Venezia 77, giorno 2. Jasmila Žbanić apre il Concorso con un grande film
Nel luglio, 1995, in piena guerra dei Balcani, più di 8.000 uomini e ragazzi bosniaci di religione musulmana furono trucidati senza pietà dalle truppe serbe comandate dal generale Ratko Mladić, poi condannato all’ergastolo per crimini di guerra dal Tribunale dell’Aja, dopo oltre sedici anni di latitanza. L’evento è passato alla storia come “massacro di Srebenica”, dalla cittadina in cui ebbe luogo, situata nella Bosnia ed Erzeogivina orientale. I prigionieri, tutti civili e di religione islamica, si trovavano all’interno di un’area considerata “zona protetta”, presidiata dalle truppe dell’ONU, in particolare da un contingente olandese dell’UNPROFOR (Forze di protezione delle Nazioni Unite), capitanato dal colonnello Karremans. Più che di un’operazione di guerra (i serbi avevano già conquistato l’area), si trattò di un’azione premeditata di pulizia etnica, compiuta con l’inganno e a sangue freddo, con lo specifico obiettivo di distruggere il gruppo denominato dei bosgnacchi.
Quo vadis, Aida?, primo film a essere presentato in Concorso in questa 77° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, parte da questo terribile evento e vi innesta la vicenda personale della protagonista del titolo, una donna (la straordinaria protagonista Jasna Đuričić) che lavora come traduttrice per conto dell’ONU e che, allo stesso tempo, cerca di portare in salvo suo marito e i suoi due figli, che si trovano con lei. La sua posizione le consente di muoversi liberamente all’interno del campo, malamente gestito da forze male equipaggiate e peggio supportate, prive di supporto logistico e materiale, impossibilitate a governare una situazione nella quale sono stati gettati, tra l’altro, giovani inesperti e impauriti, facile preda dei gruppi paramilitari serbi.
Girato con larghi mezzi (si tratta di una coproduzione che ha messo insieme ben sette case di produzione di altrettanti Paesi europei), il film si tiene abilmente in bilico tra il dramma familiare e la denuncia civile: Srebenica si trova, infatti, a quaranta minuti di volo da Vienna e a due ore da Berlino, e la strage va dunque addebitata, oltre ai diretti responsabili, anche all’inerzia di un’Unione Europea incapace di impedire un evento verificatosi nel cuore del suo territorio, e di opporsi ai deliranti proclami di Radovan Karadžić, anch’egli poi condannato per crimini di guerra. Jasmila Žbanić aveva già affrontato il tema del conflitto che infiammò l’ex-Jugoslavia in altri due film, Il segreto di Esma, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, e Il sentiero, due opere in cui la dimensione privata dei personaggi prendeva il sopravvento rispetto al contesto storico. Nei cento densissimi minuti di Quo vadis, Aida?, invece, lo spettatore viene scaraventato nell’orrore ed è costretto a guardarlo da vicino nei suoi aspetti più truci, sebbene la regista, con apprezzabile rigore visivo ed etico, eviti di indugiare sui momenti più cruenti.
Il ritmo è serrato, la sceneggiatura attenta e priva di sbavature, la regia pulita, con un’eccellente rappresentazione delle scene di massa che forniscono una rappresentazione precisa e realistica dello scenario in cui le forze di sicurezza internazionali opera(va)no, costrette a piegarsi alle promesse ingannatrici del boia Mladić, astuto stratega e spietato orchestratore della mattanza. La regista si è ispirata al libro Under the Un Flag di Hasan Nuhanović, uno dei pochi sopravvissuti di Srebenica, la cui testimonianza è servita a portare davanti al Tribunale Internazionale non solo i carnefici ma anche il governo olandese, chiamato a rispondere della sua inefficienza e ignavia. Per questa ragione, Hasan Nuhanović si è meritato il soprannome di “Elie Wiesel dei Balcani”, condividendo con l’autore ebreo la condizione di reduce e quella di cacciatore dei nemici. Allo stesso modo, la scrittrice e giornalista francese Florence Hartmann, parlando di Srebenica, ha descritto quegli accadimenti come “il sangue della Realpolitik“, mettendo sotto accusa i pregiudizi europei nei confronti dei musulmani bosniaci. D’altronde, basta vedere quel che accade oggi con la gestione delle crisi siriana e libica per rendersi conto che nel 2020 un massacro come quello di Srebenica sarebbe ancora possibile in un mondo in cui le grandi organizzazioni internazionali sembrano sempre più impotenti e delegittimate.
Quo vadis, Aida? è stato preceduto dal cortometraggio The Human Voice di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton, vincitrice del Leone d’oro alla carriera. L’attrice interpreta il famoso testo di Jean Cocteau, come aveva già fatto un’indimenticabile Anna Magnani ne L’amore di Roberto Rossellini. Per quanto il talento e la grandezza della Swinton siano fuori discussione, il film del maestro spagnolo è parso francamente superfluo e privo di smalto, un’operazione vacua e abbastanza inutile, troppo lunga persino per la sua esigua durata di trenta minuti.
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