Multiple journeys from white void – Il labirinto di Mayil Ravana

di Gouthama Siddarthan 

 

Lo scrittore latinoamericano Carlos Fuentes ha fatto un ritratto del processo creativo proprio del suo metodo di scrittura:

Sono uno scrittore mattiniero; alle otto e mezza  sto scrivendo manualmente e continuo fino alle dodici e mezza, quando vado a fare una nuotata. Poi torno, pranzo e nel  pomeriggio  leggo fino a quando faccio  la mia passeggiata che serve per la scrittura del giorno dopo. Devo scrivere il libro nella mia testa ora, prima di sedermi alla scrivania . Seguo sempre uno schema triangolare durante le mie passeggiate qui a Princeton: vado alla casa di Einstein in Mercer Street, poi alla casa di Thomas Mann a Stockton Street, poi fino alla casa di Herman Broch in Evelyn Place. Dopo aver visitato questi tre posti, torno a casa e a quel punto ho scritto mentalmente le sei o sette pagine di domani.

Questa camminata  dal percorso triangolare  lo riconduce al Chacmool degli Aztechi, una forma di scultura mesoamericana pre-colombiana raffigurante una figura distesa  che ha la   testa  reclinata appoggiata sui gomiti sul davanti e  che tiene  una ciotola o un disco sullo stomaco . Chacmool è associato a Tialoc, il dio della pioggia degli Aztechi. Attraverso i portali di questa mitologia, la narrativa di Carlos Fuentes fluisce in maniera brillante con un magico mix di mitologia e modernismo.

Rispondendo a una critica generale dei suoi personaggi femminili, dice:

Sono stato attaccato per aver dipinto donne molto ambigue , ma questo è dovuto al fatto  che la mia cultura ha avuto  una visione negativa delle donne. Una cultura che mette insieme  arabi, spagnoli e aztechi non è molto salutare per il femminismo. Tra gli Aztechi, ad esempio, gli dei maschili rappresentano tutti una cosa sola: il vento, l’acqua, la guerra, mentre le dee sono ambivalenti, rappresentano la purezza e la sporcizia, il giorno e la notte, l’amore e l’odio. Si spostano costantemente da un estremo all’altro, da una passione all’altra, e  nel mondo azteco questo è il loro peccato. C’è un modello di ambiguità femminile nei miei romanzi.

I suoi scritti sono strutturati  secondo  una narrazione  basata sul tema della maledizione del peccato e del beneficio del peccato. Il mio stile di scrittura ha calpestato uno strano territorio. Questo può quasi trovare la sua metafora nel labirinto, una struttura magica. Fin dai tempi della mia infanzia, i rompicapi mi affascinavano. Mio padre era solito intrattenermi con il cibo ed i rompicapi. Sono loro che continuano a circolare nel flusso del mio sangue, vorticando e agitandosi. Ho giocato con gli enigmi non solo nei miei scritti ma anche nella mia vita. Quindi non c’è da stupirsi, non è un caso e non è senza ragione che Jorge Luis Borges sia da tempo diventato il mio scrittore preferito.

A quei tempi, mi alzavo all’alba, pulivo la stalla, prendevo la zuppa di miglio che mi offriva mia moglie e iniziavo il mio percorso  quotidiano verso le nostre risaie. Mentre camminavo, le parole saltavano, balzavano e volteggiavano davanti a me. Raggiungevo i prati attraversati da bacini di contenimento. I bacini o i solchi  dei prati   avrebbero evocato un’immagine presa da  un racconto di Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano, che riecheggiava con i miei passi . Il prato diventava una sorta di campo di battaglia di rompicapi mentre percorrevo  il sentiero a zig-zag e ai margini del prato . Le parole per le mie future storie continuavano a correre lungo tracce simili a sfingi.Io e il  tempo avremmo corso  per sempre, fino allo sfinimento. Poi avrei preso  in mano quelle parole nello spazio temporale senza tempo. Le mie gambe avrebbero fatto infine il loro viaggio di ritorno a casa. Tornato a casa, avrei mescolato e rimescolato   le parole che avevo afferrato e poi le  avrei mischiate  insieme su fogli bianchi in note armoniose. Durante il lungo gioco di mescolamento e rimescolamento, avrei finito  con una pagina o una pagina e mezzo di parole.

In quelle ore, mi ritrovavo  intrappolato nel vortice del rompicapo. Mettendo i miei piedi qua e là, non riuscivo a divincolarmi dai nodi soffocanti. Ero alla fine, cercando ripetutamente di trovare una via d’uscita. L’orgoglio culturale indiano dell’opera mitologica Il Ramayana è rimasto vivo  in una miriade di forme nei racconti popolari in diverse lingue. La maggior parte delle versioni folcloristiche sono state mantenute in vita solo grazie al passaparola, difficilmente figurando nelle edizioni classiche dell’epica divina. Tra questi racconti popolari è piuttosto importante la storia di Mayil Ravana.

Secondo il classico Ramayana, Dasharatha, re di Ayodhya, ebbe quattro figli, il maggiore dei quali era Rama, che fu mandato  nella foresta in seguito agli inganni della sua matrigna Kaikeyi. Mentre Rama, sua moglie Sita e il fratello Lakshman vivevano nella foresta, Ravana, re delloSri Lanka, rapì Sita per vendicare un insulto che era  stato rivolto a sua sorella da Lakshman. In seguito  all’episodio di rapimento, Rama annientò Ravana in guerra e riportò indietro sua moglie.

Questa è la storia del classico Ramayana in poche parole.

Prima di entrare nella storia della fortezza di Mayil Ravana, che era un racconto popolare interno alla storia principale, diamo un’occhiata al suo background nel dettaglio. Il re dello Sri Lanka Visravasu aveva due mogli da cui nacquero due figli, Ravana il maggiore e Ravana il giovane. I due principi si erano allenati bene nelle arti marziali. Il giovane Ravana aveva anche imparato l’arte degli incantesimi, della magia e della stregoneria.

Quando fu il momento di eleggere l’erede al trono, i due si sfidarono per indossare le vesti del re. Quando i ministri insistettero sull’antica usanza della monarchia che avrebbe conferito lo status di re solo al figlio maggiore, Ravana il  giovane affermò di essere il figlio maggiore di sua madre, sebbene fosse la seconda moglie del re. Quindi il capo sacerdote invocò la teoria del“diritto del pavone ” e lo spiegò. Il “sistema del pavone” faceva parte del diritto reale  del clan del Sole. Un pavone deponeva più uova possibili. Tra tanti pulcini, solo il primogenito  avrebbe dispiegato le ali e avrebbe sfoggiato le penne. Poi gli altri pulcini avrebbero seguito il suo esempio. Attraverso il Kaikeyi, questo pensiero metaforico è stato proposto in uno dei suoi versi da Kamban, il più grande poeta classico Tamil del XII secolo.

“Oh crudele, grande gente, come il grande sole splendente”

Non si allontanerà dal sentiero della verità anche se perderà cose come la propria anima; Questi re che appartengono al clan Manu seguono il clan. Il discendente decide allo stesso modo del pavone. Perché avete parlato male di loro intenzionalmente? Questo è il fatto di cui ha  parlato lo Scientific American Journal nel XX secolo in un articolo, il primissimo pulcino di pavone a dispiegare il proprio piumaggio fu registrato nel XII secolo, la stessa poesia tamil parla dei volumi del genio di Kamban, il grande poeta. Sentendo parlare di questa teoria del pavone, il giovane Ravana sfidò la corte, dicendo che avrebbe dimostrato il suo status di figlio maggiore per  poi reclamare il trono e lo scettro. Come un fulmine a ciel sereno, grazie al  suo potere magico,si trasformò in un pavone e  iniziò a dispiegare le sue penne. Fu questo episodio che aggiunse l’epiteto di “Mayil” (pavone) al suo nome e da allora si fece chiamare  “Mayil Ravana” (Ravana il pavone). Ma i cortigiani , sebbene impietriti  e scioccati, rifiutarono di accettare la sua azione e  le sue parole  e alla fine incoronarono Ravanail maggiore. Un Ravana giovane e infuriato  lasciò la corte e il paese in preda alla rabbia . Si stabilì in un’altra regione e ne fece il suo regno.

Quando Ravana  il maggiore costruì un grande e imponente palazzo, Mayil Ravana volle superare in astuzia il suo fratellastro e costruire una fortezza piena di incredibili  labirinti, che sembrassero essere un mix tra il meglio dell’architettura e dell’inimmaginabile nella sua magnificenza e maestosità. I muri di pietra della fortezza, i corridoi laterali, gli strati di sicurezza e le porte andavano  al di là della immaginazione  umana. Una volta che sei  all’interno, non puoi più uscirne  . Le perle abbaglianti e scintillanti e nove tipi di pietre preziose simili a fulmini , incastonate nelle pareti, ti trapasserebbero gli occhi come coltelli. Qualunque sia il modo in cui scegli di camminare, qualunque sia il suolo  che cerchi di scavare, il terreno scivolerebbe via da sotto i tuoi piedi e verresti spazzato via. Ogni volta che cammini, il corridoio sembrerebbe passeggiare con te e un vino inebriante ti darebbe alla testa e ti farebbe impazzire. Intrappolato nel vortice di un grande rompicapo , la tua mente e il tuo corpo vengono fatti a pezzi, portando la morte ad assediarti . Laggiù, si sente l’odore di saliva che cola  dalle zanne dei coccodrilli che sguazzano nel fossato. Guarda come la saliva sta trasudando sulle fortezze  che svettano usurpando i cieli.

Il culmine di questa storia incredibile è che non è un uomo a distruggere  il forte dai fantastici e favolosi vortici simili a un rompicapo , ma una scimmia chiamata Hanuman. Rama, che stava riflettendo sui metodi e  imezzi per salvare sua moglie dalle grinfie di Ravana, cercò l’aiuto di Hanuman, una creatura al di là dello stato bestiale e al di là dello stato umano, che assumeva  le proporzioni di un essere sovrumano. Rama decima le forze dello Sri Lanka nella guerra con Ravana, con l’aiuto di Hanuman.

Alla fine della guerra, i fratelli di Ravana , i  suoi luogotenenti, i capitani, i soldati e i guerrieri sopra  i carri, cavalli ed elefanti furono completamente battuti e gli venne fatta  mordere la polvere. Ora Ravana era  rimasto da solo, senza più alcun sostegno . Fu allora che Ravana pensò al suo giovane fratello Mayil Ravana e si riavvicinò a lui, cercando il suo aiuto. Quest’ultimo, in un impeto di rabbia, giurò di sacrificare sia Rama che Lakshman sul piedistallo di “Kali”, una divinità dalla rabbia infinita. Disse che se avesse fallito nella sua missione, avrebbe messo fine  alla sua  stessa vita.

I consiglieri di Rama, che avevano sentito parlare dei poteri magici di Mayil Ravana, suggerirono che in quel giorno cruciale tutti avrebbero  dovuto sfuggire all’incontro  con lui e solo in questo modo  avrebbero  potuto  sopravvivere ai suoi attacchi. Secondo il loro piano, Hanuman circondò i fratelli Rama e Lakshmancon la sua lunga e infinita coda e  costruì una grande fortezza attorno a loro, sedendocisi sopra. L’entrata della fortezza era la bocca larga e imponente di Hanuman e  nessuno avrebbe osato  entrare di soppiatto dalla coda.

Avendo intuito  i piani , Mayil Ravana  prese le sembianze  di Vibhishana, il nuovo consulente di Rama e riuscì ad entrare nella fortezza, parlando ad Hanuman in maniera   disinvolta. Una volta dentro, trasformò Rama e Lakshman in piccoli sassi e, dopo averli nascosti su di sé, uscì con successo. Mayil Ravana nelle sembianze di Vibhishana accarezzò Hanuman sulla schiena, che lo  aveva trattenuto per interrogarlo , dicendo: “Ho trovato queste pietre vicino a Rama e Lakshman e , visto che a loro davano fastidio , le ho portate fuori”.

Hanuman,  rassicurato dalla risposta arguta di Mayil Ravana, lo lasciò andare. Dopodiché Mayil Ravana imprigionò Rama e Lakshman nella sua fortezza. Hanuman, che si sentì ingannato, arrivò fino all’inquietante  fortezza. Ma una volta all’interno, non riusciva a capirne la mappa , continuava a cercare e cercare i fratelli, a percorrere i corridoi, a vagare nel labirinto, a sbattere contro le mura fortificate e infine crollare, pietrificato e stordito. Con lingue di dolore che  gli martellavano il cranio, saltò da una  punta all’altra dei petali di  un fiore di loto dai molti strati fatto in uno modo strano . Una piccola tensione musicale continuava a suonare nei nervi dei suoi talloni. Un lampo attraversò il suo viso, come un coltello. Con l’aiuto della nota musicale, Hanuman si trasformò in uno scarafaggio e attaccò violentemente  il gambo del loto. Lo scarafaggio, volando e cantando si fece strada tra la vegetazione del canneto, si mescolò ai petali di loto ed entrò sfruttando i loro bordi .  A questo punto si scaturì un fascio di raggi luminosi che si muovevano. Afferrandolo, Hanuman, ora trasformato in un coleottero, volò attraverso di esso, come attraverso una scala di luce.

Il giorno stava volgendo al termine. Preparando la cerimonia del ‘kali’, Mayil Ravana era uscito per fare il bagno. Con l’ansia scritta sul suo viso, Hanumana aveva cercato  i fratelli senza sosta ,fino allo stremo delle sue forze. Poi improvvisamente si ricordò di cosa avesse detto Mayil Ravana sotto le spoglie di Vibhishana a proposito delle due pietre.  Cominciò subito a setacciare  il luogo per trovarle.

Si imbatté in  un mucchio di pietre e rimase immobile lì davanti , non sapendo come riconoscere le due pietre speciali. Mentre i cieli erano in fiamme con le strisce scintillanti dell’alba, Hanuman si sentì ribollire dentro e poi dal profondo del suo cuore emerse la  gelida immagine di un rompicapo che  si materializzò davanti all’ occhio della sua mente. Mentre veniva costruito un ponte per  lo Sri Lanka, un battaglione di scimmie stava ammucchiando grosse pietre nel mare per costituire  una base solida. Guardando questa immagine, Hanuman se ne stava in disparte ,triste  e desolato. Rama gli si avvicinò e gli chiese  cosa c’era che non andava in lui. Quest’ultimo disse:“Ho avuto  la sensazione che questo ponte sarebbe stato il pomo della discordia nei  secoli a venire”.

Hanuman aggiunse: “Mia madre mi ha cresciuto infondendo in me un senso della morale ,  di  cosa è giusto e  cosa è sbagliato. Mi ha sempre chiesto di difendere il bene  e combattere il male. Ora sono perplesso su questa azione che stiamo compiendo adesso , non sapendo esattamente se sia giusto o sbagliato”. Fissò tristemente le onde impetuose. Poi un frammento  di pietra  si staccò e schizzò via  , posandosi sulle mani di Rama. Il suo indice era ferito e ne fuoriusciva del sangue. Tutto ad un tratto, Hanuman afferrò il dito , se lo mise in bocca e lo succhiò. Hanuman aveva avuto un assaggio di  Rama e il suo aspetto fuligginoso si trasformò in un colore dorato.

Le onde ruggivano e ruggivano facendo un suono acuto. Stava annunciando la vittoria di Rama o quella di Hauman? Non riusciva a decifrarlo . Era un enigma che sfidava l’arguzia e Hanuman iniziò a nasconderlo nella sua coda infinita che, di conseguenza, si trasformò in un lungo rompicapo. Questo potrebbe essere compreso con  una lettura intensa e approfondita  del Ramayana. Vale la pena ricordare che la coda di Hanuman appare sempre come un punto interrogativo in tutti i ritratti famosi che rappresentano l’ incontro di Rama, Lakshman, Sita e Hanuman. Allo stesso modo  la coda di Hanuman simboleggia  un misterioso labirinto irto di innumerevoli enigmi. Ora, la precedente immagine del succhiare il dito di Rama si riversò nella mente di Hauman, mescolando i vari livelli della memoria.

Ora, spinto da una serie di intuizioni , Hanuman cominciò a assaggiare ogni pietra impilata davanti a lui. Con la bocca piena  di pietre, si limitò a passarle in rassegna ad una ad una , cercando di scoprire il “sapore” con cui aveva familiarità mentre la saliva gli usciva dalla bocca. Il sapore delle pietre che permeava il suo corpo e elettrizzava i le sue papille gustative , la sua caccia a quel particolare “gusto” andava avanti.

Dopo il bagno mattutino, Mayil Ravana stava ritornando. L’attimo si infiammò all’ improvviso e le papille gustative di Hanuman colpirono quel “sapore infinito” come se prendessero fuoco. Proprio quando la saliva di Hanuman incappò su due  particolari pietre, queste  mutarono in forme umane,  ovvero Rama e Lakshman. Assistendo a questo fenomeno, Mayil Ravana rimase sbalordito. Sfruttando l’ occasione, Hanuman si mise in azione per sfruttare il suo momento più debole e , una volta intrappolato Mayil Ravana nella sua coda vorticosa e incredibile ,lo colpì ad un ‘organo vitale serrando la propria mano . Quel colpo si rivelò fatale per Mayil Ravana.

Tutte queste immagini mitologiche e folcloristiche continuavano a girare e a zigzagare in un momento illuminante  in cui mi trovavo imprigionato nel vortice di enigmi creato  dalle mie parole. Mentre Keats in una delle sue poesie si chiedeva se fosse vivo o morto, io ero perplesso: cosa si stava svolgendo davanti ai miei occhi? Che fosse la fortezza di Mayil Ravana a girare  come  le ruote degli ingranaggi  o forse  la coda di Hanuman che conteneva alcuni misteri della   vita o forse ancora si trattava di un territorio nuovo e intrigante, che si muove attraverso la letteratura inglese,  che con le mie parole in lingua madre cambia colore e lancia un incantesimo. Mentre ero avviluppato dai tentacoli del dubbio, da qualche parte misteriosamente e il ronzio di uno scarafaggio che entra in un  canneto e si confonde in uno spazio armonico senza parole aleggia nell’aria e raggiunge il mio orecchio.

Traduzione di Elena Sanna

Gouthama Siddarthan è un noto poeta moderno, scrittore di racconti, saggista e critico letterario in Tamil, che è un nome illustre nel circolo neo-letterario tamil. Ci sono 15 libri scritti e pubblicati, che includono  una serie di storie e di saggi. Una rivista letteraria tamil intitolata UNNATHAM viene pubblicata sotto la sua direzione. Si concentra sulla letteratura mondiale moderna. Dieci libri scritti da lui sono stati pubblicati in otto lingue del mondo (tamil, inglese, spagnolo, tedesco, bulgaro, portoghese, italiano e cinese) nell’arco di un mese.

Elena Sanna è nata nel 1972 a Genova, dove vive e lavora come pittrice e restauratrice. Appassionata di fantascienza sin dall’adolescenza è un’ accanita lettrice in italiano, inglese e tedesco.

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