Venezia 76, giorno 2: delusione James Gray, e le scene da un matrimonio di Baumbach

Potremmo essere soli nell’universo o potremmo non esserlo:
ma entrambe le prospettive sono ugualmente terrificanti
Arthur C. Clarke

Risultati immagini per ad astra uscitaMattinata all’insegna degli Stati Uniti in questa seconda giornata di proiezioni qui al Lido di Venezia: sono stati infatti presentati alla stampa Marriage Story di Noah Baumbach, uno dei due film targati Netflix del Concorso (l’altro è The Laundromat di Steven Soderbergh), e l’attesissimo Ad Astra (nelle sale italiane dal 26 settembre), nuovo kolossal di fantascienza diretto da James Gray e che vede interpreti, tra gli altri, Brad Pitt, Liv Tyler, Tommy Lee Jones e Donald Sutherland.

Risultati immagini per ad astra uscitaAccolto abbastanza freddamente alla proiezione di metà mattinata, Ad Astra ruota intorno al Maggiore Roy McBride (Pitt), astronauta brillante ma ombroso, che viaggia fino all’estremo limite del sistema solare alla ricerca del padre H. Clifford (Lee Jones), scomparso da 16 anni mentre era a capo di una spedizione spaziale, il Progetto Lima, diretta verso il pianeta Nettuno. Durante il suo viaggio, Roy fa tappa prima sulla Luna, satellite ormai colonizzato dall’uomo che vi ha esportato il proprio insano stile di vita, tutto basato sulla lotta per la conquista delle risorse vitali, e poi su Marte, il “pianeta rosso”, dove viene a conoscenza di alcuni terribili segreti sul proprio genitore. Ad Astra segna la prima incursione dell’eclettico James Gray nel cinema di fantascienza e, come alcune opere recenti (penso soprattutto a Interstellar di Christopher Nolan e a High Life di Claire Denis), tenta di cavalcare un genere da sempre molto popolare innestandovi profonde riflessioni filosofiche ed esistenziali sul destino dell’uomo e le eterne domande sul mistero della vita e dell’universo.

Risultati immagini per ad astra uscitaLe ambizioni del regista newyorchese sono molte alte nella sua volontà di inserirsi nel solco aperto dai capolavori di Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij e proseguito negli anni recenti con le opere sopra citate: Ad Astra condivide, infatti, con 2001: Odissea nello spazio il tema della ricerca di forme di vita aliene che abitano l’universo, e con Solaris il motivo principale che spinge l’eroe all’indagine, e cioè la volontà, spinta sino all’ossessione, di riabbracciare una persona cara (la moglie del protagonista, nel caso del film sovietico). Affascinato dalle idee di Enrico Fermi, “l’architetto dell’era nucleare”, che riteneva che ci fosse il 90% di probabilità che gli Stati Uniti sudoccidentali venissero distrutti dopo la prima divisione dell’atomo, nello scrivere la sceneggiatura, insieme al fido co-autore Ethan Gross, Gray sembra guardare al modello narrativo di Apocalypse now.

Comune con il capolavoro di Francis Ford Coppola è infatti il tema della missione, ovviamente top secret, vòlta a rintracciare un comandante disubbidiente che ha ormai perso il controllo, e “porre fine al suo comando”. A questa circostanza se ne aggiunge però un’altra fondamentale, e cioè il rapporto di parentela tra l’Eroe e l’obiettivo della sua quest. In questo senso, il film sembra ricollegarsi alle teorie enunciate da Joseph Campbell nel suo Monomito, o il viaggio dell’eroe. Infatti gli studi dello psicologo statunitense si fondano sull’idea, mutuata dalle riflessioni junghiane sugli archetipi, che l’Eroe compie un viaggio di trasformazione che parte da una crisi, spesso legata a una relazione familiare complicata (quasi sempre quella con il padre), e termina con il ritorno alla società passando attraverso la solitudine e l’apprendimento di una lezione.

Risultati immagini per tommy lee jones ad astraPurtroppo, mentre il sontuoso ed estremamente curato involucro fantascientifico che racchiude il film di Gray non manca di fascino, l’apparato filosofico sopra descritto viene presentato allo spettatore in maniera didascalica e senza particolare profondità proponendo una variazione sul tema edipico non particolarmente brillante. Alla riuscita dell’operazione nuoce anche una voce fuori campo, tutt’altro che necessaria, che snocciola in maniera scialba concetti e sentimenti che poco o nulla aggiungono a quanto presentato dalle immagini e dai dialoghi del film e finisce per appesantire il discorso, soprattutto nella poco riuscita parte finale. Come detto, l’accoglienza alla proiezione stampa di metà mattinata è stata decisamente fredda e non è mancato qualche “buuuuu” di disapprovazione.

Risultati immagini per marriage story filmMolto interessante invece Marriage Story, undicesimo lungometraggio di Noah Baumbach, che si presenta come una sorta di Kramer contro Kramer degli anni 2000, ed è in realtà la storia di un divorzio più che quella di un matrimonio. La storia ruota attorno al disfacimento della coppia formata dai coniugi Barber (Adam Driver e Scarlett Johansson, molto bravi), rispettivamente regista teatrale e attrice televisiva, la cui crisi e successiva separazione finisce per influire sulla vita del loro bambino Henry, del quale i due si contendono la custodia. Per quanto tutt’altro che nuovo, il tema è declinato dall’autore di Frances Ha in maniera spiritosa e intelligente, con una sagace alternanza di dramma e commedia, e un’eccellente scrittura dei personaggi, sebbene non manchi qualche caduta in situazioni da sit-com statunitense. Baumbach ha la mano felice sia nella caratterizzazione dei due protagonisti che nel disegno di un’affollata galleria di personaggi minori, ritratti a tutto tondo di piccole nevrosi e ordinaria lotta per la sopraffazione. I due miti coniugi, inizialmente tesi verso una separazione cordiale e amichevole, sono costretti ad apprendere dai loro avvocati, cui danno corpo i bravissimi Laura Dern e Ray Liotta, tutta la rapacità di una società dominata dal denaro. Non tutte le scelte appaiono azzeccate, e l’ennesima rappresentazione della dicotomia New York/Los Angeles, di alleniana memoria, ha tutto il sapore del già visto, così come si ravvisa una certa semplificazione nel modo in cui viene presentata quella tra teatro e serie TV, che ormai meriterebbe un trattamento decisamente più approfondito. Tuttavia, Marriage Story è un’opera brillante e riuscita, di irresistibile amabilità, che potrebbe senz’altro dire la sua nel palmarès, almeno per quanto concerne un eventuale premio alla sceneggiatura.

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