C’era una casetta degli orrori in Canada
Nell’ultimo decennio la scena della letteratura weird internazionale ha visto salire alla ribalta numerosi autori provenienti dalle fredde e spesso desolate lande canadesi e dal confinante Alaska, all’estremo nord degli Stati Uniti. Elemento, questo, di decisa novità per una scena letteraria che non aveva finora fatto emergere nel settore nomi e opere di rilievo, a differenza della letteratura fantascientifica e distopica. I principali esponenti di questa scena, pur con fondamentali differenze tematiche e stilistiche tra di loro, hanno tra gli elementi comuni quello di aver attinto, rielaborandolo in maniera originalissima, al panthéon creato da H. P. Lovecraft. Con il tipico ritardo del mercato editoriale nostrano e, in moli casi, nell’indifferenza dei grossi marchi. Per fortuna, i lettori italiani possono leggere le opere degli esponenti più rappresentativi, grazie all’attività delle Edizioni Hypnos, specializzata nel settore.
Tra gli autori che quantomeno cronologicamente hanno fatto da apripista alla scena c’è Richard Gavin, nativo dell’Ontario. Saggista ed esoterista, oltre che autore di narrativa, ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti, Charnel wine, nel 2004, cui hanno fatto seguito altre antologie e romanzi. In Italia negli ultimi anni iniziano a essere tradotte le sue opere: il racconto Una caverna di mattoni rossi viene pubblicato nel volume Nuovi Incubi (traduzione per le Edizioni Hypnos di Year’s Best Weird Fiction 2013). A esso fanno seguito Cappella tra i giunchi e Il vino dell’ossario inclusi in Hypnos n. 7. Nel 2019 viene invece pubblicata la novella breve La Strana Fede, rielaborazione del tema della casa infestata, tratto dalla sua ultima antologia At Fear’s Altar del 2012.
Il più popolare di questi nuovi autori nell’estremo Nord America è però Laird Barron. Egli spesso coniuga l’eredità dei Miti di Chtulhu con gli scenari naturali suggestivi e spesso ostili della sua terra. Attingendo anche alla sua esperienza di vita raminga e dedita a molteplici mestieri (tra i quali pescatore di salmoni sul mare di Bering, conducente di slitte trainate da cani) e un background fatto di classici del fantastico ma anche narrativa pulp. Laird Barron è un personaggio tanto originale ed estroso nella sua scrittura quanto lo è nel suo look rude e iconico, grazie anche alla benda nera sull’occhio destro (perduto per un tumore da giovane) che lo rende immediatamente riconoscibile. Dopo infanzia e gioventù vissute in estrema povertà nell’Alaska selvaggio, nella metà degli anni ’90 si sposta a Washington e successivamente a New York. In questi anni incrementa la sua attività narrativa, inizialmente nella forma del racconto, poi della novella breve. È autore al momento di quattro romanzi (The Light is the Darkness, 2011; The Croning, 2012; Blood Standard, 2018; Black Mountain, 2019) e di quattro antologie di racconti fantastici pubblicate tra il 2007 e il 2016.
affianca all’attività di autore di narrativa quella di curatore di antologie (tra cui numerose della serie “Best Horror of the Year”) e di critico letterario. In Italia è stato tradotto in origine sulle pagine della rivista Hypnos n. 2 del 2013 con il racconto L’Intimidatore, storia che fonde i temi dell’orrore cosmico e la contaminazione dell’integrità umana di Lovecraft con l’ambientazione western, raccontando con stile pulp e scanzonato l’indagine dell’agente Pinkerton. Successivamente, sempre dalle edizioni Hypnos, è stato tradotto e pubblicato il suo primo romanzo di ampio respiro (dopo la novella breve The Light is The Darkness): The Croning, (tradotto come “La Cerimonia”). Opera non esente da difetti (prolissità, personaggi poco convincenti e confusione nel plot narrativo), è però interessante perché Barron, oltre a pagare i debiti verso le sue fonti d’ispirazione, nei momenti migliori del romanzo dà prova di ottime capacità immaginifiche e descrittive. Si parte da un prologo in puro stile howardiano in cui viene rielaborata in chiave weird la fiaba di Tremotino, per passare alla storia di una coppia di scienziati intrecciata a quella di un oscuro culto ancestrale. Barron rinnova il modello di Lovecraft introducendo l’Antica Sanguisuga, titanica entità ultramondana affamata di carne e anime umane, il cui scopo è strappare in un lontano futuro, la Terra dall’orbita del Sole. Un po’ confuso e prolisso nella parte centrale, il romanzo dà il meglio di sé in alcune potenti immagini di orrore cosmico che lo inframmezzano e ritrova smalto nel teso e amarissimo finale. Successivamente alla originaria pubblicazione nel catalogo Hypnos, è stato inserito con la medesima traduzione nell’ultimo volume pubblicato dalla collana Urania Horror. Hypnos ha anche pubblicato nella collana “Strane Visioni” X come Occhi, novella breve che è una sorta di divertissement che mischia weird, fantascienza e avventura pulp, con la storia di due adolescenti degli anni ’50 catapultati tra mostri lovecraftiani e invenzioni mirabolanti, in quello che è un divertito e divertente gioco di rimandi e citazioni agli autori preferiti di Barron.
Livia Llwellyn è nata in Alaska e il suo esordio è nel 2005 con il racconto Brimstone Orange, mentre nel 2010 pubblica il romanzo breve Profondità. La sua prima raccolta, Engines of Desire: Tales of Love & Hother Horrors (Lethe Press, 2011), è finalista agli Shirley Jackson Awards come miglior antologia personale. Lo stesso riconoscimento avviene per la successiva raccolta Fornace, nel 2016. Assieme al conterraneo Laird Barron e ai canadesi Simon Strantzas, al già citato Richard Gavin, a Ian Rogers e Gemma Files, Llwellyn compone un’ideale avanguardia di nuovi autori di punta del weird provenienti dalla parte più settentrionale del continente nordamericano. Se in tutti e tre questi autori appare evidente il richiamo quantomeno tematico alla pesante eredità di Lovecraft, forse proprio nelle narrazioni di Livia gli spunti di orrore cosmico e fascinazione verso l’ignoto del Maestro di Providence vengono sublimati al meglio rispetto agli altri autori citati. Le sue opere oscillano tra horror, narrativa erotica e dark fantasy, e sono caratterizzate da un’intensa carica emotiva, in una poetica del meraviglioso e del terrificante che riesce davvero a legarsi alle inquietudini della contemporaneità.
In lingua italiana il suo primo romanzo è stato pubblicato dalle Edizioni Hypnos nel 2016. Profondità è una storia dai toni molto cupi, appartenente al ciclo dei Miti di Chtulhu, dove viene introdotta la città di Obsidia, protagonista di molte sue storie. Facendo seguito alla traduzione del racconto Fornace nell’antologia Nuovi Incubi, la Hypnos ha pubblicato l’omonima antologia di racconti, la seconda pubblicata dalla Llwellyn. I quattordici racconti qui presenti mostrano la maturità e varietà sia stilistica che tematica dell’autrice. Troviamo la tensione alienante e il degrado suburbano della metropoli moderna, sublimata nella immaginaria Obsidia, città protagonista di molte storie della Llewellyn. In questo contesto l’arcano e l’insolito irrompono sotto forma di visioni scioccanti quali l’incubo di un deragliamento metropolitano rivissuto ciclicamente (Panopticon) o l’inspiegabile infestazione di ragni nell’appartamento di un moderno e claustrofobico complesso residenziale (Stabilimentum). Ma Livia Llewellyn sa spaziare non solo tra le ambientazioni temporali, ma anche tra i generi, contaminando il weird con la fantascienza dal sapore cyberpunk con visioni di società future dominate dalla fusione tra organico e biomeccanico, in cui si muovono esseri una volta umani e ora equipaggiati da appendici artificiali che sono sia raffinati strumenti di morte che nuove terminazioni sensoriali in grado di ridisegnare l’identità e l’erotismo dei protagonisti (Vespa e Serpe). Senza disdegnare omaggi a tutto quanto ha preceduto la lezione di Lovecraft, attraverso truci sguardi sulla oscura Parigi di fine ‘700 (Cinereo) o una originalissima variazione sul tema del classico capolavoro di Bram Stoker (Hai il diritto di cominciare).
Simon Strantzas, classe 1972 e nativo di Toronto, non ha ancora pubblicato un romanzo. Ha invece all’attivo cinque antologie personali (Beneath the Surface, 2008; Cold to the Touch, 2009; Nightingale Songs, 2011; Burnt Black Suns, 2014; Nothing is Everything, 2018) oltre ad averne curate numerose di autori vari, tra cui Aickman’s Herd, un collettivo omaggio a uno dei suoi ispiratori, l’inglese Robert Aickman. Se in Strantzas è evidente come negli autori precedentemente menzionati l’influenza di Lovecraft, il suo stile fa trasparire anche influenze neo-gotiche, richiamanti Thomas Ligotti, il già citato Aickman ma pure autori di afflato metafisico come Walter De La Mare, di cui talvolta Strantzas riecheggia le atmosfere decadenti. Di Stantzas sono stati inizialmente tradotti in italiano alcuni racconti pubblicati su Hypnos n. 4 (Freddo al tatto e Luce morente) e su Nuovi Incubi (Il 19° gradino). Successivamente nel 2016 Edizioni Hypnos ha pubblicato la quarta antologia dell’autore, con il titolo di Soli Carbonizzati. Opera in cui è evidente la maturazione stilistica di Strantzas, che riesce a coniugare con successo gli spunti lovecraftiani (ben rappresentati in racconti come Tra i ghiacci e Soli carbonizzati)con il tema della natura soverchiante spesso presente nelle sue storie e con l’indagine introspettiva sui traumi dei suoi protagonisti. Forse l’opera più riuscita sotto questo ultimo aspetto è Debiti emotivi, splendida storia di dannazione esistenziale e redenzione attraverso l’arte che testimonia anche la giovanile passione dell’autore per le arti grafiche e pittoriche.