Come i giganti dell’editoria divorano il mercato
Crocetti Editori fa il suo ingresso nel Gruppo Feltrinelli: la più prestigiosa tra le piccole case editrici italiane a partire dal primo giugno è stata inglobata dal colosso editoriale che insieme a pochi altri detiene l’intero monopolio del mercato.
Per convenzione, quando si parla di grandi editori s’intendono quelle case editrici che stampano cinquanta o più titoli l’anno. Quasi l’85% degli editori attivi in Italia nel 2018 non rientra in questa categoria: oltre la metà, infatti, non stampa più di dieci titoli. Nonostante siano solo il 15%, secondo l’Istat i grandi editori arrivano a coprire quasi l’80% della produzione in termini di titoli e il 90% della tiratura. Secondo l’ultimo report Nielsen, realizzato in collaborazione con Aie (Associazione italiana editori) e presentato il 25 maggio 2020, il volume d’affari del mercato librario nel 2018 ha registrato una crescita del 2,1%, arrivando a toccare i 3.170 miliardi di euro. Questa stima però comprende anche market come Amazon.
Crocetti arriva in casa Feltrinelli dopo la specializzata Gribaudo. Ma l’acquisizione di piccoli editori da parte dei grandi gruppi è già in atto da tempo: Chiarelettere, Guanda, Ponte alle Grazie, Garzanti e molti altri, attraverso la holding Mauri Spagnol, sono nella famiglia del secondo gruppo più grande in Italia, Messaggerie italiane, tra i fondatori di Ibs.it. Einaudi, Rizzoli, Sperling & Kupfer, Fabbri, Bur e altri appartengono tutti a Mondadori, il più grande gruppo editoriale in Italia.
Attraverso una serie di holding, o particolari forme societarie come le joint venture, i gruppi imprenditoriali acquisiscono del tutto o in parte altre case editrici, creando scatole cinesi e ramificazioni che arrivano ad avvolgere ogni parte dell’industria editoriale, comprese distribuzione, commercializzazione e pubblicità.
Fino a pochi anni fa leader di questo settore era Rcs Libri, società di Cairo Communication. In una lettera del 2015, firmata, tra gli altri, anche da Umberto Eco, Dacia Maraini, Raffaele La Capria e Pietrangelo Buttafuoco si opposero pubblicamente all’acquisizione della controllata di Rcs Media Group da parte del Gruppo Mondadori. Il risultato, secondo gli autori e intellettuali, avrebbe generato un mostro senza eguali in tutta Europa, capace di dominare da sola “il mercato del libro in Italia per il 40 per cento”. La lettera terminava con un “Non ci resta che confidare nell’Antitrust”. Nel 2016 il matrimonio ci fu con la benedizione dell’Authority. Rispetto al 2015, oggi il complesso dei grandi editori è cresciuto ulteriormente, sospinto dal grande impatto che gli e-commerce hanno avuto sul mercato del libro. Sempre secondo Nielsen, più di un libro su quattro è venduto online, ma a farne le spese sono principalmente le librerie indipendenti che in un anno hanno assistito a un calo delle vendite del 2,8 per cento. Mentre continuano a resistere i punti vendita della grande distribuzione, arrivando a partecipare al guadagno delle vendite online con portali appositi come Ibs.it e Libraccio, grazie a una joint venture nata negli ultimi anni tra Messaggerie italiane e Feltrinelli.
Quindi, quando un lettore si fregia di leggere le preziose edizioni bianche di Einaudi, snobbando l’ultima traduzione di una fanfiction edita da Piemme, non sa che in realtà sta acquistando dalla stessa grande catena. In modo non dissimile dalle sorelle, anche la casa editrice fondata dal visionario Giangiacomo attraverso la sua holding sta mordendo il mercato della editoriale, dopo aver già saturato quello della distribuzione.
Crocetti in Feltrinelli
Gli editori fagocitati dai big hanno spesso un’anima ben precisa con un target di appassionati, disposti a spendere per ottenere il particolare prodotto del proprio interesse, ma si tratta di un pubblico non abbastanza ampio da generare un volume d’affari rilevante. Alla luce di questo identikit era solo questione di tempo prima che Crocetti, editore di una delle più note e apprezzate riviste di poesia in Europa, capitolasse.
Poesia grazie alla collaborazione passerà da mensile a bimestrale. Anche la distribuzione cambierà: sarà venduta nelle librerie Feltrinelli e in tutte le altre che e aderiscono alla catena, compreso ovviamente il sito Ibs. Anche se la restaurata Poesia dovesse continuare a essere venduta nelle librerie indipendenti i librai perderanno un forte attrattore per la clientela, essendo un prodotto che prima era di nicchia distribuito su larga scala. Inoltre, nel 2021 Crocetti si aprirà alla prosa, dando il via a una collana di dieci titoli di narrativa. Non serve aspettare l’anno nuovo per notare che le classiche collane di poesia hanno già subito il primo sostanziale cambiamento: dal 4 giugno sono in libreria gli ultimi titoli di Ghiannis Ritsos privi del testo neogreco a fronte.
Introduzione di narrativa e cancellazione della lingua originale dei componimenti: sono i primi tentativi per avvicinare la poesia di Crocetti a un pubblico appena un po’ più ampio. Non importa se per farlo è necessario cancellare i tratti distintivi dell’editore: tanto il marchio rimane.
Il problema del pluralismo
La diversificazione solo apparente tra case editrici in realtà gestite dalla stessa compagnia serve a indirizzare le strategie di marketing verso un pubblico specifico: più giovane ed esterofilo per Sperling & Kupfer più maturo ed esigente per UTET (famiglia De Agostini). I valori veicolati sono però sempre gli stessi e rientrano tutti nella sfera d’interessi dei grandi gruppi, riuscendo così a orientare in maniera monopolistica i gusti del pubblico di fruitori. Questo accentramento nelle mani di pochi crea problemi in termini sia di pluralismo che di qualità.
Più del 52 per cento degli editori è localizzato nel Nord Italia, ma i big Feltrinelli, Mondadori e Mauri Spagnol hanno sede legale e rispettivi uffici nel perimetro di Milano e della sua provincia. Se è fisiologico che le più importanti realtà economiche e culturali concentrino i propri interessi nelle zone più vitali del Paese, imponendo più o meno consapevolmente i propri valori, è anche vero che un simile monopolio non ha eguali in altri comparti.
Il monopolio oltre che sui lettori ha effetti anche sugli scrittori, orientando così la produzione e non soltanto l’acquisto. Entrare nel circuito della pubblicazione per gli scrittori emergenti è oggi molto difficile, anche se presentare il proprio manoscritto a una casa editrice non è mai stato semplice, come dimostrano i tanti esempi celebri nella storia. Il caso più noto dei tempi recenti è quello di J. K. Rowling. La scrittrice britannica madre di Harry Potter si è vista rifiutare il suo libro da almeno dodici differenti case editrici, pubblicando infine con Bloomsbury Publishing, una casa editrice di medie dimensioni che grazie a quell’acquisto è arrivata ad aprire una seconda filiale negli USA. Una storia a lieto fine, quasi. In Italia, statisticamente, è molto più improbabile che una casa editrice simile a Bloomsbury possa avere lo spazio per collocare il proprio fenomeno editoriale.
Con un tale accentramento sono sempre di più gli autori che rimangono tagliati fuori dal mercato: a volte davanti a un libro ritenuto particolarmente innovativo gli editori preferiscono la certezza di un prodotto medio rispetto all’assunzione di rischio, scontata attraverso tasse sull’invenduto.
Gli esordienti si trovano così ad accrescere il mercato dell’editoria a pagamento. Se è vero che gli italiani sono quasi più scrittori che lettori, a scapito della qualità delle opere pubblicate ogni anno, è anche vero che non esiste un reale mercato editoriale in cui autori valevoli e opere innovative abbiano uno spazio per emergere. A chi vuole pubblicare resta così il self-publishing, tra i cui leader c’è Feltrinelli con la piattaforma online ilmiolibro.it.
A tenere in piedi la macchina editoriale sono i grandi che si sostengono vendendo centinaia di titoli tutti uguali pubblicati con influencer e celebrità. Anche se non si dovrebbe leggere per istruirsi, è pur vero che la poesia, e per estensione la letteratura, non dovrebbe essere dannosa. Cosa che invece oggi è. Il prodotto-libro è a tutti gli effetti un oggetto, di cui è importante la forma (firma dell’influencer, veste grafica), ma che non nasce per essere letto, essendo uguale ed effettivamente replicato in serie per tutti i vip nella scuderia della casa editrice.
Essere indipendenti
Essere editori indipendenti oggi in Italia significa contrapporsi alle major dell’editoria. Scegliere, creare, produrre, distribuire e promuovere il proprio titolo senza inserirsi nei meccanismi creati dai grandi gruppi. Il divario tra i grandi e i piccoli si è avvertito ancora più fortemente durante il periodo del Covid-19. I colossi editoriali avendo già avviato il processo di digitalizzazione non hanno risentono del gap digitale di cui sono stati preda gli editori più piccoli. Secondo le rilevazioni dell’Istat il 45,5 per cento dei titoli usciti con grandi editori era già disponibile in formato cartaceo e digitale contro il 15,6 per cento dei piccoli. Gli e-book sono appannaggio quasi esclusivo dei grandi editori, a eccezione delle case editrici specializzate, pari al 5 per cento del totale. Il lockdown, nel corso del quale il libro non è stato ritenuto un bene essenziale, ha avuto un impatto fortemente negativo sul mercato indipendente: tre quarti dei piccoli e medi editori, secondo l’Aie, rischia di chiudere nel 2020.
Ma spesso anche gli indipendenti non sono poi così indipendenti. Edizioni Clichy, casa diventata popolare per le sue opere esteticamente intriganti e dal gusto indie, ha pubblicato nel 2018 una Guida alle librerie viventi di tutta Italia, ma al suo interno la maggior parte delle librerie citate sono appartenenti a grandi catene come Feltrinelli. Si scopre così che la stessa casa editrice è distribuita da Mondadori. Se Clichy fosse un cantante indie sarebbe Tommaso Paradiso.
La poesia oggi
Oggi neanche la poesia può più permettersi di essere inutile. Quell’otium, che è il contrario del commercio e che permette di creare liberamente, è il nemico numero uno del mercato e per questo, con le regole attuali, non è destinato di sopravvivere. La poesia è il prodotto più inutile di un comparto, quello della cultura, così poco attenzionato dallo Stato da essere del tutto influente nel dibattito pubblico, se non in termini speculativi.
Si è ricominciato a pensare al comparto a seguito della profonda crisi post lockdown. Il ministro per i Beni, Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini, ha annunciato di aver stanziato 40 milioni di euro in favore della filiera del libro. Le risorse saranno ripartite in due decreti: 10 milioni di euro andranno alle librerie sotto forma di Tax credit, rafforzando così la misura introdotta nel 2017. Altri 30 milioni sono destinati all’acquisto straordinario di libri da parte delle biblioteche pubbliche. Queste misure fanno parte del più ampio Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali, istituito con il decreto Rilancio per una dotazione totale di 210 milioni di euro per il 2020. Questi numeri, paragonati al volume d’affari della filiera, appaiono più utili di un cerotto e non possono fare fronte alle difficoltà strutturali che decenni di incuria hanno cagionato. Il settore avrebbe bisogno di essere ripensato totalmente. Partendo da una serie di regole capaci di smantellare i monopoli in vigore, ampliare il numero delle biblioteche pubbliche e prevedere una tassazione per librai ed editori più aderente ai loro effettivi bisogni.
Restano ancora tasse sui libri invenduti, scarsità di fondi ordinari legati all’editoria, carenza del numero di biblioteche e scarsa educazione alla lettura. Sono tutti dissuasori che un editore da 10 titoli l’anno spesso non può permettersi di affrontare. L’impresa editoriale è difatti molto diversa dalle altre potendo contare su una platea in partenza estremamente ridotta e su una bassissima libertà di manovra in un mercato già saturato da competitor colossali.
Ma sono vivi davvero questi giganti?
Mio figlio aveva una libreria indipendente, ma è arrivato a non trovare più chi lo rifornisse. Il libro è un affare come gli altri, altro che Giangiacomo e Arnoldo!