parti del Messico, che si dice venisse eseguita come una profonda preghiera agli Dei, per porre fine alla siccità prevalente e far piovere i loro misericordia sotto forma di piogge. Come i rituali religiosi yoruba riconquistati dallo scrittore premio Nobel nigeriano Wole Soyinka nei suoi scritti, anche nella mia tradizione nativa, c’è una cerimonia in cui il caroello di Saathaavu rimasto nelle pietre usate per la predizione e conosciute come Muthezh viene strappato e depositato nella coscia cava incisa con un coltello per lo scopo. Asserisco con una nota di orgoglio che provengo dalla tradizione antidiluviana. Ho ancora in mio possesso le otto pietre conosciute come Muthezh che possono reggere il confronto con Opon Ifá, un vassoio divinatorio, rianimato e reso popolare da Wole Soyinka.
Nelle nostre cerimonie tradizionali, uno strumento musicale popolare chiamato “udukkai” in tamil è usato per evocare una miriade di sentimenti, misteriosi e mesmerici, nelle menti degli ascoltatori; le sue note soprannaturali sono indescrivibili. Mentre penso ai modi in cui posso dare un ritratto a penna della magia musicale degli ‘udukkai’, in un lampo istantaneo nella mia mente un articolo scritto dalla scrittrice americana Margot Singer, Può un romanzo essere una fuga?, pubblicato su The Paris Review.
“Se la poesia fosse un tipo di musica, mi chiedevo, un romanzo potrebbe essere una fuga?” Dice. Vorrei citarla come segue:
“In effetti, la terminologia della fuga suggerisce esplicitamente una narrazione: il tema principale della fuga è chiamato soggetto, le singole parti sono voci, una forma alterata del soggetto presenta una risposta, e così via. Originariamente una forma musicale, le prime fughe hanno disegnato la canzone, un tipo di poesia o canzone lirica italiana: se la poesia fosse una specie di musica, mi chiedevo, un romanzo potrebbe essere una fuga?”
La parola “fuga” è strana in quanto è legata alla mente e alla musica. Questo può essere definito come per lessici come segue: È una “composizione contrappuntistica in cui una breve melodia o frase (il soggetto) viene introdotta da una parte e successivamente ripresa dagli altri e sviluppata intrecciando le parti”. Significa anche “una perdita di consapevolezza della propria identità, spesso associata alla fuga dal proprio ambiente abituale, associato a certe forme di isteria e di epilessia”.
Formando i suoi personaggi sotto forma di fuga con diversi sensi metaforici, il romanzo d’esordio della Singer Underground Fugue esplora le possibilità letterarie di trasformare la narrativa in una fuga.
Ora, torniamo ai nostri indigeni udukkai!
La nostra letteratura horror è nata dal sovrannaturale misticismo estetico delle note musicali di udukkai, mesmeriche e misteriose, che hanno elementi paranoidi. Il nostro antico mistico Lord Rudra fa parte del nostro folklore, e suona questo ‘udukaai’, un mito musicale della nostra antica tradizione dei clan, spalmando il suo fisico robusto e affascinante con le ceneri rimaste nel cimitero, esibendosi spontaneamente una danza celestiale in mezzo a orde di gli spiriti, trasformando lo scenario in uno magico irto di note inebrianti, ed evocando un sentimento di orrore suscitato da grandi scritti che risvegliano i sentimenti più profondi.
Il mitico udukkai ha quattro tipi di talas: il primo chiamato kaaliyayi eseguito davanti al tempio della dea Kali. È una forma musicale suonata mentre si cantano canzoni popolari che suonano come inni alle divinità piccole e grandi. Il secondo tala è chiamato arugori, suonato durante i panegirici canori agli antenati, celebrando il loro valore e coraggio. Il terzo è definito come “naïli” usato come”calmante”durante gli esercizi. Questa composizione musicale è un flusso unico che scorre negli stati d’animo a seconda delle circostanze. Ma tra tutti i talas, il più essenziale è chiamato peyaachi o evilma, e viene utilizzato principalmente nell’esorcismo. Questo tala è l’anima degli udukkai. Interpretato principalmente nel cuore della mezzanotte, il tala “malefico” è altamente oscurantista, cambiando tono e tenore con il cambiamento dei prahar della notte. Eseguito sullo sfondo della notte oscura e minacciosa, questo tala assume i colori di un mistero, evocando sentimenti di orrore e paura che riempiono l’atmosfera di cenere.
Sono queste note musicali del nostro folklore Tamil risalenti a migliaia di anni fa, che hanno separato la nostra lingua, nella musica mondiale e nella letteratura globale.
La domanda che turbinava nella mente di Margot Singer prende una forma diversa nella mia mente:
“Può un orrore diventare un evilma?”
Traduzione a cura di Davide Mana
Immagine di copertina da www.kickstarter.com
Gouthama Siddarthan è un noto poeta moderno, scrittore di racconti, saggista e critico letterario in Tamil, che è un nome illustre nel circolo neo-letterario tamil. Ci sono 15 libri scritti e pubblicati, che includono una serie di storie e di saggi. Una rivista letteraria tamil intitolata “UNNATHAM” viene pubblicata sotto la sua direzione. Si concentra sulla letteratura mondiale moderna. Dieci libri scritti da lui sono stati pubblicati in otto lingue del mondo (tamil, inglese, spagnolo, tedesco, bulgaro, portoghese, italiano e cinese) nell’ arco di un mese ..
Davide Mana è un noto narratore di fantascienza, scrittore e editor di fantascienza speculativa, docente, game designer e traduttore, che ha tradotto le edizioni italiane di “Central Station” del famoso scrittore internazionale Lavie Tidhar. I suoi scritti sono presenti in diverse antologie di narrativa e manuali di gioco.
Testo originale
Can a Horror Be an Evilma?
by Gouthama Siddarthan
Speculative fiction has, of late, been catching up in the world of writing which is highly enamoured of it. But there is a great danger of this fascination falling into the groove of popular legal thriller. The danger bristles with the risky possibility of toning down the high seriousness of this genre. For, underlying the speculative fiction writing is a popular thriller quality which has been exploited ad nauseam by the mainstream cinema and pulp fiction genre to the point of creating a cheap literature. This holds good for all languages, I think.
This third-rate trend of unfolding scenes of horror through the media of cinema and literature and thereby sending shivers down the spine of the audience has created a mindset steeped in all kinds of stereotypical terror and horror. It is only when one perceives the difference between the concrete scenes and the abstract feelings that they arouse in the minds of the onlookers that he can understand the distinction between sublime art and cheap trend.
What is ideal is that scenes in a horror film are crafted, penetrating deep into the higher artistic sensibilities. A film is not just a phantasmagoria of scenes after scenes flatly unfolding; the momentary and transient feelings of panic that they arouse are not those of real horror; they are the kind of third-rate cheap trash creating just moments of titillation or illusion.
Generally, horror films are not measured against the touchstone of world art film. The critics, by and large, pigeonhole horror films as second-rate or third rate ones. But this general trendy perspective was broken to pieces by Mexican film director Guillermo del Toro who metamorphosed the aesthetics of horror into a great art. I have a fancy for Toro who has declared, “Rather than terrorizing the viewers, my film sets out to put forward horror at its aesthetic best,” and whose recent work, ‘The Shape of Water,’ takes the cake in his celluloid philosophy.
Similarly, Werner Herzog’s ‘Nosferatu the Vampyre,’ based on Bram Stoker’s Dracula story, is a horror film of highest world standards. Klaus Kinski, who acted in the film, sucked the blood of critics, breaking the myth they had created that horror films are not art films.
Equally important is Japanese director Masaki Kobayashi’s film, ‘Kwaidan’, based on the Japanese folk tales.
Generally, standard horror films of art take their sustenance from the folklores of respective countries. Hollywood films which do not have such a background stoop to the mean level of cheap popular horror genre.
This perspective of horror at its aesthetic best can be applied to the world of letters too.
From Bram Stoker’s Dracula to Italo Calvino’s collection of Italian folk tales, this perspective can be applied and studied. In Calvino’s ‘Fantastic Tales,’ Ivan Turgenev’s ‘The Dream’ touches the zenith of artistic horror.
Now over to our native Tamil folk tales! They have the power of blood-churning thousand times more tremendous and fascinating than the archetypal Dracula.
For instance, lend your ear to our story of ‘Pangachi’ which revolves around a piquant and peculiar spirit.
The age-old tale goes on as follows:
When a girl attains puberty, an aromatic liquid called ‘kanthima’ flows out of her genitals; to suck the odorous liquid, ‘Pangachi’ lures the maidens, drains them of the life-giving liquid and ultimately, the maidens die, totally dried up and depressed.
The maiden is endowed with that pleasantly smelling liquid only for seven days after she attains puberty, which cannot be enjoyed by humans, but only by ‘Pangachi.’ That is a liquid of rare aroma, which has the power of enticing and enslaving any girl who happens to sniff it, if a man permeates his physique with it and approaches her. A magician, who comes to know about this, sends ‘Panganchi’ to suck and bring what is traditionally known as ‘kanthima.’ How the heroine in the tale thwarts this plan and escapes traps, killing and burying the sinister ‘Pangachi’ in her own genitals makes an interesting read. The horror knots powerfully evoked in mysterious and mesmerizing words can dwarf even the most inspiring story ‘Perfume’ written by German writer Patrick Süskind. This is my assessment based on truth.
Edgar Allen Poe, father of horror literature who gave a literary and artistic status to this genre, has stirred in me a powerful sense of panic unlike that evoked by any other. In his writings, no ghost, no goblin either struts about, scattering dark tresses of hair about. Yet a sense of horror permeating his writings sends chills down the spine of the readers.
Similarly, from my perspective, Carlos Fuentes’ short fiction, ‘The Doll Queen’, in some sense, belongs to the literary horror genre. (In fact, I am yet to read his novel, ‘Vlad’). Likewise, Gue de Maupassant’s stories such as ‘The Horla’ can be categorized as supernatural horror stuff; the dark ambience, the inner turmoil, the swelling emotions of the hero are captured in an extraterrestrial style branded by critics such as Lovecraft as unparalleled. (By the way, Horla is a French portmanteau of ‘hors’ and ‘la’ meaning ‘outside there’).
The origin of horror stories can be traced back to Mary Shelley’s ‘Frankenstein or The Modern Prometheus’ published in 1818. The hideous, sapient creature she created in an unorthodox scientific experiment over the years became a horror archetype or myth. Keeping mind sci-fi writer Brian Aldiss’ comment that the novel should be considered as the originating point of horror literature, we can realise that the writings of this genre have several dimensions.
In this context, we can recall the modern horror novel, ‘Frankenstein in Baghdad’ written by Ahmed Saadawi, which won the international prize for the Arabic Literature in 2014.
Ahmed Saadawi ‘s story is highly blood churning in that it narrates how a weirdly monstrous creature is made out of the collection of mutilated bodies littered in Baghdad streets during the 2005 civil war of high-degree violence and terrorism.
In our Tamil language, the translator of Mary Shelley’s Frankenstein’s Monster and celebrated writer is Pudumaipithan whose horror writings in range and caliber equal those of Poe. His short fiction ‘Kanchanai’ takes the cake in aesthetic horror type.
The writings of Dino Buzzati, whose 1960 novel ‘Larger Than Life’ is still considered as the first serious novel of Italian sci-fi, have speculative nature. His novel is celebrated as the best in the Gothic literature. But, unfortunately, the succeeding horror writers have killed the life of the trend, dishing out only massive trash in the name of horror stories.
It is a literary tragedy that such cheap horror litterateurs having a global clout and lobby have produced rubbish writings and presented them before the world readers, claiming they are standard. It is thus that the Tamil’s identity steeped in third-rate commercialism is constructed in the world arena, coming as it did under the influence of the global trend.
This kind of tragedy is akin to the Shakespearean. It is a tragedy taking on the tones of that born in the seamless murders committed in power hunger.
The spirits strutting about in the ‘Vaanasuran’ performance in our folklore street-theatre are more horrible than the Macbeth witches. Vaanasuran is so-called as he is capable of changing into a ghost and flying about in the skies.
It is peculiar that the performers of ‘Vaanasuran’ would look like being possessed. In particular, the actor playing it out as Vaanasuran would invoke all kinds of evil spirits such as ‘kooli’, ‘kulli,’ goblins and imps of black magic. How majestically he would shout at the top of voice and assemble all underworld supernatural beings in his fight against Arjun, the mythological character. Something beyond the pale of human imagination!
All actors donning the robes of horror creatures would look like being in their very shoes, seemingly in the grip of some supernaturally mysterious power. The actor playing the part of Arjun, while taking on the unconquerable ‘koolis’ (demons), would swing and sway his whole body as if in a divine fervor. His ancestors’ spirits descending into his whole being, he would provoke all ghosts to vomit blood. The aesthetic experience that this phenomenon would give is unparalleled and unmatched in the world literature.
Such rituals of ancestors’ spirits slowly finding their way into their progeny are part and parcel of the aboriginal African tradition with which the Tamil has an affinity, evoking horror at its best, going by certain ancient Tamil folk ceremonies. The syndrome of being possessed is the warp and woof of the traditions in several classical languages.
Here it is worthwhile to compare one of the ancient Tamil rituals dating back to what is known as the Sangam Age – ‘velanveriyaatu’ – a divine ceremony having all ingredients of a horror stuff, with the Columbian aborigines’ renowned ritualistic dance knows as Danza de los Voladores.
This aborigines’ meaningful ritual of veneration was performed with an intention of bringing prosperity to earth and ending drought.
Researchers hold that this ritual over the years became extinct owing to the Spanish colonization and the local conversions. The dance ceremony, which held spectators under spell, had become just an event held at Catholic churches and during holidays for saints.
In 2015, in memory of world renowned Mexican painter and feminist Frida Kahlo, this dance was performed in London. By way of invoking the spirit of Frida Kahlo into the bodies of four women, the event was named as ‘The Four Fridas’ with modern connotations. The credit went to the Royal Artillery Barracks which had transformed the event into a speculative fiction, giving a post-modernist dimension to the age-old traditional ritual.
Thus, each and every clan has the horror literature in the form of ancestors’ spirits descending into the bodies of their descendants.
‘Velanveriyaatu’ refers to the ceremony, in which a love-stricken girl, mistaken by her mother for being possessed, is exorcised by a priest invoking the divine names of Lord Muruga. (Velan means the Hindu God Lord Muruga and veriyaatu a ceremony of frenzy and fervor). The Tamil Sangam literature abounds in romantic poetry having this as one of its essentials.
The Danza de los Voladores (Spanish) meaning ‘dance of the flyers’ is an age-old ceremony still in vogue in certain parts of Mexico, said to have been performed with a deep prayer to the Gods to end the prevailing drought and shower their mercies in the form of rains.
Like the Yoruba religious rituals recaptured by Nigerian Nobel award-winning writer Wole Soyinka in his writings, in my native tradition too, there is a ceremony in which the hair of ‘Saathaavu’ remaining in the stones used for foretelling and known as ‘Muthezh’ is torn out and deposited in the hollow thigh penetrated with a knife for the purpose. I assert with a note of pride that I am hailing from the antediluvian tradition. I still have in my possession the eight stones known as ‘Muthezh’ which can stand comparison with Opon Ifá, a divination tray, revived and popularized by Wole Soyinka.
In our traditional ceremonies, a folksy musical instrument called ‘udukkai’ in Tamil is used to evoke myriad feelings, mysterious and mesmeric, in the minds of the listeners; its supernatural notes beggar description. While I think of the ways in which I can give a pen portrait of the musical magic of the ‘udukkai’, in an instant flashes across my mind an article written by American woman writer Margot Singer, ‘Can a Novel Be a Fugue?, published in The Paris Review. (https://www.theparisreview.org/blog/2017/07/31/can-a-novel-be-a-fugue/)
“If poetry was a kind of music, I wondered, could a novel be a fugue?” she says. I would like to quote her as follows:
“In fact, the terminology of the fugue explicitly suggests a narrative: the main theme of the fugue is called its subject, the individual parts are voices, an altered form of the subject presents an answer, and so on. Originally a form of vocal music, early fugues drew on the canzone, a type of Italian lyric poetry or song. If poetry was a kind of music, I wondered, could a novel be a fugue?”
The word ‘fugue’ is weird in that it is related to both mind and music. This can be defined as per lexicons as follows:
It is a “contrapuntal composition in which a short melody or phrase (the subject) is introduced by one part and successively taken up by others and developed by interweaving the parts.”
It also means “a loss of awareness of one’s identity, often coupled with flight from one’s usual environment, associated with certain forms of hysteria and epilepsy.”
Shaping up his characters in the mould of fugue having several metaphorical senses, Singer’s debut novel ‘Underground Fugue’ explores the literary possibilities of metamorphosing the narrative into a fugue.
Now, over to our indigenous ‘udukkai’!
Our horror literature is birthed by the supernaturally aesthetic mysticism of the udukkai’s musical notes, mesmeric and mysterious, which have elements of paranoid. Our ancient mystic Lord Rudra is part of our folklore, who plays this ‘udukaai,’ a musical myth of our ancient clan tradition, smearing his whole sturdy and charming physique with ashes left over in the graveyard, performing spontaneously a celestial dance amidst hordes of spirits, transforming the scenario into a magical one bristling with intoxicating notes, and evoking a feeling of horror aroused by great writings stirring the deepest feelings.
The mythical ‘udukkai’ has four kinds of talas: The first one called ‘kaaliyayi’ performed in front of the Goddess Kali temple. It is a musical form played while singing folk songs that sound like hymns to the small and big deities. The second tala is called ‘arugori’ played during singing panegyrics to ancestors, celebrating their valour and courage. The third one is branded as ‘naali’ used during sooth-saying exercise. This musical composition is a unique stream flowing in moods depending on the circumstances. But of all the talas, the most essential one is called ‘peyaachi’ or ‘evilma’ that is employed mainly in exorcism. This tala is the soul of the ‘udukkai.’ Chiefly played in the dead of midnight, the ‘evilma’ tala is highly obscurantist, changing its tone and tenor with changing ‘prahars’ of night. Set against the dark and threateningly menacing night, this tala takes on the colours of a mystery, evoking feelings of horror and fear which fill the ambience as ashes.
It is these musical notes of our Tamil folklore dating back to thousands of years ago, which set our language apart, in world music and global literature.
The question that swirled in the mind of Margot Singer takes a different form in my mind:
“Can a horror become an evilma?”
Translated by : Maharathi
Gouthama Siddarthan is a noted Modern Poet, short-story writer, essayist and literary critic in Tamil, who is a reputed name in the Tamil neo-literary circle.
There are 15 books so for written and published, which include series of stories and essays.
A Tamil literary magazine titled UNNATHAM is being published, under his editorship. It focuses on modern world literature.
Ten books authored by his are being published in Eight World languages (Tamil, English, Spanish, German, Bulgarian, Portuguese, Italian and Chinese) before one month.