Peaky Blinders: “In the bleak mindwinter”
“Nel pieno di un inverno tetro
il vento gelido si lamentava
la terra era dura come ferro
l’acqua come pietra”
Sigaretta e whisky tra le dita. Il rituale incessante dietro cui si nascondono i ricordi di chi è stato in trincea e di chi sfoggia soltanto l’acquisizione di un potere conquistato con la stessa violenza della trincea. Chi ha affondato le gambe nel fango davanti alla “terra di nessuno” e chi non sa cosa abbia significato per chi quel verbo infernale se l’è portato dietro per affrontare la vita in tempo di pace.
La vita, una cosa grigia e gelida per i reduci della prima guerra mondiale. Nella Birmingham del 1919, tra le strade dei quartieri poveri, dove la parte reietta della società inglese sopravvive tra la miseria e il desiderio, i Peaky Blinders governano un caos che può rendere come una carta di credito fatta di mercati clandestini, corruzione, legami occulti con la politica, con le forze dell’ordine, coi servizi segreti e con i gruppi rivoluzionari irlandesi. Nessun limite. Fino a Churchill.
La serie televisiva di Steven Knight, fino a questo momento uscita in cinque stagioni (è attesa la sesta), racconta le vicende di una famiglia di Birmingham di origine gitana che ambisce ai vertici dell’alta società inglese. Partendo dal controllo del mercato clandestino delle scommesse dei cavalli, Thomas Shelby (Cillian Murphy), il capo della gang così soprannominata perché ognuno dei suoi componenti nasconde una lametta sotto la punta della visiera del cappello, pronta per essere agitata in caso di scontro fisico con uomini di altre bande, conosce il doppio verbo del crimine. Lama e parola, proiettile e saggezza.
La gang capeggiata da Shelby è realmente esistita e la sua storia ha ispirato gli autori e la BBC per la produzione della serie intitolata col nome della banda. Sulle origini e sul significato dello stesso nome concorrono diverse teorie etimologiche. Una, la più diffusa, è quella delle lamette cucite sotto la visiera dei berretti. In realtà, secondo alcuni storici, questa ipotesi sarebbe meno accreditabile, perché già durante i primi anni del Novecento erano disponibili rasoi intercambiabili e, essendo troppo cari quelli tradizionali, risulta difficile pensare che oggetti lussuosi potessero essere impiegati in quel modo. Altre teorie fanno riferimento alla possibilità che il nome derivi dal tipo di cappello, altre che “blind” (accecare) rievochi la maniera di vestire estremamente elegante per cui molti membri della banda erano soliti distinguersi.
Gli Shelby, che non esitano a definirsi “i fottutissimi Peaky Blinders”, rappresentano la linea di confine tra la dannazione interiore e la fuga verso l’ipocrisia borghese. Il loro sogno di affrancarsi dalla miseria della periferia inglese passa sopra i traumi e i cattivi di ricordi di ognuno di essi. Che si tratti di non farsi vincere e devastare dagli orrori dei combattimenti al fronte o di non farsi rapire dalle rievocazioni di brutalità subite nel buio di intimità violate, ciascun componente della famiglia Shelby è costretto a fare i conti con il lasciapassare per l’inferno. Ognuno di essi lo percorre già in vita, rinunciando alla serenità per votarsi alle espressioni più corrotte e tormentate del potere.
“Sono io che parlo con me stesso di me stesso”
Tommy Shelby è condannato a vincere perdendo. Costantemente al cospetto della fossa e di fianco alla morte, la sua scaltrezza e la sua abilità muovono i pedoni di una scacchiera su cui c’è anche lui. Senza esitazioni, sacrifica chiunque sia utile a raggiungere uno scopo che lo avvicini a un trono fatto di lusso e di potere, ma che, irrimediabilmente, lo scaraventa soltanto dentro i frastuoni e le immagini di una lingua di terra strettissima che sottoterra lo confina a quell’oscurità dalla quale sa di non poter sfuggire. Il suo sottosuolo è a cielo aperto, afflitto da un’esperienza, quella del fronte, che trasforma l’uomo oltre ogni immaginazione.
“Sei ancora in trincea”
L’umanità che popola gli affarismi e le diffidenze dei sobborghi di Birmingham e i corridoi dei palazzi governativi si comporta esattamente come quel gruppo di soldati costretti a combattere nei passaggi sotterranei. Pure in abiti eleganti, quegli uomini si ritrovano a destreggiarsi tra le insidie e le trappole di chi con una mano tende aiuto e con l’altra è pronta a far fuoco. Il male prospera per il rifiuto al bene. Nei Peaky Blinders c’è un certo tipo di bene che non si può fare, perché c’è un certo tipo di male che lo impedisce.
Il voto all’esistenza viene rispettato grazie a uno spirito della sopravvivenza alimentato dal vizio e dalle facili ebbrezze. Dentro quello spirito vitale si avvertono i vapori dei veleni e nessuno sembra riuscire a farne a meno. Soltanto la necessità di conoscere cosa verrà dopo, in una caotica e imprevedibile composizione del presente. “Non voglio morire perché le cose potrebbero cambiare”. Al tempo dei Peaky Blinders c’è un mondo intero che vive questa tensione. E lo fa alle porte di un’epoca nuova, che non sa ancora quello che l’aspetta. Dieci anni dopo, la Germania di Hitler invaderà la Polonia.