Un mostro chiamato Uomo – Letteratura orrorifica e tragedie umanitarie del ventesimo secolo
“Molti hanno raccontato cose orribili, e che la stampa non osa pubblicare, a proposito della Grande Guerra. Alcune mi hanno fatto rabbrividire, altre mi hanno riempito di una nausea sconvolgente, altre ancora mi hanno indotto a guardarmi indietro nel buio, tremando. Ma ritengo di poter io stesso riferire l’episodio più terribile: l’orrore sconvolgente, innaturale, incredibile che emerse dalle ombre.”
(H. P. Lovecraft – Herbert West, Rianimatore, 1921-22)
“Colin era stato a Ypres con la Croce Rossa, e ne era tornato miracolosamente illeso, ma con i nervi a pezzi. Per mesi, dopo gli ultimi accecanti lampi delle bombe, Colin era rimasto in coma all’ospedale e, quando si era ripreso, gli avevano diagnosticato una dementia praecox. Ecco perché era finito da Starr”
(Robert Bloch – Figurine dell’orrore, 1939)
Nel corso del Novecento il racconto horror e soprannaturale va incontro a una serie di radicali mutamenti, riverberando quei cambiamenti altrettanto drastici che avvengono nella società umana, dalla cultura alla vita quotidiana. Le scoperte scientifiche e i progressi tecnologici, che si susseguono spesso in pochissimi anni, modificano radicalmente aspetti essenziali della nostra routine di tutti i giorni, influenzando per esempio la percezione delle distanze geografiche. Questi cambiamenti, assieme al progredire delle scienze umane, (con l’avvento di Freud e della psicanalisi) si riflettono più o meno direttamente nell’opera di autori spesso in largo anticipo sui tempi, come Stefan Grabinski in Europa e lo stesso H. P. Lovecraft negli Stati Uniti. Per comprendere appieno l’evoluzione cui va incontro il genere horror è utile tuttavia analizzare, come contraltare delle grandi conquiste tecnologiche, scientifiche e culturali del Novecento, anche le catastrofi umanitarie che ne costellano il suo divenire, in primis i due conflitti mondiali che ne segnano in modo indelebile la prima metà.
La Grande Guerra nella sua ecatombe tragica infrange i sogni fin troppo utopistici dell’Età Vittoriana in Inghilterra e la Belle Epoque nel resto d’Europa. Non solo presenta alla fine un costo di vite umane altissimo, ma seppellisce sotto la sua realtà di disumanizzante guerra di trincea gli ideali di eroismo e nobiltà della guerra che fino a quel momento, anche nella Età Romantica, aveva animato la cultura occidentale. Il frutto di tale tragedia e altre collegate, come la sanguinosa rivoluzione bolscevica che liquida il vecchio Impero degli Zar e la conseguente guerra civile che porterà alla nascita dell’Unione Sovietica, è l’acuirsi dei conflitti sociali che la società pre-bellica non aveva saputo o voluto decodificare e risolvere, con l’emergere di regimi totalitari che, a onta della base populista(ma non popolare, nella maggior parte dei casi) e delle connotazioni ideologiche più o meno conservatrici o progressiste su cui si affermano e rafforzano, sono oppressivi delle libertà civili e politiche fondamentali dell’uomo, e si rivelano l’anticamera della tragedia ancora più immane del secondo conflitto mondiale. All’incubo della guerra di trincea si aggiungono quelli dei bombardamenti a tappeto, delle deportazioni di massa, del genocidio etnico, per culminare con le tragiche albe termonucleari di Hiroshima e Nagasaki.
Neppure la fine di questo gigantesco conflitto durato oltre cinque anni e la vittoria contro il nazifascismo consentono all’umanità di ritrovare pace e speranza per il suo futuro, visto che il nuovo ordine mondiale si basa sul regime del terrore assicurato dalla Guerra Fredda, tra due superpotenze ciascuna in possesso di un arsenale atomico in grado di garantire la fine della vita umana. Guerra Fredda inframmezzata da occasionali guerre in miniatura nelle zone di confine alla periferia del mondo e della civiltà umana, in cui i padroni della Terra fanno prove di forza cercando di rosicchiare di volta in volta una piccola fetta di territorio sottraendola l’uno all’altro. Quando poi questo precario equilibrio del terrore crolla nell’ultimo scorcio del secolo grazie alla dissoluzione del blocco comunista, a esso fa seguito dopo pochi anni e all’alba del Terzo Millennio la recrudescenza dello scontro di matrice culturale e religiosa soprattutto tra Occidente cristiano e Islam, oltre che il riesplodere di guerre locali su base etnica che l’equilibrio tra superpotenze aveva provvisoriamente congelato.
Come reagisce la narrativa horror a questi cambiamenti? Come può sopravvivere una letteratura di orrori e mostruosità immaginarie in una realtà che già di per sé è sufficientemente terrificante? La risposta è in una serie di opere di autori particolarmente sensibili e lucidi i quali riescono a fare, attraverso la loro arte, una riflessione sui radicali mutamenti intervenuti non solo sulla vita dell’uomo moderno, ma soprattutto sulla natura delle sue paure.
Più che per sistematicità cronologica che altro iniziamo proprio da Lovecraft. Com’è noto non partecipò mai alla Grande Guerra, a differenza di altri scrittori della sua generazione o di poco più anziani, come il britannico William Hope Hodgson (1), nonostante fosse stato un suo desiderio. Tuttavia, gli eventi del primo conflitto mondiale fungono con frequenza da sfondo soprattutto nelle sue prime opere, a cominciare dal racconto Dagon, scritto nel 1917. Il protagonista narrante, fuggito dalla prigionia in una scialuppa dopo la cattura da parte di un incrociatore tedesco nell’Oceano Pacifico, vive una esperienza tra l’onirico e l’allucinatorio in un paesaggio in apparenza devastato da un qualche cataclisma naturale che ha fatto sollevare il fondo dell’oceano, portando in superficie le mostruose creature che lo abitano. Sebbene la vicenda bellica che funge da punto di partenza della storia possa sembrare un mero espediente narrativo, essa si ricollega alla morale esplicitamente antimilitarista che fa da chiosa finale al racconto, in cui l’io narrante prefigura il mondo futuro in cui i mostri del mare usciranno dai flutti per stringere tra gli artigli “l’umanità logorata dalle guerre”.
Nel racconto Il tempio invece l’azione si svolge all’interno di un sommergibile militare tedesco ed è narrata nel diario del comandante di bordo. In questo caso l’ambientazione claustrofobica è perfettamente funzionale alla situazione di follia collettiva che colpisce progressivamente l’equipaggio, nell’ambito di una storia che se da un lato contiene ancora l’elemento degli abissi marini come anticamera di arcani misteri e antichi segreti sepolti, tanto presente nella poetica lovecraftiana e meglio sviluppato nelle opere mature, dall’altro documenta l’amore per le suggestioni della mitologia classica che traspare da molte delle sue prime opere.
Tra le opere scritte da Lovecraft a ridosso del primo conflitto mondiale vi è anche La strada, incentrato invece sulla paura di una invasione comunista, in cui una strada decaduta di una città del New England reagisce in modo violento all’arrivo degli immigrati dell’Est Europa acquisendo il ruolo di entità autocosciente. Forse l’unico testo narrativo esplicitamente politico di Lovecraft, la storia è un vero e proprio esempio ante litteram della psicosi da invasione comunista che ispirerà tante opere nell’epoca della guerra fredda.
Lo scenario della Grande Guerra, con specifico riferimento al fronte delle Fiandre, compare in un episodio del ciclo di Herbert West, rianimatore. Nell’immane carnaio del fronte di trincea e nella confusione generata dalle incessanti esplosioni il Dottor West trova la situazione ideale per effettuare senza dar troppo nell’occhio i suoi esecrabili esperimenti di rianimazione dei cadaveri. Come è noto Lovecraft morì circa due anni prima l’inizio del secondo conflitto mondiale. Durante la sua vita, in ragione delle posizioni conservatrici e delle sue idee riguardo a immigrazione e questione razziale, i biografi riportano di una sua iniziale simpatia al nascente nazionalsocialismo, che tuttavia nella corrispondenza privata degli ultimi anni viene definito una “sistema violento”, così come L. Sprague De Camp riporta la sua reazione di orrore alle notizie sulle persecuzioni razziali ai danni degli ebrei in Germania. A partire dal dopoguerra, alcuni brillanti autori suoi corrispondenti epistolari nonché a tutti gli effetti suoi discepoli, come Fritz Leiber e Robert Bloch, assieme ad altri che verranno in seguito, saranno ispirati dalla tragica pagina del secondo conflitto mondiale per scrivere storie in cui le paure dell’uomo si incarnano in nuove, tragiche forme e maschere che spesso riecheggiano i fantasmi delle atrocità di quegli anni.
(1) Cosa avrebbe potuto produrre il talento dell’autore di La casa sull’abisso, il quale aveva contribuito più di tanti altri a innovare ed elevare artisticamente il nascente genere weird-horror, sulla scorta della sua esperienza sul campo della prima guerra mondiale resta uno dei “what if?” più amari della storia della letteratura horror, in quanto come è noto il britannico Hodgson , arruolatosi volontario sul fronte francese, morì nei pressi di Ypres centrato da una granata nell’aprile del 1918, a pochi mesi dalla fine del conflitto.