Venezia 77, giorno 9. ‘Le sorelle Macaluso’, Emma Dante riflette sullo scorrere del tempo ma esaspera troppo i toni
Mentre il Concorso (ormai, possiamo dirlo, di livello assai modesto) volge al termine, arriva Le sorelle Macaluso, secondo lungometraggio di Emma Dante, regista attiva soprattutto in teatro e che, con eccesso di generosità, viene collocata nuovamente in corsa per il Leone d’oro sette anni dopo il modesto Via Castellana Bandiera che valse a Elena Cotta la Coppa Volpi come migliore interprete femminile. Le sorelle Macaluso sono Maria, Pinuccia, Lia, Katia, Antonella, la cui storia, tratta da un testo teatrale della stessa regista, vincitore del premio UBU, viene raccontata in tre segmenti distinti. Le cinque donne vivono in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo e si mantengono allevando piccioni da dare in noleggio per le feste di matrimonio e altri eventi festosi.
All’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia delle protagoniste fa eco il progressivo deterioramento della loro casa, anch’essa inevitabilmente sottoposta alle ingiurie del tempo. E infatti Le sorelle Macaluso è, nella sua essenza, un film sullo scorrere degli anni e sulla progressiva, concreta perdita degli affetti, a cominciare dal grave evento luttuoso con cui si conclude la prima parte, che è anche la più riuscita, quella dove meno si sente l’origine teatrale del film. Si tratta della gita al mare delle cinque sorelle, che si apre con la presentazione sommaria dei loro caratteri e della singolare attività che esse hanno messo in piedi per mantenersi. La regista, con pochi (troppo pochi) tratti cerca di evidenziare alcuni tratti salienti delle ragazze, mostrandone rispettivamente la civetteria, l’instabilità psichica o, nel caso di Maria, il sogno di diventare una ballerina. Di quest’ultima, ci viene anche raccontata la tenera relazione sentimentale con un’altra ragazza, che lavora in un’arena cinematografica all’aperto dove si proietta, non a caso, il primo capitolo di Ritorno al futuro.
Ma, a differenza di quanto avviene nel film di Robert Zemeckis, assurto ormai alla statura di classico del cinema, alle sorelle Macaluso non sarà possibile riavvolgere il tempo e tornare nel passato per dare la giusta direzione alle loro vite. Un po’ a disagio quando deve spingere le attrici a lavorare in sottrazione, Emma Dante preferisce puntare quasi esclusivamente sulla fisicità dei personaggi e delle situazioni, con la ricerca insistita di sequenze a effetto, spingendo il pedale dell’esasperazione dei toni e, soprattutto nella seconda parte, senza riuscire sempre a trovare il giusto equilibrio tra lo scontro verbale e l’introspezione psicologica. In particolare, al personaggio di Maria adulta, interpretato da Simona Malato, la regista affida un paio di scene-madri a dir poco forzate (una delle quali veramente da dimenticare) mentre anche la buona prima parte sarebbe stata più efficace senza tutta quella musica sparata a palla.
Come nella tetralogia di Elena Ferrante L’amica geniale, Le sorelle Macaluso è un’opera che parla di “smarginature”, cioè di quei momenti in cui le cose si sgretolano e la realtà si decompone e scoppia in frammenti: i corpi delle donne, esattamente come l’appartamento in cui trascorrono tutta la loro vita, vengono ròsi dall’interno come i tarli che distruggono il legno o l’intonaco che si stacca dai muri, proprio come un cancro che divora una delle sorelle. Il modo in cui Emma Dante si sforza, con successo, di trasformare la casa in un personaggio è l’aspetto più intrigante e incisivo di un film in cui purtroppo i personaggi appaiono bloccati nella reiterazione dei medesimi gesti, così come l’elemento molto interessante dei volatili perde man mano consistenza. Pur costituendo un piccolo passo avanti rispetto a Via Castellana Bandiera, opera veramente inconsistente, Le sorelle Macaluso conferma una regista cui non manca una certa personalità nella direzione degli attori ma che dimostra un rapporto ancora acerbo con il mezzo cinematografico. Crediamo non abbia molte chance di portare a casa un premio, questa volta, nonostante la concorrenza non particolarmente agguerrita.
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