Berlinale 2021. Settanta e mezzo
Doveva accadere. A un anno ormai dall’inizio dell’incubo Covid (ci si passi il termine, ma è davvero difficile utilizzarne uno più soft), uno dei più attesi e importanti Festival cinematografici dell’anno avrà luogo online, condividendo la medesima sorte, tra gli altri, del Torino Film Festival, dell’IFFR di Rotterdam e del Sundance (quest’ultimo ancora in corso mentre scriviamo). Doveva accadere perché, in effetti, è già accaduto. Impossibile, in questo caso, utilizzare l’avverbio “regolarmente” (“la Berlinale si svolgerà ‘regolarmente’”) perché non c’è nulla di regolare in questa 71° edizione, che sarebbe forse più corretto definire “Settantesima e mezzo”. Se Cannes, a maggio scorso, ha rinunciato a qualsiasi tipo di formula alternativa e la Mostra di Venezia è riuscita ad approfittare di una finestra di (apparente) minore circolazione del virus tra la prima e la seconda ondata per garantire lo svolgimento in presenza, la Berlinale si è arresa alla dura verità dei fatti e ha optato per un’edizione ridotta, divisa in due periodi. Infatti, dal 1 al 5 marzo si svolgerà, esclusivamente in remoto, la parte riservata agli addetti ai lavori, comprendente la Selezione Ufficiale, Concorso compreso, con una minore quantità di titoli per ciascuna sezione, mentre dal 9 al 20 giugno dovrebbe auspicabilmente avere luogo la manifestazione sul posto, riservata al pubblico (che sarà quasi esclusivamente autoctono) e con la partecipazione degli ospiti.
Inutile dire che l’entusiasmo di chi ama davvero il cinema non può che essere sotto le scarpe per una circostanza del genere. La stampa accreditata sarà obbligata a guardare i film “comodamente” dal divano di casa, in streaming, alla stregua di una qualunque serie TV o di un qualsiasi prodotto audiovisivo, rinunciando a tutto ciò che contraddistingue un Festival. Niente magia del grande schermo, niente atmosfera festosa che solitamente anima la gelida capitale tedesca in quei giorni, né corse da una sala all’altra, in sala stampa o in albergo per scrivere, raccontare, rendere conto. Non ci sarà bisogno di fare lunghe code al freddo sorseggiando gluhwein o addentando velocemente quel che sarà, verosimilmente, l’unico pasto per parecchie ore, rapiti dalla febbre di guardare più film possibili in una smania cinefila che è impossibile non rimpiangere. Ora, invece, basterà spostarsi dal soggiorno di casa allo studio, o trasportare il proprio laptop da un luogo all’altro della casa.
Non si pensi che sia una mera questione di romanticismo intellettuale e non si ceda alla tentazione di pensare che, tutto sommato, “che differenza fa” (spiace molto che si siano sentite frasi del genere persino da qualche addetto ai lavori) perché un Festival cinematografico che si svolge in queste condizioni è davvero una contraddizione in termini. La speranza è che la forzata cattività ci aiuti a capire e apprezzare la differenza quando sarà nuovamente possibile fruire di un simile spettacolo nell’unico modo che abbia veramente un senso.
Quanto al programma, il Direttore Artistico Carlo Chatrian, al secondo anno del suo mandato, e il comitato di selezione hanno provato a mettere insieme quel poco che la stagione cinematografica consentiva, in un’annata di set fermi e dei conseguenti, inevitabili rinvii, e anche tenendo conto del “marchio” richiesto (ma, in sostanza, imposto) da Thierry Frémaux, Delegato Generale del Festival di Cannes per mantenere l’esclusiva sui titoli presenti in cartellone per la Croisette, nell’edizione poi annullata, in modo da strapparli a Venezia e Berlino. Decisione che, ad avviso di chi scrive, merita tutto il biasimo possibile. I film che si contenderanno l’Orso d’oro, che verrà comunque assegnato, così come gli altri premi, sono quindici (almeno tre o quattro in meno del solito), due dei quali, Fabian di Dominik Graf e Next Door di Daniel Brühl, non potranno essere visti (se non dalla Giuria presieduta da Mohammad Rasoulof e che conta sei registe e registi recentemente insigniti dell’Orso d’oro) perché non “rilasciati” dalle case di produzione. Tra i nomi più attesi Hong Sangsoo (Introduction), ormai presenza fissa in terra germanica, il grande rumeno Radu Jude (Bad Luck Banging or Loony Porn), la preziosa Céline Sciamma (Petite Maman), Alonzo Ruispalacios (A Cop Movie), Ryusuke Hamaguchi (Wheel off Fortune and Fantasy). L’Italia sarà presente, in altre sezioni, con due dei suoi migliori autori: Pietro Marcello con Per Lucio, documentario su Lucio Dalla in “Berlinale Special”, e Fabrizio Ferraro, il cui La veduta luminosa è stato incluso in “Forum” che, insieme a “Forum Expanded”, costituisce solitamente il polmone verde di tutta la manifestazione.
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