Venezia 77, giorno 5. L’appassionante ‘The World to Come’ di Mona Fastvold
Siamo ormai arrivati a metà percorso e qui a Lido le proiezioni procedono, tra un evento glamour e l’altro. Oltre alla presenza di alcuni personaggi politici che nulla hanno a che vedere con il cinema e che si eviterà di nominare per non sconfinare nel turpiloquio, su un red carpet riservato esclusivamente ai fotografi, hanno sfilato l’influencer Giulia De Lellis (sic!) e la fidanzata di Cristiano Ronaldo, Georgina Rodriguez (ari-sic!), dando vita a mini-eventi che si svolgono fortunatamente lontano dai nostri occhi e dal nostro interesse. Tornando alle cose serie, stamattina è stato presentato alla stampa The World to Come, opera seconda della statunitense Mona Fastvold, compagna del regista Brady Corbet, co-sceneggiatrice dei due film diretti da Corbet, gli ottimi L’infanzia di un capo e Vox Lux.
Accolto in maniera decisamente tiepida dagli addetti ai lavori, a chi scrive il film è parso invece un melodramma appassionante e coinvolgente, tra le opere migliori viste sinora in un Concorso inevitabilmente sottotono ma che sta rivelando o confermando la bravura di alcune registe come Jasmila Žbanić e Susanna Nicchiarelli, di cui abbiamo parlato nelle giornate precedenti. Girato in Romania, con pellicola 16 mm., The World to Come è ambientato nella campagna inospitale del nord-ovest degli Stati Uniti, nel 1859, qualche anno prima dello scoppio della guerra di Secessione. Si tratta di un vero e proprio romance, che segue il mutare delle stagioni nel corso del quale si dipana il sentimento tra Abigail (Katherine Waterston) e Tallie (Vanessa Kirby), sposate rispettivamente con i fattori Dyer (Casey Affleck) e Finney (Christopher Abbott).
Bisognose di riempire il vuoto delle loro vite e di uscire dall’isolamento, le due donne cercano una via d’uscita servendosi del potere della loro immaginazione. Mettendosi sulla scia di opere come La vita di Adele di Kechiche, Carol di Todd Haynes e del sopravvalutato e troppo algido Ritratto di una giovane in fiamme di Céline Sciamma, anch’essi radiografia di un amore tutto al femminile, The World to Come fa un uso abbondante della voce over delle protagoniste, soprattutto quella di Katherine Waterston. Fa da sfondo alla vicenda una natura dapprima ostile (splendida la sequenza della tempesta di neve, “potente come il fischio di una locomotiva”, secondo la descrizione che ne fa Abigail) ma che diventa sempre più rigogliosa con lo scorrere delle stagioni, e un territorio inospitale, circondato da poche case di legno, in un ambiente dove i rapporti di vicinato sono molto sporadici e la messa domenicale è l’unico vero momento comunitario.
Con una regia molto calibrata, Mona Fastvold lavora di fino su una sceneggiatura scritta da Ron Hansen (L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Andrew Dominik, che utilizzava un’ambientazione non troppo dissimile) e da Jim Shepard, che mette sulle labbra delle due donne un linguaggio forbito e affascinante che, sebbene in contrasto con la loro condizione sociale, sembra ricalcare quello delle grandi storie romantiche scritte e ambientate nel XIX secolo. In questo senso, la voce fuori campo, anziché appesantire e smorzare l’intensità del sentimento raccontato, aiuta invece lo spettatore a penetrare maggiormente in profondità squadernando l’anima delle protagoniste e riuscendo a toccare le corde emotive dello spettatore. Il resto lo fanno gli sguardi, i sorrisi trattenuti, le lacrime, i movimenti delle due attrici, anche se va detto che nella gara tra le due Waterston prevale di diverse spanne, in virtù della sua capacità di mettere in campo una gamma ben più ampia di sfumature e di imprimere un maggiore pathos, rispetto a una più monocorde Vanessa Kirby.
Inoltre, un ruolo molto importante, solo in apparenza secondario, viene rivestito dai due coniugi, molto diversi tra loro. Se il Finney di Christopher Abbott è il ritratto dell’uomo del suo tempo, rappresentazione plastica del patriarcato con la continua citazione dei doveri coniugali della donna tra cui l’obbedienza e la sottomissione al marito, Casey Affleck infonde invece al suo Dyer un’intensità quasi struggente, che lo solleva dallo stereotipo maschile rivelando quanto sia anch’egli arso da un’inappagata e incolmabile sete d’amore. Personaggio complesso, in apparenza rude ma capace di grandi slanci emotivi, dotato di una spiccata sensibilità, Dyer sembra partecipare pienamente al sentimento nutrito da sua moglie, alla quale chiede implorante solo un po’ d’attenzione, come conferma il memorabile dialogo conclusivo. Per chi scrive, dunque, The World to Come è un film delicato, che entra sottopelle e dentro il quale è necessario entrare per osmosi. Bellissimo.
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