Gotham, la fine del principio
Con l’arrivo del fatidico episodio numero cento, annunciato in Italia per il 12 di luglio, andrà a concludersi la quinta e ultima stagione di Gotham, per cedere idealmente la ribalta all’arrivo di un giustiziere schivo e ombroso, di cui la decadenza cittadina è solo il preludio.
Avevamo già parlato in precedenza (vedi Gotham, o i dolori del giovane Batman) della serie Fox dedicata all’apprendistato del giovane Bruce Wayne, osservandone per grandi linee l’evoluzione e le debolezze delle prime tre stagioni andate in onda tra il 2014 e il 2017. Del Cavaliere Oscuro di Bob Kane e Bill Finger, figura setacciata in ogni sfumatura quanto il nodo traumatico delle sue origini, sappiamo a sufficienza. Con Gotham, invece, la riscrittura del mito si è soffermata a rovistare nel bacino di criminalità e follia che fa da liquido amniotico alla genesi dell’eroe, un’angolazione “laterale” in cui sta la novità della storyline di Bruno Heller spostata sulla figura forte, contraddittoria e umana del commissario James Gordon ed estesa ai pittoreschi antagonisti che si contendono il dominio della città.
Con le buone premesse di un plot originale, la produzione ha immerso l’azione in un’atmosfera piuttosto cupa e realistica volta a costruire, mattone su mattone, le psicologie dei “cattivi” che resteranno una presenza fissa della serie. Abbiamo così seguito le parabole di Penguin (Robin Lord Taylor) e dell’Enigmista (Cory Michael Smith ) che con le proprie ferite interiori, la mente disturbata e l’ingiustificabile ferocia agiscono mossi da motivazioni credibili, in una lotta per il potere che fa i conti con boss mafiosi e crimine organizzato. Purtroppo, la graduale assimilazione del serial al mondo surreale e delirante del Batman a fumetti porta Gotham, dalla seconda stagione in poi, ad allontanarsi dai codici del noir per finire in una spirale di eccessi sempre più sanguinolenti e tinti di melodramma, poco alleggeriti da momenti di autoironia. La svolta è motivata dall’intento di rivolgersi a un target di pubblico più adulto di quello del cosiddetto Arrowverse, cioè le serie Arrow, Flash, Supergirl e le caricaturali Legends of Tomorrow, pur originate dal medesimo universo a fumetti. Spostando Gotham dallo spirito ingenuo e colorato della prima DC comics e avvicinandolo ai toni problematici introdotti da Stan Lee nella Marvel, le ultime stagioni offrono un racconto ibrido, drammatico e amaro negli intenti, ma troppo impregnato di stravaganze grottesche per poter raggiungere l’espressione più matura dei migliori momenti delle produzioni Netflix di supereroi (vedi Daredevil, Jessica Jones o Luke Cage).
A uno sguardo critico, un altro limite di Gotham appare il ricorso a schemi e soluzioni da soap-opera che fungono da riempitivo della trama con continui ribaltamenti di ruolo, intrecci sentimentali contorti, e persino ondivaghe identità sessuali. È il caso della omosessualità intermittente di Barbara Kean (Victoria Salvagena), la ex compagna di Gordon diventata omicida, folle, poi boss della mala, oppure del fragile Pinguino Oswald Cobblepot, che nella propria immensa solitudine ama e poi odia ferocemente il suo concorrente Enigmista.
Nel gioco di trasformazioni finisce anche la figura del Joker (Cameron Monaghan), il nemico di Batman più popolare e pittoresco, recentemente ridisegnato da Joaquin Phoenix in un assolo cinematografico diretto da Todd Phillips. Mentre personaggi come il Pinguino, partendo da un esiguo spessore di origine, lasciavano campo libero agli sceneggiatori per una caratterizzazione più complessa, le grandi aspettative riguardanti il villain per eccellenza sono state un fardello che ha portato lo script a ricavarne uno stereotipo alquanto scontato. Con un materiale a disposizione così esplosivo, quanto sovraesposto, si è scelto di sovrapporre varie figure in una, producendo un risultato poco incisivo e bisognoso di ulteriori sovraccarichi per mantenere alto l’interesse. È così che al “pre-Joker” Jerome Valeska, tutto follia anarchica e distruttività pura, va a sostituirsi il fratello gemello Jeremiah, genio scientifico freddo e calcolatore, che ne raccoglie l’eredità dopo essere stato intossicato a tradimento da un gas esilarante. La trasformazione non discosta troppo il personaggio dai binari conosciuti, necessitando per questo di un altro gioco al rialzo che ne motivi l’odio personale verso Batman. Sarà la caduta in una cisterna di acido bollente a occuparsene tenendolo fuori dagli eventi del finale di stagione, per poi mostrarlo vivo e deturpato, come appare nei teaser dell’epilogo circolanti in rete
La logica della ridondanza è anche alla base del recupero di R’as Al Ghul, l’immortale capo della setta degli assassini creato da Denny ‘O Neill, artefice con la lobby detta Corte dei gufi, di in un confuso progetto di distruzione/purificazione della città. In un clima sempre più convulso e parossistico, dove le morti e le resurrezioni non si contano più, per poter reggere il continuo rialzo, Gotham infine viene separata dalla terraferma diventando uno scenario di guerra tra gang, poliziotti e militari.
La misura ormai è del tutto persa, portando il dramma su un piano apocalittico da war movie, anche se va riconosciuto alle scene e la regia un ritmo e una spettacolarità non comune per il piccolo schermo. La città tormentata e purulenta come una carcassa in decomposizione non ha lesinato orrori e sorprese allo spettatore, ora, compiuto il suo ciclo di gruppo lo lascia annunciando a un nuovo corso dominato da un singolo, irriducibile eroe. Se riusciremo mai a vedere la luce di questa serie, oppure se cadrà nel limbo della dimenticanza, questo al momento è un mistero che neanche Batman è in grado di svelare.