Willy, ragazzo
Un ragazzo di ventuno anni viene ammazzato di botte, presumibilmente perché cerca di difendere qualcuno. Poche ore dopo la sua ingiusta, assurda e tremenda fine, circolano le foto dei presunti assassini. Facebook, Instagram e Twitter iniziano a inondarsi di post violentissimi, rabbiosissimi, schiumanti bile contro i quattro raffigurati. Nel breve giro chiunque li ha visti in faccia e, signori, sono davvero facce poco raccomandabili, fisici palestrati, tatuati e in pose da tronisti. Insomma, i ragazzi sono già esteticamente colpevoli. Sono sincero, avrei preferito non incontrarli al bar. Man mano che il tempo passa, vengono fuori altri dettagli sui loschi figuri, fanno arti marziali e sono piuttosto conosciuti per il loro atteggiamento malavitoso. In più, dai loro social emergono conversazioni violente e razziste. Qualche proprietario di bar le racconta, e le vicende sono tristi e brutali e insopportabili. Nel giro di un giorno mi accorgo che non solo non avrei voluto incontrarli al bar, ma credo di odiarli, perché sono quel tipo di persone che rende la vita difficile a chi vorrebbe solo uscire a bere una birra e farsi quattro chiacchiere con gli amici. Gente che per dimostrare di esistere deve sopraffare gli altri.
Un piccolo inciso. I social sono, da un po’ di tempo, territorio di una compagine pericolosissima. Vengono chiamati influencer, ma la definizione giusta sarebbe: sciacalli. Mi vengono in mente Andrea Scanzi, Lorenzo Tosa, Fabrizio Delprete, ma ce ne sono molti altri. Questi simpaticissimi figuri attendono come l’acqua nel deserto l’evento per poterne ricavare visibilità, ne scrivono e, conoscendo benissimo le regole del gioco, sanno che essere aggressivi funziona, perché la rabbia è una cosa che ci accomuna e, francamente, odiare e urlare la nostra rabbia sappiamo tutti essere una forma terapeutica. Purtroppo, però, la vita civile ci pone dei limiti, dobbiamo imparare a gestire i nostri istinti. Il mio professore di lettere Cassinotti lo diceva chiaro: “Non conta immaginare di aver ragione, la ragione va dimostrata.”
Se Scanzi (uso lui perché è quello più in vista), che ha tantissima gente che lo segue, e, parlando di Willy, cerca di vendere il suo ultimo libro, scrive che del garantismo se ne fotte, quindi della Costituzione se ne fotte, è evidente che regali in qualche modo la libertà a tantissimi di noi di sentirci liberi di vomitare qualunque cosa. Sì, lo so, ho detto che i presunti assassini li odio, lo ribadisco. Ho una formazione politica e culturale secondo la quale con certa gente non si discute, ma odiare una forma mentis non significa mettere in piazza le foto di gente che per quanto ne sappiamo potrebbe essere innocente, stronzi, ma innocenti e permettetemi di dire che la differenza tra uno stronzo e un assassino non è così sottile. Non basta avere la faccia da ergastolano per esserlo. Altrimenti noi Pasolini lo abbiamo fatto passare invano. Nessuno ha ancora prove o è a conoscenza dei fatti, non sappiamo niente. Nonostante questo, vorremmo, stando a quello che ho letto sui social, vederli morti, stuprati in galera, pestati a calci nei testicoli e via dicendo.
Quello che mi chiedo è: gli influencer hanno bisogno di scrivere subito perché devono vendervi il loro prodotto, ma noi non potremmo recuperare la gioia del tempo? Il tempo per arrivare a nostre conclusioni, il tempo per studiare, il tempo per sapere di cosa si stia parlando, senza diventare violenti come quelli che accusiamo?
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